Vogliamo giustizia!

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Ultimissime del giorno da ADNKRONOS

martedì 30 novembre 2010

E ora Wikileaks: ci hanno preso tutti per imbecilli


di Maurizio Barozzi
Le Lobby che controllano i mass media del pianeta e le Consorterie mondialiste che ne indirizzano le strategie di imbonimento dei cervelli, probabilmente sono oramai più che certe di avere a che fare con una massa di imbecilli, con una opinione pubblica decerebrata alla quale si può far credere ogni genere di sciocchezza.
Del resto non è forse vero che dall’11 settembre 2001 in avanti, con relativa facilità, si sono potuti coprire e mistificare, verso l’opinione pubblica mondiale, una sorta di cruenti attentati, talmente evidenti quali delle false flag, facendoli passare come opera di una fantomatica Al Qaeda?
In questo Nuovo Ordine Mondiale post caduta del muro di Berlino, non solo ci si è potuti permettere tali manipolazioni della credulità popolare, ma si è praticato anche l’utilizzo spudorato e la successiva pacifica sconfessione di menzogne, utilizzate per criminalizzare stati e nazioni sovrane che si volevano militarmente attaccare, distruggere e occupare. Il tutto come se niente fosse. Non ricordate forse la storiella che aveva terrorizzato l’America, quella dell’antrace? O le famose “armi di distruzione di massa”? Tutte favolette cotte e mangiate, pietanze utili per terrorizzare per qualche tempo le popolazioni e raggiungere certi obiettivi.
Evidentemente, con il passare del tempo, chi tira le fila di queste manipolazioni dei cervelli, si deve essere reso conto che oramai si può giocare con l’opinione pubblica, attraverso la pratica virtuale di notizie e informazioni vere o taroccate che siano, ma ammantate dal crisma dell’ufficialità, che vengono oltretutto strombazzate su tutte le fonti di informazione e quindi sottoposte a discussioni, dibatti, attacchi, invettive, censure, ecc. Tutto un clamore che in definitiva finisce per conferirgli quella patina di importanza, “verità” e autorevolezza che un minimo di riflessione dimostrerebbe che non possono avere.
Stando così le cose, a “chi di dovere”, è risultato evidente che per ricattare, spaventare e tenere sotto continua pressione governi e opinione pubblica, non è neppure più necessario mettere in atto grandi e spettacolari attentati. Tanto è consolidata la manipolazione e lo stravolgimento dei cervelli, che è sufficiente spedire qualche pacchetto, presunto esplosivo, via aerea, seguito dal solito minaccioso comunicato rivendicativo, che il gioco è fatto: per giorni e giorni nelle case della gente, dove in genere alle ore di pranzo e di cena si ascoltano i telegiornali, o sulla stessa stampa, fiumi di parole e d’inchiostro terrorizzano su queste “nuove minacce” verso l’umanità o meglio verso il cosiddetto “mondo libero”. La solita strategia del “destabilizzare per stabilizzare” (consolidare l’ordine mondiale), un tempo praticata con lo stragismo, oggi viene attuata con la ridicola minaccia delle “cartucce per stampanti” esplosive.
Ma visto che da cosa nasce cosa e alla “fantasia” non c’è mai fine, ecco l’altra più grande invenzione di questi tempi: quella della WikiLeakes.
WikiLeaks (da leak, "perdita", "fuga”, in questo caso di notizie) dovrebbe essere una presunta organizzazione a livello internazionale, un sito fondato dall’australiano Julian Assange, che riceverebbe in modo anonimo e attraverso uno studiato sistema di criptaggio, documenti, in genere diplomatici e governativi, ma non solo, spesso coperti da segreto, diffondendoli poi attraverso Internet dopo averne preannunciato la pubblicazione.
Lo scopo sbandierato da questa organizzazione che non può non avere mezzi, cervelli e risorse di una certa entità, dovrebbe essere quello di ottenere una trasparenza da parte dei governi quale garanzia di giustizia e vera democrazia (figuriamoci!).
