Vogliamo giustizia!

Vogliamo giustizia!
Giustizia per i morti di Bologna

Ultimissime del giorno da ADNKRONOS

martedì 27 aprile 2010

UNA RISATA VI SEPPELLIRA'


Sul divieto manifestazione 7 maggio del Blocco Studentesco


Un tempo dicevate "vietato vietare".
Un tempo dicevate "una risata vi seppellirà".
Adesso vi siete seppelliti da soli, senza ridere, barricandovi dietro le fatwe del pensiero unico.
Del vostro pensiero unico.
Sono anni che attaccate i nostri ragazzi fuori dalle scuole, nelle sedi, per strada.
Sono anni che incendiate le nostre sedi, le nostre case, le nostre automobili.
Sono anni che mentite spudoratamente accusando il nostro movimento di aggredire, discriminare, di essere violento.
Ma i violenti, i prepotenti, i razzisti siete voi.
E quando dico voi, non intendo esclusivamente chi riveste il ruolo dell'utile idiota a comando.
Intendo anche e soprattutto chi scrive comunicati deliranti gonfi di odio, di ignoranza e di bugie.
E chi li diffonde, chi li amplifica e chi li rende verità.
E sì perché gli incendi ben orchestrati, che vi piace tanto far divampare, hanno bisogno di complici.
E questi complici si trovano nei tuguri dei vostri partiti, nelle questure, nelle redazioni dei giornali, nei tribunali, nel silenzio complice di chi sa la verità e lascia passare per "quieto vivere", per pavidità.
Quei posti che devono decidere la storia, o meglio, che devono difenderla.
Ma la storia non possono deciderla i tribunali, le questure, i partiti, i giornali o il silenzio dei pavidi.
Non sarebbe storia.
Oggi avete deciso di vietare il corteo indetto per il 7 maggio dal Blocco studentesco, organizzazione legalmente costituita che rappresenta democraticamente il 27% degli studenti di Roma e provincia.
Organizzazione che, sempre democraticamente, è diventata il primo movimento studentesco di Roma e provincia.
Organizzazione che ha rappresentanti nelle consulte provinciali e d'istituto in tutta Italia.
Organizzazione che ha fatto della proposta, del dialogo e della partecipazione una scelta precisa e irrinunciabile.
E l'avete vietata adducendo "motivi di ordine pubblico" ben sapendo che i disordini e le aggressioni che si ripetono da 2 anni contro di noi sono state premeditate da voi.
Nell'ultimo mese a Roma ci sono state ai nostri danni tre aggressioni.
Due a Tor Vergata e una a Roma Tre.
Aggressioni premeditate, studiate a tavolino che hanno portato i nostri feriti a essere colpiti oltre che dalle mazze della "democrazia" anche dalle restrizioni della propria libertà individuale.
Cambiando i termini si cambia la storia, gli aggrediti diventano aggressori e le aggressioni si trasformano in banali risse. In questi anni abbiamo sempre risposto con la forza tranquilla e ora quello che ci viene contestato è il gravissimo reato di non essere morti e di esserci difesi.
Ci dispiace veramente se vi sentite offesi da questo, ma l'istinto di sopravvivenza e un briciolo di autostima hanno fatto sì che non perdessimo il centro, la calma, il sangue freddo. Forse tutto questo andrebbe preso come uno o più "scherzi del destino". Ma forse c'è dell'altro.
Forse c'è la volontà di mettere a tacere una gioventù diversa, migliore, non conforme al vostro modello culturale di naufraghi. Con ogni mezzo.
Con la violenza degli impuniti, con lo sbraitare del grassume politico, con la dura lex  e con la diffamazione a mezzo stampa.
Va bene, vi abbiamo capito.
Ma forse siete voi che non avete capito noi.
Accettare questo divieto equivale a sottomettersi alla violenza e all'ingiustizia.
Equivale ad insegnare ai nostri fratelli più piccoli e ai nostri figli che le dittature del pensiero unico, la corruzione e le angherie vincono.
E noi non vogliamo questo.
Noi vogliamo vivere da uomini liberi.
Perché sono gli uomini liberi che fanno la Storia.
Ecco perché abbiamo deciso che il 7 maggio scenderemo ugualmente in piazza e lo faremo come sempre.
Con migliaia di uomini e di donne che hanno ancora "quella strana luce negli occhi" e il sorriso degli invitti.
Perché con noi, voi, non vincerete mai.
E una risata vi seppellirà.

Lo sbarco di Nettunia e la battaglia per Roma

FINALMENTE DISPONIBILE IL “LIBRO-VERITA’” SULLO SBARCO DI NETTUNIA




Il nuovo lavoro di Cappellari è a disposizione degli studiosi della Seconda Guerra Mondiale

Dopo mesi di attesa è uscito per i tipi della Herald Editore il monumentale volume su Lo sbarco di Nettunia e la battaglia per Roma (22 gennaio - 4 giugno 1944), uno studio politicamente scorretto, che infrange certezze consolidate da anni, spaziando dalla politica internazionale, fino ad arrivare a singoli episodi rimossi dalla memoria collettiva. Un’opera che si pone al centro del dibattito storiografico, frutto di uno studio pionieristico del Dott. Pietro Cappellari, ricercatore della Fondazione della RSI – Istituto Storico di Terranuova Bracciolini (AR).

In totale 570 pagine, un “mattone con copertina” per stomaci forti, un’arma impropria da lanciare contro le vetrine delle “immacolate vergini concezioni” della vulgata antifascista e anti-italiana. Un’opera che non può mancare nelle biblioteche di chi ama la storia e di chi vuole conoscere cosa è stato occultato per 65 anni dalla storiografia ufficiale. Ha scritto il Prof. Alberto B. Mariantoni, che ha curato la quarta di copertina:
“Tempo di Storia, con la ‘S’ maiuscola. Tempo di immancabile e doverosa rimessa in discussione degli innumerevoli miti e delle vanagloriose leggende di guerra dei soliti ‘liberatori’. Tempo, in fine, di una oggettiva e salutare rivalutazione di tutti quegli Italiani che, per libera scelta e piena determinazione, rifiutando l’armistizio e il tradimento regio dell’8 settembre 1943, ebbero il coraggio di lanciare intrepidamente il loro cuore oltre l’ostacolo, e di contrastare valorosamente metro per metro, con il loro volontario ed esemplare sacrificio, il rullo compressore dell’incontenibile invasione militare angloamericana, fino dentro le mura di Roma.

In una frase: tempo di ritorno alla realtà dei fatti.

In particolare, in questo suo ultimo (last but not least…) lavoro, Cappellari ci permette di penetrare negli anfratti nascosti e fino ad ora proibiti della genuina ricerca storica e di scoprire, meravigliati e sorpresi, una serie di fatti e di situazioni che smentiscono, in larga misura, la vulgata a proposito del celebre sbarco angloamericano di Nettunia.
Scopriamo, al momento dello sbarco alleato sulle spiagge di Nettunia, l’eroismo dei soldati germanici, dei Paracadutisti del ‘Folgore’, dei Marò del ‘Barbarigo’, degli uomini delle SS italiane, degli equipaggi dei barchini esplosivi della X MAS, nel tentativo di contrastare e respingere le forze di invasione angloamericane. L’abnegazione e il coraggio di 40 studenti italiani dei Gruppi Universitari Fascisti, volontari nella Luftwaffe, che furono in grado, nella zona di Cisterna, di ostacolare i reiterati assalti dei Paracadutisti statunitensi. L’eroica morte di Carlo Faggioni dei reparti Aerosiluranti italiani. L’epopea dei cecchini fascisti di Roma che, per ben tre giorni, combatterono contro gli Statunitensi una guerra dimenticata da tutti.
Scopriamo parimenti la fandonia di ‘Angelita di Anzio’ (Angelita non è mai esistita!) e la Resistenza immaginaria… sui Colli Albani e i Monti Lepini (salvo casi di violenza personale ad Ariccia e a Palestrina…).
Pietro Cappellari, in questa sua istruttiva ed accattivante opera, ci parla di moltissimi altri episodi che, fino ad oggi, sono stati volutamente celati e colpevolmente ‘coperti’, agli ignari cittadini, dall’antifascismo italiano del secondo dopoguerra.
Ci parla, in particolare, dei territori laziali ‘liberati’; del mercato nero organizzato dai soldati USA con la collaborazione di delinquenti comuni e di incalliti imbroglioni italiani. Ci racconta di Am-Lire e di prostituzione (le famose ‘signorine’… così care ai GI’s statunitensi).
Insomma – il va sans dire… – è un libro assolutamente da leggere e da fare leggere, da meditare e da fare meditare”.



