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domenica 5 settembre 2010

Quella calda estate del 1980…



Ho letto la critica di Luisa Pesante a Francesco Mancinelli e ho cercato di capirla appieno; non perché non la comprendessi, ma per cogliervi quello che ci può essere di assolutamen te condivisibi le.
Non fossilizzar si nostalgicam ente sul passato? Giustissimo .
D'altronde – per quel che mi concerne – dedico al passato soltanto ricordi e reinverdisc o quotidianam ente legami totemici che sono quelli che, facendo la differenza, ci differenzia no, ovvero ci rendono unici. Ma penso sempre e solo al futuro. Al punto che gli intervistat ori che ho incontrato negli anni hanno sempre notato con stupore quanto m'illumini parlando di oggi e quanto mi annoi parlando di ieri.

Pensare al futuro può però voler dire annullare la grandezza di un dramma e rimuoverlo? Individualm ente forse sì, collettivam ente ciò può verificarsi molto meno di quanto si supponga. Che ne sarebbe degli americani senza il ricordo della Guerra d'Indipendenz a o degli ebrei senza il passaggio del Mar Rosso? Dei coloni qualunque e dei semplici pecorai.
Tutto non è eguale a tutto. Ogni singola Kultur si porta nel gene e nel seme le acque che ha attraversat o e quelle in cui ha rischiato di affogare. Conta però come se le porta. E qui sono d'accordissim o con Luisa Pesante sul fatto che sia necessaria leggerezza, gaiezza, nel guardarsi dentro.
Non ho però colto opaca pesantezza nell'articolo di Francesco Mancinelli, ma la critica, al di là dello specifico, induce a riflettere.

Tuttavia su di un'affermazion e non concordo affatto con Luisa Pesante
Luisa dice “Penso che nel nostro piccolo spazio abbiamo il potere di contribuire a migliorare la società, anzi abbiamo il dovere di farlo, diversament e è come abdicare e riconoscere che il mare è irrimediabi lmente inquinato, ma il mare è fatto da miliardi di molecole che siamo noi."
Un'affermazion e nobilissima e il cui intento è del tutto condivisibi le che a mio avviso, però, comporta un punto debole: esattamente quello su cui si sta costruendo tutta l'architettur a su sabbie mobili della nuova destra nazionale (e della sinistra da molto più tempo).
E' in qualche modo la logica di Atreju, di buon proponiment o, ma destinata purtroppo alla sterilità perché la società non gerarchizza ta, lasciata a se stessa, peggiora giorno dopo giorno né potrebbe fare altrimenti.
La società non va dunque migliorata, va guarita, va liberata DA SE STESSA!

“Più società meno Stato", il famoso slogan di Comunione e Liberazione rappresenta proprio il motto della rivoluzione liberal-global.
Lo Stato, inteso non come istituzioni, ma come sovranità nazionale e popolare da un lato e come assialità gerarchica e metafisica dall'altro, non c'è più.
C'è invece una Società asfissiante, che impone – tramite le istituzioni statali che sono divenute veicoli della Grande Madre matrigna e collettiva – pensieri, parole e atti e che è arrivata, come mai prima nella storia, a proibire parole, pensieri, frasi, comportamen ti e gusti.
Una Società del proibizioni smo che trova un compensativ o contraltare “liberale" nei diritti delle minoranze (che escludono automaticam ente dal novero quelli delle persone comuni) e nell'accettazion e, sotto regoalmenta zione, di trasgressio ni intese come norme. Del che Paolo Poli, gay intelligent issimo, ha ben colto la minaccia.

Stritolato lo Stato, banalizzata la Nazione (qualcuno ricorda più cosa significa il termine?), svaporata la Sovranità, l'oggi è dominato da lobbies, cerchie di poteri forti cosmopoliti, internazion ali e interenazio nalisti che alimentano la democrazia diffusa. Intesa esatamente per quello che la democrazia ontologicam ente è, ovvero non equità, non diritto di critica e men che meno partecipazi one, bensì assenza di criteri, rifiuto di gererchie valoriali, incapacità di darsi disciplina, interventi cutanei quotidiani e immediati, ovvero isterici e adolescenzi ali  (i forum e fb sono una vetrina formidabile di tanta diffusa stupidità presuntosa e cieca).

Una nebulosa in cui tutto è uguale a tutto e ogni cosa perde il suo significato: se ne smarrisce l'etimologia così come la concatenazi one storica degi eventi e come ogni sapienza filosofica e sperimental e; e, dunque, anche il “dibattito" diviene insensato perché nella sempre più diffusa ignoranza (mascherata dalla bulimia di “conoscenze" enciclopedi che superficialissime) nessuno parla la stessa lingua degli altri; anzi nessuno parla una lingua. Altro che Babele!
Su queste basi non è perciò possibile “migliorare la società" ma soltanto controbatte rla per restituirle verticalità e profondità. Il che è ben difficile da fare ma diverrebbe impossibile se, in qualsiasi ambito s'intervenga, si tenesse a mente solo il piano orizzontale e si perseguisse solo la rispondenza immediata. Ed ecco che anche i ricordi tristi e melanconici, mantenendo comunque, quand'anche malino, un orientament o, possono avere una funzione maggiore e migliore che non il presentismo assoluto.

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