Il solo fatto che se ne parla e se ne scrive, mentre fonti nazionali autorevoli ne denunciano i gravi pericoli per i governi, finisce ovviamente per conferire una patina di grande importanza a questa WikiLeakes.
Recentemente, come ricorderete, venne pubblicata una enorme mole di documenti che volevano dimostrare torture e stragi compiute dagli americani in Irak, ma in definitiva, ad una lettura attenta di quanto pubblicato, ne usciva fuori un forte ridimensionamento di tali nefandezze, sia nelle cifre che nelle violenze perpetrate sulla inerme popolazione irakena.
Per quanto ci compete, guarda caso, ne usciva anche fuori che in definitiva Nicola Calipari era stato ucciso non per vendetta e avvertimento da parte statunitense, ma grazie a un equivoco conseguenza di un diversivo escogitato da Al Qaeda. Inoltre la parte più sensibile dei documenti pubblicati, ovviamente, tendeva a dimostrare le ingerenze di Teheran nelle situazioni calde del medioriente, il pericolo costituito dagli Hezbollah nel Libano, ecc. Quasi un sottile invito a farla finita con i regimi di Siria e Iran visto che “ora abbiamo le prove dello loro trame” e tanto più che queste “prove” non le forniscono americani o israeliani, ma una fonte di verità indipendente che è la tanto “temuta” (dagli Usa) WikiLeaks.
Un bel giochetto, niente male. Se questo ridimensionamento delle malefatte yankee, fosse avvenuto attraverso una parziale ammissione di colpa della stessa amministrazione americana, ammesso che lo avesse potuto o voluto fare, tutti avrebbero avanzato il facile sillogismo che se gli americani ammettono dieci, vuol dire che, come minimo, hanno commesso cento.
WikiLeaks invece, spacciata come una fonte apparentemente “nemica” dei governi americani e comunque preposta a una controinformazione finalizzata a fare chiarezza, attraverso questa “clamorosa denuncia”, che comunque per i massacri e distruzioni perpetrati da anni in quelle località, era da tempo evidente, ha fatto tutti contenti e canzonati.
Ora, in questa ultima edizione di WikiLeaks, si vanno a pubblicare documenti segreti o segretati che dovrebbero mostrare alcuni aspetti nascosti della diplomazia e delle relazioni internazionali, tali dicesi, da mettere in difficoltà i governi delle rispettive nazioni chiamate in causa.
Niente di particolarmente eccezionale, a differenza di quanto i mass media vorrebbero farci credere, ma comunque sufficiente a tenere sotto scacco e ricatto i vari governi nazionali con una serie di rivelazioni più che altro da gossip, ma che riferite a importanti (e mirate) personalità e governanti possono complicarne i normali e futuri rapporti tra Stati.
E proprio in questo senso vengono fuori i veri fini e scopi di WikiLeaks, perché è facile rendersi conto che tutto questo non nasce per caso, ma è la conseguenza e la reazione alle fluttuazioni geopolitiche, a un parziale rimescolamento di alleanze e rapporti internazionali che si sta verificando negli ultimi anni. Novità e rimescolamenti che devono assolutamente essere ridimensionati a difesa di un ordine di triplici interessi relativi ai “padroni del mondo”:
1. l’interesse geopolitico degli Stati Uniti.
2. l’interesse geopolitico di Israele
3. l’interesse ideologico – finanziario del “mondialismo”.
Tre entità, solo apparentemente distinte, ma in realtà interconnesse e coinvolte in un comune cointeressenza geopolitica.
E’ oramai evidente che l’egemonia mondiale degli Stati Uniti, sempre salda da un punto di vista militare, anzi ancor più estesa attraverso i nuovi compiti della Nato e le occupazioni di spazi e risorse energetiche precedentemente preclusi (per esempio Irak e Afghanistan), è però profondamente scossa da un grave ridimensionamento economico e da una crisi di rapporti internazionali piuttosto pronunciata tali da metterne in discussione la leadership mondiale. E questo non deve accadere perchè per il “mondialismo” gli Stati Uniti, costituiscono ancora le “gambe” attraverso cui passano i progetti di dominio mondiale non ancora completati.