Il volume è disponibile presso la Herald Editore: www.heraldeditore.it (mail: k.caruso@heraldeditore.it; telefono: 06.972.791.54)

Lemmonio Boreo

NULLA SARA’ COME PRIMA

QUELLO CHE A SCUOLA I VOSTRI PROFESSORI NON VI HANNO MAI DETTO

QUELLO CHE I VOSTRI POLITICI HANNO SEMPRE NEGATO

Piano dell’opera:

SOMMARIO



RINGRAZIAMENTI ………………………..11



ABBREVIAZIONI E SIGLIE ………………15



INTRODUZIONE

Genesi di una ricerca ………………………17

La vulgata anti-italiana …………………19

Una trilogia per la storia d’Italia, di Anzio e di Nettuno …………25

I gendarmi della memoria …………………………26

Alla ricerca della verità ……………………………29

I trafficanti di democrazia ………………………32



CAPITOLO I: L’OPERAZIONE “SHINGLE”

L’intervento americano ……………………41

La guerra in Italia…………………………… 45

Lo spettro di Salerno ………………………59

Lo sbarco angloamericano …………………65

La 3a Divisione USA………………………… 73

Killers a passeggio per Nettunia ………74



CAPITOLO II: LA PRIMA OFFENSIVAALLEATA

La stasi delle operazioni……………………… 89

Roma che “dorme”…………………………… 94

La Resistenza “immaginaria” ……………117

«Semo de Napuli, paisà!» …………………123



CAPITOLO III: “ALL’ARMI!”

La reazione germanica ………………………………………137

La reazione italiana ……………………………………………144

Prima “fermata”: Aprilia ……………………………………155

L’assistenza fascista alle popolazioni …………………162

Il fascismo repubblicano in prima linea…………………165

“Per l’Italia, solo per l’Italia!” ……………………………173



CAPITOLO IV: LA SECONDA OFFENSIVAANGLOAMERICANA

L’attacco decisivo …………………………………………185

Un muro d’acciaio chiamato “Hermann Göring” ……189

Il bombardamento di Cori …………………………………199

La disfatta di Campoleone ………………………………200

Aldo Bormida per l’onore d’Italia ………………………205

Il fallimento dello sbarco …………………………………209

La strage dei fratini di Artena …………………………212



CAPITOLO V: LA PRIMA OFFENSIVA GERMANICA

«Una battaglia per la Civiltà europea» …………………219

L’attacco del 3 febbraio 1944 ……………………………220

Annetta, una storia come tante ……………………………227

La riconquista di Aprilia ……………………………………231

La “famosa” 45a Divisione statunitense…………………235



CAPITOLO VI: LA SECONDA E LA TERZA OFFENSIVA GERMANICA

Il Battaglione “Nembo” in prima linea ……………………243

Il sacrilegio di Montecassino ………………………………246

L’Operazione “Fischfang” …………………………………253

Il sacrificio dei Paracadutisti italiani………………………265

L’Operazione “Seitensprung”…………………………… 268

Il fallimento delle offensive germaniche…………………271



CAPITOLO VII: LE VIOLENZE DEGLI ALLEATI

Un tabù da sfatare …………………………………………279

I bombardamenti sulla popolazione civile…………… 282

La fandonia di Angelita ……………………………………286

La “civiltà” americana: un supermercato nero ………288

Una pagina dimenticata …………………………………295

Il martirio di Giulia Tartaglia …………………………306



CAPITOLO VIII: UNA GUERRA DI TRINCEA

“La balena si è arenata” …………………………315

Il Battaglione “Barbarigo” al fronte …………….322

Un silenzioso sacrificio ……………………………334

“Il nostro onore si chiama fedeltà”……………… 335

L’Ala Tricolore in difesa di Roma……………… 339

La guerra nelle “buche” …………………………343

Le Guardie Legionarie sulla Linea Gustav…… 348

Il valore dei soldati italiani ………………………353



CAPITOLO IX: LA BATTAGLIA IN DIFESA DI ROMA

Il crollo della Linea Gustav …………………….361

L’Operazione “Buffalo” …………………………377

L’intervento di Clark …………………………….385

La resistenza sulla Linea Caesar ……………388

Il crollo della Linea Caesar ……………………391

L’ultima battaglia per la Capitale ……………398



CAPITOLO X: L’ULTIMA RESISTENZA

L’intervento della Santa Sede ………………413

Il congedo ……………………………………415

“Ritorneremo” ………………………………432

Roma, 4 giugno 1944 ………………………435

Gli ultimi chilometri …………………………437

L’affanno dei “Diavoli Neri”……………… 440

L’ultima raffica……………………………… 445

I cecchini fascisti ………………………452



CAPITOLO XI: L’OCCUPAZIONE DI ROMA

La conquista dell’Urbe ………………………465

L’epurazione americana ……………………472

Fu davvero una vittoria? ……………………475



APPENDICE

Documento n. 1: Il Campo della Memoria di Nettuno………………………… 487

Documento n. 2: Gli incidenti di Nettuno del 28 maggio 1989……………… 491

Documento n. 3: Tributo ai combattenti della RSI del poeta legionario Bruno Sacchi di Nettuno…………497

Documento n. 4: I caduti del fascismo repubblicano…………………… 498

Documento n. 5: Un omaggio a Peter Tompkins …… 503

Documento n. 6: Il fascismo clandestino romano (1944-1945) ……………505

Documento n. 7: 3 settembre 1939: iniziava così la Seconda Guerra Mondiale ……… 509



BIBLIOGRAFIA………………… 512



INDICE DEI NOMI ………………517



APPENDICE FOTOGRAFICA………527

(37 pagine, di cui 30 a colori)

Facebook, un milione e mezzo di account rubati

Zeus News - Facebook, un milione e mezzo di account rubati

lunedì 26 aprile 2010

In ricordo di Sergio Ramelli

Cari camerati,
finalmente possiamo girarvi i volantini con le informazioni definitive della settimana organizzata in ricordo di Sergio Ramelli. Grazie a un progetto di collaborazione tra tutte le realta' militanti iniziato lo scorso anno, abbiamo potuto ottenere questi grandi risultati che rendono onore alla memoria dei nostri camerati caduti.
La settimana iniziera' mercoledi 28 Aprile quando presso il Presidio di Milano si terra' lo spettacolo teatrale "La libertà" di Vertex Teatro, a seguire,come ogni anno, la veglia silenziosa e composta sotto casa Ramelli.

Giovedi 29 Aprile concentramento in p.le Susa ore 20.00 per il corteo in ricordo di Sergio Ramelli, Enrico Pedenovi e Carlo Borsani.

Sabato 1 Maggio II edizione del "Torneo Sergio Ramelli" presso il Lido di Milano dalle ore 10.00.
Nel torneo si sfideranno le squadre rappresentative di tutte le realta' che hanno reso possibile lo svolgersi della settimana, a seguire premiazione,cena e concerto DDT.

Sempre presso il Lido di p.le Lotto dalle ore 21.30 concerto live degli AMICI DEL VENTO.

La settimana infine si concluderà domenica 2 maggio dalle ore 17.00 presso i Giardini Sergio Ramelli di Milano con un concerto acustico di Skoll.

Invitiamo tutti i camerati a presenziare a tutti gli appuntamenti con lo spirito che ha animato gli organizzatori, uno spirito di serenita' e unita'.

I CAMERATI

McAfee, l'update difettoso blocca una catena di supermercati

Zeus News - McAfee, l'update difettoso blocca una catena di supermercati

Addio sogni di gloria

Addio sogni di gloria, addio castelli in aria....

Ma....

domenica 25 aprile 2010

Grazie Boys

Grazie Boys per averci liberato!

'Festa di tutti gli Italiani'




C'è chi intende trasformare il 25 Aprile in una 'Festa di tutti gli Italiani', secondo la formula dei 'valori condivisi'  trasversale alle forze politiche di regime. E come 'valori', ovviamente, vengono evocati quelli che scaturiscono, appunto, dalla data emblematica del 25 Aprile, giorno della cosiddetta 'liberazione'. Da parte nostra, quali combattenti superstiti della Repubblica Sociale Italiana, il 25 Aprile rimane la data simbolo di esecuzioni singole e collettive, sevizie incluse, che a guerra finita hanno coinvolto decine di migliaia di uomini e donne, civili e militari in una autentica carneficina. Una mattanza che mai, in oltre sessant'anni, è stata oggetto da parte dell'Italia ufficiale di un pur minimo atto di riconoscimento se non di contrizione per tanto sangue innocente versato. Tutto regolare. Come se tutte quelle vittime passate al tritacarne antifascista rappresentassero un ininfluente e accidentale dato statistico anziché un preordinato progetto (i documenti probatori non mancano) di sterminio. Questo è per noi il 25 Aprile, senza se e senza ma, forti del nostro buon diritto di testimoniare il sacrificio di tanti fratelli e sorelle caduti nella «primavera di sangue», accomunandovi nel ricordo le migliaia di soldati repubblicani caduti contro gli eserciti invasori. Come ho già detto e scritto più volte, in uno spirito di fedeltà assoluta , non commerciabile, ad un' Idea che riteniamo la più rivoluzionaria del XX secolo. Un 25 Aprile che rappresenta per noi un retaggio di estremo dolore ma insieme data di orgogliosa appartenenza.
Gianni Rebaudengo
Presidente Nazionale R.N.C.R. – RSI  

25 Aprile: una festività  da abolire!


25 Aprile: una festività  da abolire!

 


Che gli americani abbiano liberato l'Italia è una delle barzellette più uggiose e stomachevoli che i nostri rappresentanti (si fa per dire), in combutta con giornalisti-ciabattini, continuano a raccontarci senza vergognarsi del ridicolo, di cui si coprono, confessando se non altro un'immensa ignoranza della storia.
Gli americani si sono sempre mossi solo in funzione di interessi di potenza o di mercato (che è poi un modo diverso di fare potenza). Non hanno mai manifestato alcun proposito di liberare un solo paese da una dittatura o potere cattivo meno che nei riguardi del mondo comunista, in cui vedono, e non a torto, la propria negazione. Il parametro della tollerabilità di qualunque Stato, nell'ottica degli Usa, si chiama solo e semplicemente "Usa-compatibilità". Il che significa, come è evidente, che quanto è compatibile, anzi cònsono, con gli interessi, geopolitici o di mercato, della macchina del mostro industriale-politico-militare nordamericano, non può temere alcun intervento o sanzione anche se all'interno si fa scempio dei diritti civili.
Non è proprio una battuta ad effetto, questa, se si pensa che ancora ci sono paesi in cui si condanna alla lapidazione delle adultere e se nell'Arabia Saudita, paese amico degli Usa, si pratica ancora il taglio della mano per i ladri (magari per fame!). Quello della democrazia è un paravento che fa spifferi da tutte le parti. Del resto, "la più grande democrazia del mondo" è una dittatura imperialista con dittatore elettivo legittimata da un giochetto elettorale e rappresentata da un fantoccio di turno al servizio del potere reale di chi lo ha fatto eleggere.
Le continue ciance sui diritti civili trasgrediti in Cina e a Cuba nascondono una realtà tipica, che fa davvero pietà se si pensa che nell'àmbito degli Usa non esiste alcuna garanzia circa il diritto al lavoro e meno che mai a quello di conservarlo, se l'assistenza sanitaria è pagata – quando possibile - dagli stessi assistiti attraverso specifiche polizze di assicurazione, se la povertà sta sempre dietro l'angolo e se la criminalità è come una patina che copre l'intero territorio della grande unione di Stati.
Ciò premesso, appare chiaro che gli americani non avevano alcun interesse di liberare l'Italia dalla dittatura fascista tanto da non accorgersi di quella di Franco e dell'altra di Salazar, ambedue nella penisola iberica, ma solo quello di accorrere in aiuto alla complice Inghilterra: a tal fine , non potevano non invadere-occupare l'Italia, il polo più a portata di aggressione dell'asse con Berlino. E non potevano che farlo secondo il costume yankee, cioè massacrandola di bombardamenti non certo per colpire obiettivi militari ma il più spesso a scopo prettamente terroristico, per fiaccare le autorità e le forze in armi attraverso il panico (terrore) dei civili, quando non anche o solo per il piacere sadico dei seminatori di morte. A Tripoli (dove lo scrivente viveva), i fratelli siamesi di Albione, voglio dire i signori inglesi, degni compari dei militari "a teschi e bare" (pardon, a stelle e strisce), venivano a bombardare quasi tutte le notti (e talvolta anche di giorno, colpendo abitati civili e povera gente che non disponeva di un rifugio adeguato. Memorabile è il bombardamento navale britannico del 21 aprile 1941 (Natale di Roma!), durato non meno di quattro ore e causa di danni immani e di innumeri morti, tra i civili s'intende.
La liberazione dell'Italia dal potere mussoliniano fu solo un effetto secondario e, quel ch'è peggio, costituì un pretesto per occupare militarmente il nostro Paese. Era inevitabile che la gente, stressata dalle bombe e dalla fame, vedesse negli occupanti il simbolo della fine di un incubo. Sulla stessa fame le truppe "di liberazione" posero il pretesto del famigerato "Piano Marshall", una forma di carità pelosa, cioè condizionata dal rispetto, senza limiti di tempo, della sovranità militare degli occupanti, che sarà il diritto dei vincitori e che si chiamerà Nato con quelle implicazioni a catena che conosciamo.
Così conciato il nostro Paese è diventato perfettamente "Usa-compatibile", anzi "Usa-servile", una "riserva coloniale" a tutti gli effetti, con basi militari in crescente proliferazione e fra le più grandi di tutta l'Europa. E' così che agli interessi nazionali va anteposta la devozione feudale al principe yankee di turno inviando inservienze militari gratuite ( a titolo vergognosamente ipocrita di "missioni di pace") prima in Iraq ed ora in Afghanistan, a dispetto dell'art. 11 della Costituzione, semplicemente ridotto a figura retorica della carta fondamentale di uno Stato sedicente di diritto.
La storia del dopo guerra è una conferma a posteriori della non liberazione dell'Italia se è vero che nei paesi latino-americani i signori yankee continueranno ad abbattere o a creare poteri a seconda della compatibilità o meno con il parametro sopra detto. Un esempio valido per tutti è quello del Cile dove, fatto assassinare Allende, vi instaureranno la tirannia del malvagio cattolicissimo Pinochet.
La classifica, che gli Usa han fatto degli Stati prima dell'occupazione, totalmente contro il diritto ordinario e internazionale, dell'Iraq è ben eloquente: è "canaglia" qualunque Stato che non sappia servire gli interessi della Casa Bianca e del Pentagono. L'Iraq, già vittima dell'embargo con moria di bambini per mancanza di alimenti e di farmaci di prima necessità (oltreché per irradiazione radioattiva, strascico dell'aggressione militare di Bush-padre), subirà un'aggressione con un dispiegamento di forze tanto poderoso quanto vile ma non senza l'assenso di un'Onu, ridotta a feudo di fatto della potenza yankee.
Il 25 Aprile è una ricorrenza nazionale ambigua nella misura in cui pretende di ricordare agli italiani una liberazione americana, che non è mai avvenuta e che oggi, più che mai, sa di viscido ossequio ad una potenza selettivamente criminale, semplicemente barbarica, (con buona pace del premio Nobel per la pace Obama!) e che sta mettendo a rischio la sopravvivenza della specie umana. Chi ha il coraggio di proporne l'abolizione senza correre il rischio di essere accusato di apologia di fascismo?
Carmelo R. Viola

giovedì 22 aprile 2010

PER TRENTA SPORCHI DENARI


PER TRENTA SPORCHI DENARI


 

Questa sera alla trasmissione di Bruno Vespa "Porta a porta" si commemorava la resistenza e tra gli invitati spiccava il ministro La Russa che abbiamo sentito fare l'elogio della lotta sacrosanta al Nazifascismo definendo eroi tutti coloro che si schierarono contro gli alleati di ieri e contro i propri fratelli ( un po' meno i partigiani comunisti che non sono nelle simpatie di padron Berlusconi non perché partigiani, ma perché comunisti.. ) aiutando quegli "Alleati" che distrussero con bombardamenti terroristici le nostre città, che massacrarono e mitragliarono civili indifesi, che fucilarono in Sicilia i nostri soldati che si erano arresi, che considerarono obiettivi militari pericolosi scuole come quella di Gorla!

Niente di nuovo.
E' un discorso che ci propinano ogni anno da 65 anni e che, se non ci fossero stati i libri di Pisanò e di Pansa, non avrebbe mai avuto voci critiche, né racconto oggettivo di fatti mostruosi che smentiscono l'agiografia ufficiale!
Il caso vuole però che noi conosciamo molto bene il ministro La Russa sin da quando a Milano era il segretario della formazione giovanile del M.S.I. e lo abbiamo ascoltato centinaia di volte parlare in pubblico ed in privato della resistenza in modi e toni ben diversi da quelli di questa sera e del fascismo della R.S.I. in modi tanto elogiativi da rasentare il reato di "Apologia di Fascismo"!
Nonostante la vita ci abbia fatto vedere i lati più abietti di tante persone e ci abbia fatto toccare con mano quanto sia fragile la fedeltà agli ideali ( se si hanno ideali e non solo interessi.. ) non riusciamo a non disgustarci quando vediamo che qualcuno ha la faccia tosta di affermare opinioni che sono l'opposto di quelle che ha professato sino a ieri e lo fa per meschino interesse.
Perché, se è vero che ciascuno ha il diritto di cambiare idea, anche tenendo conto che se si arriva ad una certa età senza avere raggiunto una opinione definitiva o si è un tantino cretini oppure si è in malafede, è altrettanto vero che quando il cambiare idea coincide esattamente con l'acquisizione di potere e di denaro, la cosa puzza molto e noi siamo propensi a non crederci.
E' esattamente la situazione del ministro La Russa che non solo ha rinnegato alcuni anni fa i suoi ideali precedenti passando in Alleanza Nazionale con Fini Iscariota, ma, dopo la fusione nel PDL,  ha abbandonato Fini per diventare il pretoriano sfegatato di Berlusconi!
Avremmo avuto una gran voglia di tirargli delle uova marce ma, crediamo che la gran parte degli italiani che conosce i suoi trascorsi ed il suo presente lo abbia già giudicato per quel voltagabbana opportunista che é.
Ci dispiace solamente che, in costanza di questa legge elettorale in cui i parlamentari non sono eletti dal popolo, ma sono nominati dai capi dei partiti, il ministro La Russa abbia comunque il suo posto assicurato dal suo atteggiamento prono al padrone del PDL Silvio Berlusconi!