Israele poi, potenza di livello nucleare, raggiunta oramai da anni la sicurezza strategico militare ai suoi confini (ma non si nasconde che si vorrebbero espandere) è proiettata verso la distruzione totale di ogni “realtà” che in prospettiva futura possa costituire un pericolo per il suo imperialismo.
L’Alta Finanza mondialista, infine, sta producendo il suo massimo sforzo, attraverso le sue Lobby, Organismi e Istituzioni trans e over nazionali, indirizzato verso la completa subordinazione delle sovranità nazionali ai suoi dettami e interessi.
Ora, domandiamoci: se andiamo a ben guardare, una pubblicazione di documenti definiti “scottanti”, ma in realtà scarti e ritagli di pettegolezzi internazionali, che coinvolgono varie nazioni, definiscono con epiteti insultati e denigratori varie personalità e statisti, sostanzialmente a chi possono andare a nuocere?
Non certo agli americani, se non in lievissima percentuale, meno che mai a Israele e ancor meno alle strutture e Consorterie ombra del mondialismo.
Viceversa danneggiano invece proprio quei nuovi rapporti internazionali che si erano appena stabiliti o si stavano per stabilire e che nel rimescolamento di carte in atto, con la crescita di nuove grandi realtà geopolitiche (per esempio il ruolo della Cina, a seguire dell’India, ecc.), contribuivano a mettere in crisi proprio l’egemonia statunitense nel mondo e a cascata gli interessi di Israele e del mondialismo.
Guarda caso, per fare un esempio e venire a parlare dell’Italia, si pubblicano documenti, presunti segreti, che chiamano in causa gli accordi energetici tra Putin e il governo Berlusconi.
E lo stesso lo si fa con la Libia di Gheddafi. Proprio quelle due iniziative positive o comunque con un minimo di autonomia nazionale (accordi con Gheddafi e con Putin), conseguite da quello che, per il resto, è stato un insulso governo Berlusconi, ma che erano viste come il fumo negli occhi dagli americani.
E’ allora solo un sospetto quello che ci fa pensare che, sempre per quel che riguarda l’Italia, grazie a WikiLeakes, si è portata quella desiderata bordata contro quei progetti, che gli americani avevano rinfacciato all’Italia attraverso i canali diplomatici, ma che ora viene portata anche a livello internazionale proprio grazie alla pubblicazione di questi documenti?
Cosa sono dunque queste “rivelazioni” di WikiLeaks, se non un nuovo modo per esercitare ricatti e pressioni sui governi?
Chi danneggia veramente la “rivelazione” di documenti e notizie che dimostrano che gli americani spiano Statisti alleati e nemici e personalità dell’Onu? Gli Usa o i rispettivi “spiati” di cui vengono così messi in piazza aneddoti e aspetti poco edificanti?
Ma ancor più tutta questa pubblicistica prodotta da Wikileaks, migliaia e migliaia di documenti che nessuno leggerà mai interamente, ma che i mass media estrapolano, attraverso opportune dritte, con cognizione di causa, quelli di cui se ne deve parlare, consente a chi ne era veramente interessato, di accusare di aspetti e atti poco edificanti personaggi mirati, in genere scomodi per l’UsaIsrael.
Un lavoretto che non poteva esser fatto direttamente. Tutto il tam tam mediatico sollevato da WikiLeaks, inoltre, lascia intendere come reale e quindi ne rimarca la minaccia, la presenza di alcuni paesi arabi, quella del terrorismo islamico, insomma tutti quei leit motiv, ripetuti come un mantra, dai mass media occidentali e strombazzati dall’amministrazione americana, a cui magari poteva darsi minor credito perchè venivano denunciati da chi era interessato a sfruttarne la loro presenza, ma che ora invece, essendo indirettamente attestati, attraverso documenti prodotti da una voce “libera, anzi dicesi avversa al governo Usa, come “Wikileaks, assumono nell’inconscio collettivo una diversa dimensione.
Si è riusciti, in pratica, ad attestare quanto si voleva da sempre attestare, a veicolare idee e luoghi comuni, attraverso quella che viene spacciata come una voce libera, spregiudicata e dissidente!