 
Alessandro Mezzano


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mercoledì 21 aprile 2010

Vasco inaugura l'era dei concerti su iPhone In diretta streaming il concerto di Torino

Vasco inaugura l'era dei concerti su iPhone In diretta streaming il concerto di Torino - Repubblica.it

Allergico all'iniezione letale, chiede sospensione della pena

Zeus News - Allergico all'iniezione letale, chiede sospensione della pena

Il picconatore Fini



Non sappiamo e per la verità non ci interessano più di tanto le mosse di tale Gianfranco Fini, l'abbiamo già condannato a suo tempo e niente e nessuno ci farà cambiare idea.
Prendiamo però atto con soddisfazione che, sulla gioiosa e ricca macchina da guerra affaristico-piduista, si annuncia una gragnuola di picconate e questo non può che farci piacere specie dopo che, ancora recentemente, tanti italiani illusi e benpensanti (ma comunque mai tanti come quelli che non sono andati a votare) gli hanno rinnovato la loro fiducia ed il loro voto.
Crediamo però di poter dire qualcosa sulle motivazioni di questa improvvisa accelerazione di Fini.
Sappiamo che è abbastanza intelligente per non aver mai creduto alla "barzelletta" che girava nelle sezioni missine, cioè ad A.N. come abile mossa per entrare nella stanza dei bottoni, arraffare il potere, fagocitare Forza Italia e governare il Paese.
Ma il pensierino di scalare il potere, di passare da delfino a successore di Berlusconi, questo era sicuramente l'ambizioso obiettivo neanche tanto nascosto di Fini.
A quell'obiettivo aveva sacrificato tutto, ideali, valori e una grande Idea, sicuramente la più grande e rivoluzionaria Idea del '900, sulla quale ha sputato per allearsi e prestarsi al gioco della peggiore borghesia affarista, corrotta e antinazionale della storia d'Italia, validamente spalleggiato in quella operazione da colonnelli, capitani, tenenti e caporali missini, in feroce sofferenza da astinenza di potere.
Ma, come sempre succede in tutte le "onorate" famiglie, a volte il bizzoso padre-padrone ama tenere sulla corda i suoi aspiranti successori, metterli alla prova, a volte umiliarli davanti a tutti per ribadire il suo potere, ricordare spesso che se non era per lui sarebbero ancora nel fango o nelle fogne e questo trattamento, ad un arrivista ed opportunista pieno di sè come Fini, non poteva certo piacere.
Ora il risultato delle recenti elezioni regionali, con la vittoria della Lega ed il conseguente rafforzamento dell'asse con Berlusconi, ha costretto Fini, sempre più isolato nella sua pur importante terza carica istituzionale, a rompere gli indugi, a non limitarsi ad aspettare il "dopo" Berlusconi ma ad operare per avviare da subito quel "dopo".
E Fini non è il solo ad aver deciso di rompere gli indugi (vedi Luca Cordero di Montezemolo) e se tutto questo spaccherà il partito di "plastica" o del "predellino", tutta la situazione politica si avvierà a rapidi cambiamenti.
Intanto prepariamoci alle prossime intercettazioni a "luci rosse" che coinvolgerebbero propro Fini, intercettazioni subdolamente anticipate dai giornali di Berlusconi qualche tempo fa e che adesso salteranno sicuramente fuori, perchè anche le intercettazioni sono di serie A e buone (quelle contro l'avversario) o di serie B e cattive (quelle contro il padre-padrone).  
Godiamoci lo spettacolo!


Adriano Rebecchi
Ufficio Politico del MNP


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martedì 20 aprile 2010

Anche il conformismo pecorile è una scelta


Anche il conformismo pecorile è una scelta MA FELTRI ESAGERA !

      Tale Feltri Vittorio, da Bergamo, sindacalmente definito "giornalista", opportunista convinto e, come tale, dedito anima e corpo alla mafia berlusconiana (come può essere dedito un opportunista) si scaglia violentemente contro tale Fini Gianfranco, suo emulo in opportunismo, reo di valutare diversamente l'opportunità a cui dedicarsi; e fin qui saremmo nei limiti del fisiologico, anche se del più squallido livello. Si scagli pure, il Feltri !
     Quello che non possiamo tollerare, però, è che costui, invadendo spocchiosamente campi in cui versa nell'ignoranza più massiccia, faccia affermazioni altamente ingiuriose per gente, morta o vivente, che, appartenendo a un mondo infinitamente superiore al suo, considera il Berlusconi un lestofante che subordina tutto al suo privato interesse, e che rivolge il proprio pensiero al Fini solo in caso di ingestione di sostanze tossiche o cibi avariati, essendo quello un emetico di pronto effetto, assai meglio dell'apomorfina.
     Il fatto è che il conformismo è un modo di essere, e quindi ha carattere generale, e il nostro sessantasettenne frugoletto non può quindi pescare i suoi rozzi concetti che nel gran pastone "liberatorio" imposto all'Italia a suon di bombe ( non di violenza, ci mancherebbe !) nel 1945. Ne fa fede il suo tortuosissimo ragionare nell'editoriale apparso su "Il Giornale", da lui diretto, il            , a commento del comportamento tenuto dagli ANali Urso e Bocchino nel talk-shaw Paragone della TV, in cui essi avevano investito con feroce acredine i berluschi a loro opposti. Poichè ben pochi sono gli Italiani che leggono il melenso foglio, ne riportiamo i tratti essenziali, per quel che a noi interessa.
     L'editoriale s'ititola addirittura "Son tornati i tempi del manganello", e la sua brillante tesi è la seguente: Bocchino e Urso " sembrava che avessero voglia (sic!)di menar le mani, quanto meno di somministrare olio di ricino " e quindi erano regrediti a " quando le camicie nere adopravano il manganello quale strumento di persuasione". Insomma, il Gianfranco della Chippah sarebbe tornato alle sue origini (orrore !) fasciste.
    Ma che cavolo ne sa, il Feltri, di Fascismo ? Come, che ne sa ? Egli ha sperimentato la violenza fascista sulle sue carni, sin dal 25.6.1943, appena venuto alla luce, ancora con Mussolini (per poco) al potere, allorchè una bieca ostetrica (probabilmente allevata alla Scuola Seviziatrici di Orvieto) lo afferrò per i piedi, lo sollevò e ,senza alcuna sua colpa, lo colpì cridelmente con un brutale schiaffo sulle chiappette allo scopo di recargli dolore e di farlo piangere. Quel bruciore, il Feltri ha conservato gelosamente al culo per tutta la vita, base tetragona della sue fede antifascista. E' uomo implacabile, il Vittorio ! L'unico ricordo fascista che ha è un ricordo di violenza, no ?
   Veramente, poco dopo, e fino al 1947 inoltrato, duecentomila fascisti furono vilmente assassinati, prima alle spalle e poi con orrendi linciaggi a regia, ma che poteva saperne l'innocente Feltri, che nel '47 aveva appena quattro anni ? Per lui, valeva sempre l'equazione Fascismo= violenza. Deve avere però, in seguito, aver avuto poca cura della propria cultura ( ah, il somarone !) per ignorare che i liberali (a cui appartiene sia lui che il suo padrone), allorchè giunsero rivoluzionariamente al potere in Francia, fecero inorridire il mondo intero, tagliando a macchina decine di migliaia di testa di "reazionari" o semplici oppositori del despota di turno, lasciando linciare aristocratiche nelle carceri da turbe assatanate, mettendo a ferro e fuoco la Vandea dissidente, eccetera. E per ignorare che l'altro movimento non fascista, e cioè il socialismo, quando si "realizzò" in Russia, non potè fare a meno di assassinare una ventina di milioni di concittadini, dichiarandoli "nemici del popolo" . Non ha mai avuto sentore, il giornalista Feltri, del XX congresso del P.C.U.S.? Distratto assai, il "giornalista"!
  Altro che manganelli! Altro che goliardico olio di ricino ! Altro che violenza fascista ! Si documenti, Dio buono, il Feltri, prima di sparare coglionerie all'impazzata! Certo, dato l'abisso di ignoranza che dimostra, ci vorrà un bel pò. Provvisoriamente, non sarebbe male che si ponesse le due domande che seguono:
   Prima: come spiega che, al tempo dei manganelli, i Fascisti ebbero quattro volte più perdite dei loro avversari (uccisi in gran prevalenza, non dagli squadristi, ma dalla Forza Pubblica) ?
Non sarà che gli angioletti "democratici" usassero, anzichè i "violenti" manganelli, i "pacifici" revolvers, coltelli e bombe ?
  Seconda: come spiega che, per carenza di martiri veri, gli antifascisti come lui abbiano dovuto promuovere Gesucristo-bis tale Matteotti Giacomo, deceduto per malattia (rottura di un aneurisma aortico), nel corso di un rapimento, organizzato da alcuni fascisti facinorosi, di loro iniziativa, ma certamente senza alcun intento omicida, e ignorando la cardiopatia del rapito ?
  Ci provi , il Feltri Vittorio, se ci arriva! Intanto, stia tranquillo: i violenti Fascisti non hanno alcuna intenzione di infliggergli una seconda sculacciata. Hanno troppo rispetto per le proprie palme. Si limitano a dedicargli una corale, fragorosa, sentita pernacchia! Prosit !

Rutilio Sermonti

25 APRILE, fu vera gloria?


25 APRILE, fu vera gloria?
La storia non si celebra, si studia

di Gianfredo Ruggiero
 

Come ogni anno, con l'approssimarsi del 25 aprile si susseguono a ritmo incalzante le rievocazioni storiche che hanno portato alla liberazione dell'Italia dalla dittatura fascista e il ricordo delle gesta dei protagonisti. Tutto bene tranne che...
Dei crimini fascisti oramai sappiamo tutto o quasi, ma del lato oscuro della resistenza, quello fatto di vendette e odi personali, di processi sommari ed esecuzioni di massa e delle motivazioni, non sempre nobili, che hanno portato i partigiani a coprirsi il volto e a imbracciare il fucile, cosa sappiamo? Poco, molto poco.
Per motivi anagrafici non ho conosciuto il Fascismo e anch'io, come la maggior parte degli italiani, sono cresciuto a pane e resistenza avendo appreso la storia sommariamente dai libri di testo e dai programmi televisivi. Solo che non mi sono accontentato della verità ufficiale, quella scritta dei vincitori, e ho voluto approfondire le mie conoscenze. Il risultato è stato che man mano colmavo i miei vuoti i dubbi aumentavano. Dubbi che a tutt'oggi nessuno è stato in grado di sciogliermi.
Il primo dubbio riguarda la definizione dei partigiani quali "patrioti e combattenti per la libertà": il movimento partigiano, pur essendo ideologicamente articolato, era egemonizzato dal Pci, all'epoca diretta emanazione della Russia Sovietica da cui prendeva ordine tramite Togliatti, stretto collaboratore di Stalin (che infatti viveva in Russia). Obiettivo dichiarato di questi partigiani era quello di instaurare in Italia a guerra finita uno Stato comunista modellato ed assoggettato alla Russia sovietica, la cosiddetta "dittatura del proletariato".
I partigiani rossi lottarono sì contro un regime, quello fascista, ma al solo scopo di sostituirlo con un'altro non certo migliore. Non si capisce quindi su quale base logica e storica i partigiani si possano definire "patrioti" e "combattenti per la libertà" se la maggior parte di essi voleva instaurare in Italia una dittatura spietata e per giunta sottomessa ad una potenza straniera.
Se l'Italia è ora una Repubblica "democratica" (sul concetto di democrazia – altro grande equivoco - torneremo) non è certo per merito dei partigiani, ma in virtù della divisione del mondo in due blocchi contrapposti decretata a Yalta nel '45, da cui scaturì la nostra collocazione nel campo occidentale e la conseguente dipendenza americana.
Lo stesso discorso riguarda la Russia di Stalin la quale contribuì in maniera determinante alla sconfitta della Germania nazista, pagando per questo un pesante tributo di sangue, ma  al solo scopo di estendere il suo dominio su tutto l'est europeo e non certo per portare in quelle sciagurate terre democrazia e libertà.
Non dimentichiamoci poi che l'Unione Sovietica fu alleata della Germania nazista fino al '41 (patto Rippentrop-Molotov) con la quale si spartì la Polonia due anni prima.
Particolare importante che la storiografia ufficiale nasconde -  perchè farebbe smontare in un sol colpo la tesi di comodo della "lotta della democrazia contro la tirannide" - riguarda la dichiarazione di guerra di Francia e Inghilterra all'indomani dell'invasione tedesca della Polonia: fu dichiarata alla Germania, ma non alla Russia pur avendo anch'essa attaccato, da est, la Polonia. Perché? Evidentemente la Polonia fu solo un pretesto per muovere guerra alla Germania, mentre Stalin, che dopo la Polonia si apprestava ad invadere la Finlandia e ad annettersi le deboli Repubbliche Baltiche con l'assenso occidentale, era considerato già da allora un prezioso alleato, ben sapendo che questi era uno spietato dittatore, che con le sue "purghe" aveva massacrato, deportato nella gelida Siberia e ridotto alla fame milioni di russi, molti dei quali ebrei, definiti "nemici della rivoluzione" (ma questo, evidentemente, alle democrazie occidentali - America in testa - poco importava).
Il secondo dubbio riguarda la definizione di "guerra di Liberazione", quando invece fu una classica e tragica guerra civile. I fascisti non venivano da Marte, erano italiani come italiani erano i partigiani. In quei lunghissimi 18 mesi la guerra fratricida non risparmiò nessuno, attraversò le famiglie e divise i fratelli. Gli uomini persero la loro dimensione umana per accostarsi a quella animale.
Inoltre i tedeschi non invasero l'Italia, c'erano già: dopo la caduta di Mussolini, avvenuta il 25 luglio 1943, il governo Badoglio chiese aiuto dell'alleato tedesco per contrastare gli anglo americani che nel frattempo erano sbarcati in Sicilia. I soldati italiani e tedeschi si ritrovarono, quindi, a combattere spalla a spalla contro l'invasore americano fino all'8 settembre '43, quando il Re e Badoglio, con estrema disinvoltura e lasciando allo sbando il nostro esercito, passarono armi e bagagli dalla parte del nemico, scatenando l'ira di Hitler che si apprestava a deportare in Germania tutti gli uomini abili al lavoro e a smantellare completamente il nostro apparato industriale per ridurci alla fame, poi frenato nei suoi propositi dalla nascita della Repubblica Sociale Italiana con la ricostituzione di un esercito lealista cui aderirono, secondo uno studio di Silvio Bertoldi ("Soldati a Salò" ed. Rizzoli, Milano 1995) e confermato dai libri matricola, in seicentomila (quanti fossero i partigiani è invece un mistero).
Il contributo dei partigiani alla sconfitta tedesca fu, inoltre, del tutto marginale se lo rapportiamo all'enorme potenziale bellico messo in campo dagli alleati. Le fila partigiane s'ingrossavano man mano che l'esercito tedesco si ritirava sotto l'incalzare degli angloamericani. Gli stessi americani avevano una scarsa considerazione dei partigiani e li tolleravano solo perché facevano per loro il lavoro sporco come assassinare i gerarchi fascisti e fare attentati dinamitardi per suscitare la rappresaglia tedesca che fu quasi sempre spietata e disumana (come accadde con le Fosse Ardeatine conseguenza della bomba partigiana di Via Rasella che fece strage di riservisti tedeschi e scempio di una donna italiana con suo il suo bambino).
Il 25 aprile del '45 Mussolini era a Milano e solo dopo la sua partenza per trovare la morte a Dongo il capoluogo lombardo fu "liberato" dai partigiani che si abbandonarono ad una vera e propria orgia di sangue contro i fascisti o presunti tali, compresi i loro familiari. Come ben documentato dai libri di Pansa, Ellena e Pisanò e come testimoniano le lapide al Campo 10 del Cimitero Maggiore di Milano che raccoglie le spoglie dei fascisti (quelle che si riuscì a recuperare, oltre un migliaio) molti dei quali barbaramente assassinati o fucilati dopo il 25 aprile.
Il terzo dubbio riguarda la modalità di lotta dei partigiani. Mentre i fascisti combattevano in divisa e a volto scoperto, inquadrati nelle divisioni dell'esercito della Repubblica Sociale Italiana o nelle varie milizie volontarie i partigiani, invece, pur potendo anch'essi vestire una divisa - essendo armati e finanziati dagli americani - e pur potendo combattere a fianco dell'esercito alleato o nell'esercito  italiano di Badoglio secondo le regole di guerra, preferirono il passamontagna, i soprannomi e la tecnica del mordi e fuggi a base di attentati, sabotaggi e omicidi alle spalle. Tecnica sicuramente meno rischiosa per loro, ma devastante negli effetti. Il fine era infatti quello di scatenare la rappresaglia tedesca e creare i presupposti per quella guerra civile, poi eufemisticamente definita di "liberazione", le cui ferite ancora oggi stentano a rimarginarsi.
Sono dubbi su cui mi piacerebbe si sviluppasse un dibattito, sereno e senza reticenze, finalizzato a capire la storia e non solo a celebrarla come purtroppo avviene da sessant'anni.


Gianfredo Ruggiero, presidente del Circolo Culturale Excalibur - Varese

Brunetta: "Casella PEC per tutti"

Zeus News - Brunetta: "Casella PEC per tutti"

lunedì 19 aprile 2010

Una lezione di stile



In un mondo di piagnoni e paurosi, una lezione di stile:
La morte non è niente. Sono solamente passato dall'altra parte: è come fossi nascosto nella stanza accanto. Io sono sempre io e tu sei sempre tu. Quello che eravamo prima l'uno per l'altro lo siamo ancora. Chiamami con il nome che mi hai sempre dato, che ti è familiare;parlami nello stesso modo affettuoso che hai sempre usato. Non cambiare tono di voce, non assumere un'aria solenne o triste. Continua a ridere di quello che ci faceva ridere,di quelle piccole cose che tanto ci piacevano quando eravamo insieme. Prega, sorridi, pensami!Il mio nome sia sempre la parola familiare di prima: pronuncialo senza la minima traccia d'ombra o di tristezza. La nostra vita conserva tutto il significato che ha sempre avuto:è la stessa di prima, c'è una continuità che non si spezza. Perché dovrei essere fuori dai tuoi pensieri e dalla tua mente, solo perché sono fuori dalla tua vista?Non sono lontano, sono dall'altra parte, proprio dietro l'angolo. Rassicurati, va tutto bene. Ritroverai il mio cuore,ne ritroverai la tenerezza purificata. Asciuga le tue lacrime e non piangere, se mi ami: il tuo sorriso è la mia pace.