Maurizio Blondet sul Sito Effedieffe afferma giustamente che tutte queste notizie non sono altro che “spazzatura”: “Scarti. Ritagli di giornale. Pettegolezzi senza uno straccio di fonte nè documentazione d’appoggio. E’ la solita disinformazione degli amici di Israele, che si possono leggere sul blog della Nirenstein”.
E Blondet elenca anche una serie di situazioni che dovrebbero dedursi da questa “spazzatura”:
La Turchia ha fornito armi ad Al Qaeda in Iraq.
Ahmadinejad è peggio di Hitler, gli emiri del Golfo pensano che sia uno squilibrato.
L’Arabia Saudita ha chiesto agli Stati Uniti di bombardare l’Iran.
Osama Bin Laden è vivo e vegeto, e dirige personalmente i terroristi suicidi e quelli che mettono le bombe a lato strada per ammazzare soldati americani.
L’Iran ha ottenuto dalla Corea del Nord dei missili «che possono colpire l’Europa.
Prima di lanciare il massacro su Gaza detto Piombo Fuso, Israele chiese invano di coordinare le posizioni con Egitto e l’Autorità Palestinese contro Hamas; data la risposta negativa, Israele, a malincuore, dovette far tutto da sé.
Insomma, dice Blondet, sono i motivi più consueti, rozzi e screditati dell’hasbara, della propaganda e disinformazione israeliana, usati per sostenere le folli strategie israeliane.
Ormai dovrebbe essere chiaro. Le centinaia di migliaia di comunicazioni riservate e diplomatiche passate a Wikileaks sono probabilmente gli scarti dell’immane apparato di intercettazione che i servizi israeliani esercitano in USA.
Fin qui Blondet, che giustamente sostiene che questo Assange, pretestuosamente criminalizzato, dicesi ricercato, accusato di varie nefandezze, in realtà non rischia niente, perchè se i servizi segreti occidentali lo avessero veramente voluto eliminare non lo avrebbe certo salvato il rifugio svedese, proprio quella Svezia dove venne assassinato Olaf Palme nel 1986 e Anna Lindht nel 2003.
Veramente strano poi questo Assange, sembra impegnato in campagne di controinformazione apparentemente anti americane, ma guarda caso va sostenendo che l’11 Settembre 2001 in America non ci fu complotto!
Come dicevamo all’inizio, le strutture del “mondialismo” e i relativi mass media, sono oramai arcisicuri di avere a che fare con una massa di imbecilli, perchè infatti, solo degli imbecilli possono ritenere che documenti veramente “segreti” e di vitale importanza possono venire in possesso di chiunque e questi poi ne può addirittura disporre come e quando crede usandoli come un arma verso le più potenti nazioni del mondo.
Siamo quindi, come al solito, in presenza di altre mistificazioni, di una gran messa in scena finalizzata a manipolare l’opinione pubblica e condizionare l’operato dei governi, quei governi e quegli Stati a cui il mondialismo, proprio di questi giorni, con il suo governo mondiale ombra, ha brutalmente ricordato che devono cedere sempre più spazi di sovranità nazionale in favore delle strutture sovranazionali (in particolare il Fondo Mondiale e la Banca Mondiale).
Per concludere, tutto è finalizzato a destabilizzare gli Stati nazionali e fargli perdere sempre più forza sul terreno della loro sovranità nazionale, ma ci hanno anche preparato uno scenario di gestione di tutto questo veramente incredibile, dove l’informazione sarà sempre più monopolio di poche Lobby e centrali, come per esempio le reti Fox News di Murdoch, e il contrappeso della critica, dell’opposizione e delle denunce, sarà monopolio di queste WikiLeaks che magari per far vedere quanto erano “cattive e pericolose” verranno prima o poi oscurate, ma altre ne spunteranno come funghi: insomma se la cantano e se la suonano da soli.
Del resto, in piccolo, non avevamo noi in Italia l’esperimento che la critica e la denuncia di fatti e misfatti si tendeva a farle svolgere a strutture private come “Striscia la Notizia” e il suo Gabibbo sponsor commerciale?