Raimondo Vianello

E il sogno continua....


Doppio Vucinic: il derby dice Roma
Lazio battuta 2-1: segna subito Rocchi, poi doppietta del montenegrino. Floccari sbaglia un rigore sull'1-0


Datasport
La Roma batte 2-1 la Lazio nel derby e torna al comando con un punto di vantaggio sull'Inter. Partita dalle mille emozioni all'Olimpico. Segna subito Rocchi, poi Floccari sbaglia il rigore del possibile 2-0 a inizio ripresa. La Roma rimonta grazie a una doppietta di Vucinic, a segno dal dischetto e su punizione. La squadra di Ranieri risponde così all'Inter, che nell'anticipo di venerdì aveva battuto 2-0 la Juve a San Siro. A quattro giornate dal termine del campionato, la Roma è in testa con un punto di vantaggio sui nerazzurri. Per la Lazio sconfitta pesante: ora i biancocelesti sono solo a +3 sull'Atalanta, terz'ultima.


Roma irriconoscibile nei primi 45 minuti. I giallorossi sembrano addormentati, mentre la Lazio ha il piglio giusto. Dura pochi minuti la partita di Stendardo: il difensore biancoceleste, nel tentativo di anticipare Toni, viene colpito al volto dall'attaccante romanista ed è costretto a uscire dal campo con il volto sanguinante. Al suo posto entra Biava. Al 14' la squadra di Reja trova il vantaggio: Ledesma pesca Rocchi, l'attaccante scatta sul filo del fuorigioco e trafigge Julio Sergio con un tocco di destro che si infila nell'angolo basso. La Roma accusa il colpo e fatica a farsi vedere dalle parti di Muslera, praticamente inoperoso per tutto il primo tempo. Lazio ancora al tiro con Floccari (palla abbondantemente alta) e trascinata da un Rocchi tarantolato.


Nella ripresa cambia tutto: Ranieri toglie Totti e De Rossi, al loro posto ci sono Taddei e Menez. I primi minuti sono incandescenti. Cassetti stende Kolarov in area: Tagliavento concede il rigore alla Lazio. Sul dischetto si presenta Floccari, ma l'attaccante calcia debole e centrale, Julio Sergio respinge. Passano quattro minuti e c'è un rigore anche per la Roma (fallo di Kolarov su Taddei). Vucinic è freddo e batte Muslera con un destro angolatissimo. Ora l'Olimpico è una bolgia, la Roma adesso ci crede. Rocchi prova a fare tutto da solo, ma viene fermato al momento del tiro. Poi si accende Menez. Il francese accelera al limite e conquista una punizione. Il destro di Vucinic inganna Muslera e si insacca, ma determinante appare il movimento in barriera di Brocchi che lascia la posizione e crea il buco: siamo al 53' e, dal possibile 2-0 per la Lazio, si è passati al 2-1 per la Roma. Davvero un derby incredibile. Al 67' comincia la partita di Zarate che entra al posto di Lichtsteiner, fino a quel momento uno dei migliori. Al 74' Reja si gioca anche la carta Cruz: esce Floccari, visibilmente demoralizzato dopo l'errore dal dischetto in avvio di ripresa sul punteggio di 1-0 per la Lazio. La squadra di Reja ora assedia l'area giallorossa, Zarate sulla destra mette in mezzo una serie di palloni pericolosissimi. Al 91' viene espulso Ledesma, reo di avere rivolto un applauso ironico all'arbitro. La Roma si difende con i denti fino al triplice fischio finale di Tagliavento: la curva Sud esplode, il sogno scudetto continua.


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sabato 17 aprile 2010

Io (non) sto con la Lega

Io (non) sto con la Lega

PROCESSO AL MAGO




PROCESSO AL MAGO


Verità e retroscena inediti di un clamoroso processo intorno al quale ruotano le figure di un facoltoso nobile appassionato di esoterismo, del nipote di G. Kremmerz e di alti esponenti della "Fratellanza di Miriam"


Ristampa integrale della rarissima edizione originale del 1942 a cura di P.L. Pierini


EDIZIONI REBIS VIAREGGIO


Con un'ampia introduzione storica di Giuseppe Maddalena Capiferro e Cristian Guzzo


Edizione numerata di 192 pagine, con illustrazioni e riproduzioni


Euro 25,00


Come dalla trama di un avvincente romanzo, affiora dagli atti di un clamoroso processo svoltosi in pieno regime fascista, una incredibile e inquietante realtà "occulta" che scuote la Roma e l'Italia "imperiali" ed esoteriche dell'epoca. La sentenza è chiara e definitiva ma la pubblicazione integrale nel 1942 della requisitoria della pubblica accusa e delle arringhe dei notissimi avvocati di parte in un volume dal titolo singolare e fortemente evocativo, "Il Processo del Mago", alza il velo su episodi sconosciuti e verità nascoste, gravide di oscuri risvolti e imprevedibili sviluppi.

 
Molti interrogativi e segreti sollevati ed emersi dalla controversa inchiesta non sono stati ancora risolti né divulgati, ma un dato di fatto di valore oggettivo aggiunge una nota ulteriormente enigmatica al mistero che permea l'intero scenario: appena stampato, il libro scompare "inspiegabilmente" dalla circolazione, fino a divenire letteralmente introvabile, persino nei circuiti antiquari. Alcuni ipotizzano sia stato fatto sparire per evitare che una serie di sconcertanti rivelazioni e imbarazzanti confessioni divenissero di pubblico dominio. Da chi? Evidentemente da qualcuno che intendeva impedire la diffusione di notizie e informazioni incandescenti che avrebbero gettato un'ombra pesante sui personaggi impietosamente coinvolti in questo scandalo grandguignolesco imperniato su una colossale quanto squallida truffa, consumata in un clima di torbidi inganni, tra miserie morali, grottesche menzogne e fatali illusioni.

 
Intorno alla tragica vicenda ruotano nella veste di protagonisti R. Ricciardelli, un noto e facoltoso barone appassionato di esoterismo da una parte, e P. Pugliese, il nipote della maggiore figura rappresentativa dell'ermetismo magico italiano (G. Kremmerz, peraltro assolutamente estraneo ai fatti), dall'altra, mentre, nel ruolo di attive "comparse", animano il palcoscenico alcuni tra i più alti esponenti degli stessi vertici della "Fratellanza di Miriam" (l'organismo iniziatico fondato dal Kremmerz medesimo), presidi di Accademie e, stando a quanto il pubblico ministero Polito de Rosa denuncia nel suo rovente j'accuse, avidi sciacalli di infima specie il cui operato sarà stigmatizzato in un monito lapidario che suona come un inappellabile verdetto: "Nessuno osi parlare di probità, rettitudine e dignità di vita, a proposito di costoro!".

 
Lo scalpore e le ripercussioni del "processo del mago" si spensero nel boato spaventoso del secondo conflitto mondiale, nell'omertà colpevole e nella corta memoria di tanti. E del libro si persero tracce e ricordo. Alcune copie tuttavia scamparono fortunosamente alla distruzione e all'oblio ed è grazie proprio a uno di questi rarissimi esemplari sopravvissuti che abbiamo potuto riproporne la presente attesa e fedele ristampa, assolutamente integrale, corredata da importanti documenti inediti e da un'ampia, doverosa e obiettiva premessa storica, affidata agli stessi Autori del noto "L'Arcano degli Arcani". Puntuale, precisa e accurata come sempre risulta in effetti l'analisi introduttiva di Giuseppe Maddalena Capiferro e Cristian Guzzo, i quali, con la loro eccellente prefazione, ripercorrono l'intero tragitto della scabrosa storia "esoterica" e dei suoi retroscena, l'eco dei quali si estese ben oltre la condanna finale, riuscendo a decriptarne e renderne intelligibili alcuni aspetti particolarmente intricati emersi dal dibattito giudiziario, altrimenti indecifrabili.

venerdì 16 aprile 2010

Intel presenta il software che legge nel pensiero

Zeus News - Intel presenta il software che legge nel pensiero

ONORE A RAIMONDO VIANELLO!


ONORE A RAIMONDO VIANELLO!


Raimondo Vianello è morto. E con lui muore uno degli ultimi uomini che con la loro tempra e con la loro coerenza hanno testimoniato cosa rappresenti la Razza Italica a fronte di quella "sfuggente" di un mondo devastato dall'infamità, dalla corruzione, dal tradimento, dal rinnegamento indotti dall'omologazione mondialista. Di lui ricordiamo l'artista e la sua vis aristocratica, ma ancor prima ricordiamo il militante dell'Idea che si batté sulla trincea dell'Onore e che per questo pagò il suo pedaggio di Libertà nel campo di prigionia di Coltano dove in molti furono sequestrati dai "liberatori" americani. Dal poeta dei Cantos Ezra Pound ai futuri volti del cinema Luciano Salce, Walter Chiari, Enrico Maria Salerno.
Io lo conobbi insieme al fratello nell'Associazione Sportiva Fiamma e rimanemmo buoni amici. Nel 1987 fu, con Sandra Mondaini, tra i primi ad aderire al digiuno a staffetta organizzato per la mia liberazione.
Rimarrà presente nei cuori di tutti gli uomini liberi.
Paolo Signorelli


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giovedì 15 aprile 2010

La Rivoluzione resa impossibile.



Correva l'anno 1977, in una Italia divisa dagli odi di partito, dai nostalgismi intimati dai leader politici di destra e sinistra, una Italia dilaniata dalla violenza giovanile, indotta colpevolmente e supportata dalla impotenza ad agire dei partiti di riferimento; correva l'anno 1977 quando all'interno del MSI Generoso Simeone volle provare a concretizzare quell'aria di Alternativa di cui si sentiva forte la necessità.
Così è nato l'Hobbit! l'Hobbit?
Marco Tarchi, lucida intelligenza del tempo lo ha considerato una rivoluzione impossibile, avendone con meticolosa ricerca storico-politica analizzato gli esiti dei suoi protagonisti del tempo, ma al tempo stesso lo ha ritenuto " la
nostra concezione del mondo che si svelava" e ancora " una risposta ad un atto di autorità espressivo della mentalità di chi, malgrado tutto, comandava".
Il libro che il 23 Aprile 2010 sarà presentato a Benevento, presso la sala Vergineo del Museo del Sannio, "La rivoluzione impossibile dai campi Hobbit alla Nuova destra", curato da Marco Tarchi, traccia il sentiero decadente e definitivo di una frangia politica infelice della nostra Italia, potrebbe sembrare azzardato scrivere definitivo, eppure oltre a Tarchi le voci che si sono da tempo accorte del tracollo di una fase politica, o per alcuni versi a-politica ed esclusivamente partitica, della nostra destra, sono varie.
Si rivaluta quindi ciò che è stato, taluni con quel sentimento nostalgico e rassegnato , che accompagna le cadute , altri con quella ironia cinica di chi si è salvato in tempo per maggior lungimiranza o semplicemente per fortuna, noi giovani , anagraficamente lontani da quel periodo storico, con la rabbia di chi si è sentito tradito dalle promesse ideali dei propri padri politici.
L'Hobbit come rivoluzione quindi, l'Hobbit come trasgressione.
L'Hobbit infine come momento aggregativo, di un mondo giovanile disilluso e confuso, considerato braccio e non mente dalla casta politica, impregnato di simbologie che non potevano più comprendere, non sentendole proprie, soprattutto estraneo ad una realtà che a causa del post '68, li aveva relegati in un fortino arroccato sulla quotidianità.
Il primo campo Hobbit si tenne a Montesarchio, paesino della provincia di Benevento, secondo Tarchi la scelta non stupì, perché geograficamente vicino al luogo natio di Simeone e perché lontano dalle convulsioni antifasciste che serpeggiavano nel resto d'Italia.
Inizialmente duramente criticato dai vertici del partito , come qualcosa di nuovo e quindi di pericoloso, fu infine preda delle ghiotte mire di chi comprese quale abile strumento di assorbimento giovanile poteva divenire, a prezzo della perdita del significato profondo per cui era nato. Il primo Campo Hobbit , fu probabilmente quello che sentimentalmente trasportò maggiormente i giovani presenti, li inorgoglì, li elesse a protagonisti, tra la musica, gli slogan europei, i dibattiti e le riviste alternative, le croci celtiche al vento, quei ragazzi tornarono a credere, a pensare, ad elaborare.
Generoso Simeone dalle pagine del secolo ribadisce la sua scelta di riferirsi alla saga Tolkeniana, non come fuga dalla realtà, bensì come evasione - " ed allora guardando al futuro evochiamo dalle favole di Tolkien quelle immagini che arricchiscono la nostra fantasia ed appagano la nostra sete di contenuti." - tra l'altro di grande attualità culturale essendo stata introdotta nel 1972 da De Turris in Italia per la prima volta. Non favole ed illusioni quindi ma tentativo eroico di modificare la realtà, dalla quale non si rifugge, pur nella consapevolezza di non volerla accettare né appoggiare, la quale si analizza e studia per modificarla.
Mancò al primo Hobbit un valido seguito, tanto che il secondo campo organizzato in Abruzzo nel 1978 dal FG , nonostante le lodi della comandata stampa di partito, riuscì soltanto a riscuotere critiche e tensioni, anche da parte di chi, partecipandovi, notò il distacco e l'apatia negli atteggiamenti degli organizzatori, primo fra tutti il pupillo di Almirante, Gianfranco Fini, il baronetto che da abile condottiero pensò di lasciare in tenda i suoi seguaci e di ritirarsi in albergo lontano dagli stramazzi della "sua" comunità. Fu un insuccesso campo "Gollum".
Un insuccesso annunciato.
Il terzo ed ultimo Campo Hobbit invece , logisticamente e probabilmente teoricamente, risultò il più riuscito, organizzato sempre in Abruzzo dalla Nuova Destra, si pose l'obiettivo nobile di sdoganare la cultura neofascista dai termini di violenza, ignoranza, provvisorietà, e di assimilare temi e stili metapolitici, lontano definitivamente dal nostalgismo , che pur ebbero a rappresentare alcuni militanti in loco. A Castel Camponeschi si ebbe la sensazione che qualcosa era cambiato e non solo per i giudizi interni, quanto per la considerazione esterna dei soliti osservatori ostili.
Ad un passo dalla meta tuttavia lo choc seguito alla bomba di Bologna, macerò tutto quello che si era costruito e a marciare su quelle macerie non fu l'uomo nuovo della nuova destra, bensì il politicante carrierista prescelto, capace in breve tempo di trasformare in impossibile una rivoluzione che tanti avevano contribuito a creare.
Tarchi non rinnega la sua partecipazione ai campi, non rinnega i suoi sogni "puri" dei vent'anni, non lo ha fatto nelle interviste e nei libri scritti dopo la conclusione della sua esperienza politica nella Nuova Destra, non lo fa nell'ultimo saggio; Tarchi sottolinea soltanto la delusione bruciante di colui che non arriva al traguardo per un attimo e di chi da quella delusione apprende le armi del cinismo e del distacco nel parlare e nel ripensare a quei momenti, di chi sceglie la metapolitica come unica via, ancora pura.
Un distacco che conserva perfettamente nelle pagine di attacco e critica ad una classe politica, certo non nata dall'esperienza degli Hobbit, come a qualcuno farebbe comodo credere, piuttosto da scelte altre , lontane dalle prime, per stile, per ideale, per consistenza politica, per progettualità, per creatività.
Così mentre una destra esausta ed esangue rispolvera temi e slogan che aveva da tempo accantonato, per "fare futuro" almeno nel nome, c'è chi non ha bisogno di mettere una pietra tombale delle convenienze sui sogni coltivati a vent'anni, chi può scrivere un libro riguardante la propria storia politica senza dover giustificare nulla di fronte agli altri né a se stessi, chi può ritenere impossibile una rivoluzione, perchè gli uomini, i tempi forse ,non erano quelli giusti.




Marina Simeone

Tv: e' morto Raimondo Vianello

Tv: e' morto Raimondo Vianello - Adnkronos Spettacolo
Ci ha lasciato un grande del mondo dello spettacolo
MILANO - E' morto Raimondo Vianello, attore e conduttore televisivo che con la moglie Sandra Mondaini è stato uno dei volti più noti della tv italiana. Il 7 maggio avrebbe compiuto 88 anni.


LA CARRIERA - La sua carriera professionale era iniziata con il teatro di rivista subito dopo la guerra, un'esperienza che lo aveva segnato (bersagliere che aveva aderito alla Repubblica di Salò, era poi stato detenuto nel campo di concentramento alleato di Coltano). Negli anni Cinquanta si dedica al cinema e recita in diverse pellicole al fianco di attori celebri quali Totò e Ugo Tognazzi. E proprio con quest'ultimo scopre la tv nel programma Un, due tre, che gli conferisce grande notorietà. Nel 1962 si è sposato con Sandra Mondaini e con lei ha dato vita a una delle coppie inossidabili della commedia italiana. Con lei ha condotto tra gli anni Settanta e Ottanta alcuni varietà sulla Rai, tra cui Sai che ti dico?, Tante scuse, Di nuovo tante scuse, Noi... no, Io e la befana il quiz Sette e mezzo e Stasera niente di nuovo.

Obama e le mele atomiche





Maurizio Blondet   
14 aprile 2010
Obama: «Al Qaeda con l'atomica un disastro per l'intero mondo».

 
«Solo la più piccola quantità di plutonio, delle dimensioni di una mela, può uccidere o ferire centinaia di migliaia di persone innocenti. Network terroristici come al Qaeda hanno cercato di entrare in possesso di materiale per armi atomiche e se dovessero riuscirci sicuramente le userebbero. In questo caso sarebbe una catastrofe per il mondo, provocando un'enorme perdita di vite umane e segnando un duro colpo per la pace e stabilità globale».

 
Così Obama a chiusura del vertice contro la proliferazione nucleare, secondo Repubblica.

 
Ed ora leggiamo quest'altra notizia: «ISRAELI EMBASSY IN NYC A RADIATION HOT SPOT», ossia: «L'ambasciata israeliana a New York City è un punto caldo radiattivo». L'articolo in questione narra come l'antiterrorismo americano abbia condotto una prospezione aerea con elicotteri sulla città di New York per identificare eventuali fonti di contaminazione radiattiva. Ne ha scoperto un'ottantina (per lo più vecchi ammassi di rottame ferroso e un parco pubblico), ma una in particolare, molto forte: «Una forte punta di radioattività dall'area della ambasciata israeliana a Manhattan East Side».

 
Dico subito che è una notizia vecchia, del 16 ottobre 2006, riportata da giornali locali e ripresa solo dal Cleveland Indymedia Center, notiziario alternativo. Indymedia prevedeva che «il punto caldo (hot spot) radioattivo» dell'ambasciata sarebbe diventato «un punto caldo politico». La previsione non s'è avverata, il che non ci stupirà troppo: nessuno ha indagato sul come e il perchè l'ambasciata israeliana a Manhatta emanasse un così «stupefacente picco di radiazioni».

 
Può sorgere una domanda: l'ambasciata di Israele e New York cela delle mele di plutonio come quelle paventate da Obama, e che Obama chiama il mondo a mettere in sicurezza? Ovviamente i media non rispondono alla domanda. A cominciare da Repubblica e dal Corriere, si limitano a dichiarare «il successo» del presidente Obama al summit in cui ha riunito i capi di 46 Paesi, senza rilevare l'assurdità - anzi, l'insensatezza - del comunicato ufficiale che hanno copiato tal quale.

 
Anzitutto, nessuno ha rilevato che una mela di plutonio non è un oggetto che un terrorista di Al Qaeda possa mettersi in tasca per fare  «un attacco nucleare in una grande città». Il maneggio della sostanza, fissile e velenosissima, richiede complesse e costose attrezzature di sicurezza (fra cui servomeccanismi per la manipolazione a distanza) di cui, poniamo, «Al Qaeda in Somalia», «Al Qaeda in Yemen» o «Al Qaeda in Maghreb» non sembrano in grado di disporre,nè tanto meno di manovrare. Magari bisogna appuntare i sospetti su Al Qaeda in Pentagon o Al Qaeda in Dimona?

 
Come assicura Obama, «Materiale nucleare che può essere venduto o rubato e usato per armi nuclari esiste in decine di Paesi. Il rischio di un confronto nucleare tra nazioni si è affievolito, ma il rischio di un attacco nucleare è aumentato».

 
Un suo esperto di non-proliferazione, tale Robert Gallucci, ha dato manforte a questo allarme dichiarando, a margine del summit, che ritiene «probabile» che presto o tardi  i terroristi facciano detonare una bomba atomica «in qualche città da qualche parte, non necessariamente negli Stati Uniti o in Europa», ma per esempio in Pakistan. (Experts: Nuclear Terrorist Attack on Major )

 
E' per questa ragione che il presidente Obama ha riunito una cinquantina di capi di Stato, a cui ha fatto promettere che entro quattro anni metteranno in sicurezza le mele di plutonio sparse  per i loro territori, e non sorvegliate.

 
Ma come questa risoluzione possa essere vantata come un successo del presidente, non si capisce: anzitutto, si tratta di una risoluzione «non vincolante» (non-binding) per i contraenti. Non è stato precisato se l'uranio sparso per giardini e laboratori sarà conferito ad un ente sovrannazionale (quale? La AIEA? Un ente da costituire?) o i proprietari delle mele se le terranno in casa, pronti però ad esibirle alle ispezioni internazionali.

 
Ma soprattutto, l'impegno è vanificato dall'assenza di Israele, che le mele di plutonio le possiede, che non ammette di possederle, che per di più dispone di tutti i mezzi e i vettori per lanciarle nel mondo, o di depositarle all'ambasciata di New York, e che si rifiuta ad ogni ispezione.

 
Il New York Times riporta che, alla conferenza stampa di chiusura (1), «mister Obama ha deliberatamente schivato (dodged) le domande riguardanti i tentativi di strappare al Pakistan la promessa di smettere di produrre plutonio arricchito a livello militare, o di far pressione su Israele e il suo arsenale nucleare». (Obama Vows Fresh Proliferation Push as Summit Ends )

 
Israele non era nemmeno presente al vertice, per mostrare fino a che punto si infischi delle preoccupazioni di Obama. Ora, siccome basta una mela di plutonio per provocare la catastrofe per il mondo intero a cominciare da una grande città, basta che uno solo dei proprietari delle mele di plutonio si sottragga ai controlli, per rendere possibile il paventato attentato nucleare o «sporco» di grazia, potrebbero il Corriere e Repubblica spiegare in che senso ritengono il vertice di Obama «un successo»? E perchè riportano asserzioni insensate come fossero normalissime, senza provare a capire che, quando dalla Casa Bianca escono proposizioni così insensate, vogliono dire qualcosa d'altro?

 
La nostra ipotesi – che ammettiamo essere arrischiata, ma non tanto insensata come gli articoli del Corriere – è che le frasi di Obama configurino una minaccia implicita. Ci sarà un attentato atomico «in qualche grande città del mondo». L'attentato sarà sicuramente, senza alcun dubbio, compiuto dall'entità che dal 2001 in poi si conviene chiamare «Al Qaeda». E siccome «Al Qaeda» sta per «musulmani in generale», l'attentato prossimo venturo con la mela di plutonio potrà essere il pretesto per mettere in riga qualche paese musulmano, dal Pakistan all'Iran, che la lobby preme perchè siano privati dei loro impianti nucleari (2).

 

 
   Bernard Baruch
Un'altra ipotesi è che Obama stia tentando di rimettere in vigore il «Piano Baruch», liquidato nel 1946. Il finanziere, miliardario ed eminenza grigia Bernard Baruch (1870-1965), finanziatore  e consigliere di sei presidenti (da Woodrow Wilson ad Eisenhower), gestore dello sforzo bellico-industriale americano  sia nella prima che nella seconda guerra mondiale (sotto il suo comando, tutta l'economia produttiva USA fu di fatto statalizzata e soggetta ad ordinativi pubblici d'imperio), nel 1946 lanciò l'idea di creare un ente sovrannazionale (Atomic Development Authority) con pieni poteri su tutti gli sviluppi del nucleare in corso nel mondo, e «con il potere di usare la minaccia nucleare per preevenire il sorgere di altre potenze nucleari». L'ente avrebbe dovuto essere affidato a un consorzio di banchieri capeggiato dai Rotschild e dei Lazard.

 
A quel tempo, solo l'America disponeva della Bomba, e il Piano Baruch prevedeva che le fosse sottratta per darla alla finanza mondiale: il presidente Truman, che doveva la sua elezione ai soldi di Baruch, accettò e mise due  discutibili esperti, David Lilienthal (poi passato alla banca Lazard) e il segretario di Stato Dean Acheson (Yale University, Skull and Bones, e protagonista della sistemazione monetaria mondiale a Bretton Woods) a lavorare per realizzare il progetto.

 
Il  piano Baruch fu silurato da Stalin: appena l'URSS ebbe la sua Bomba, non gli andò di conferirla. Adesso che l'URSS è scomparsa, può darsi che qualcuno ritenga sia tornato il momento per sottrarre le armi atomiche agli Stati nazionali e ai governi elettivi, per darle ad una entità fatta di potenti privati, cooptati e senza volto.

 
E' il caso di ricordarselo, quando «Al Qaeda», venuta misteriosamente in possesso di una mela di plutonio, produrrà un disastro atomico in qualche grande città: un attentato abbastanza dimostrativo da indurre i governi a realizare il piano Baruch, a strappare al Pakistan le sue armi, e a bombardare l'Iran per incenerire i suoi impianti.

 

 

 
1) D'altra parte, non c'è praticamente stata una conferenza-stampa. Giornalisti e fotografi sono stati cacciati fuori «dopo due minuti», come scrive il Washington Post, che lamenta come in questa occasione «il disprezzo di Obama per i media abbia raggiunto nuove vette», persino «dando lezioni ai maggiori dittatori del mondo su come circonvenire la libera stampa». www.washingtonpost.com/wp-dyn/content/article/2010/04/13/AR2010041303067_pf.html
2) Coincidenza: proprio nelle stesse ore, Israele «ha chiesto ai suoi cittadini di uscire immediatamente dall'Egitto», se vi si trovano per affari o turismo, perchè prevede un grande attentato terroristico imminente contro l'Egitto. In questi giorni 35 mila turisti israeliani si trovano sulle coste del Mar Rosso, precisamente nel Sinai, un territorio che l'esercito israeliano occupò nel 1967, che ha dovuto restituire, ma a cui ambisce come parte del «Grande Israele». www.usatoday.com/news/world/2010-04-13-Israel-Egypt_N.htm?csp=34

 

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