Rapporto pediatri, il web batte la tv

Rapporto pediatri, il web batte la tv
di Lorenzo Gennari

 

lunedì 29 novembre 2010
Il fatidico sorpasso di Internet ai danni della tv c'è già stato, almeno nella fascia di età tra i 12 e i 14 anni. A dirlo è il rapporto 2010 della Società italiana di pediatria sugli adolescenti
Per gli adolescenti, Internet ha già battuto la tv. A registrare la vittoria dello schermo del pc su quello della tv è il rapporto 2010 della Società italiana di pediatria sugli adolescenti. I dati raccolti dagli studiosi, utilizzando un campione di 1.300 studenti compresi nella fascia d'età tra i 12 e i 14 anni, parlano chiaro: il 17,2 per cento passa più di tre ore al giorno sul web contro il 15,3 per cento che utilizza lo stesso tempo per stare davanti alla tv.
Quest'ultimo dato è sceso di quasi 7 punti percentuali rispetto all'anno passato. L'indagine, patrocinata dal Ministero della Gioventù, sarà presentata al convegno "La società degli adolescenti" il 2 dicembre a Salsomaggiore. La notizia del sorpasso è un anteprima dei contenuti dettagliati che i pediatri divulgheranno in occasione di questo evento.
Le altre informazioni già disponibili riguardano le principali destinazioni dei click dei giovani: si tratta, come è facile intuire, dei social network;Facebook su tutti. Oltre il 67 per cento ha un profilo registrato su quello che è oggi il sito più cliccato al mondo e che rispetta il trend positivo di penetrazione anche nella fascia d'età fra i 12 e i 14 anni. L'incremento è infatti del 35% rispetto allo scorso anno. Nel 2009 aveva un profilo "solo" il 50% e nel 2008 era una esigua minoranza.
Dal punto di vista della distribuzione per genere, l'utilizzo del social network da parte del campione femminile supera di poco quello maschile: 68,7 per cento contro il 65,8 per cento. A fare le spese di un'attenzione sempre maggiore per Facebook e simili è il mondo dei blog e degli spazi online, utilizzati talvolta come diari personali, altre volte come luoghi di condivisione di esperienze tra teenager. Oggi solo il 17 per cento degli intervistati mantiene in vita il proprio blog, percentuale che nel 2009 era enormemente più alta, pari al 41,2 per cento.
Altro dato importante è quello relativo alle ragioni che spingono i giovani all'utilizzo di Internet: come conseguenza dei risultati appena esposti, in vetta alla classifica non potevano che esserci i contatti sociali che battono di gran lunga i motivi di studio. In chiave con tali risultati è il dato sulla collocazione del pc all'interno delle case, sempre più vicini alle camere da letto dei ragazzi.

CONFERENZA: L'ITALIA NEL DOPOGUERRA TRA VERITA' STORICA E VERITA' GIUDIZIARIA

Dalla Strage di Bologna all'Achille Lauro, dal DC-9 di Ustica al caso Moro; quaranta anni di misteri italiani, verità storiche mai definitivamente chiarite e verità giudiziarie controverse, oscure, pilotate, trame internazionali e intrecci geopolitici.
In tutto ciò ci condurrà l'Avvocato Valerio Cutonilli, autore del libro "Strage all'italiana" (Edizioni Trecento), nel corso della Conferenza organizzata dall'Associazione Culturale Militia - Como  presso la Sala della Circoscrizione n° 6 in Via Achille Grandi (Como). Introdurrà la serata e interagirà con il sopracitato relatore il Giornalista e Scrittore Pino De Rosa.
Appuntamento da non perdere assolutamente!
conferenza Bologna - Dicembre 31

lunedì 29 novembre 2010

Ultimo numero di “Eurasia”

eurasia

Di seguito gli aggiornamenti al sito di "Eurasia" di questa settimana (20-26 Novembre 2010):
VENERDÌ, 26 NOVEMBRE
Il Kosovo: "hub" dei traffici illeciti
Eleonora Ambrosi

Ci si chiede se si debba pensare al Kosovo come ad un debole pedone isolato nello scacchiere geopolitico europeo o piuttosto come ad un solido avamposto centrale. Se sul suo ruolo ci sono ancora pareri contrastanti, possiamo affermare con certezza che è il crimine organizzato il giocatore principale di questa partita.

GIOVEDÌ, 25 NOVEMBRE
La floscia spada della prode Gabanelli all’assalto di Finmeccanica
Emilio Ricciardi

Giappone: tecnologia e "soft power"
Alessia Chiriatti

Ogni Stato nazionale esercita il proprio potere e la propria influenza sugli altri attori internazionali attraverso due principali strategie: la prima, definita hard power, si basa sulla forza coercitiva che lo Stato pone in essere attraverso la forza militare; la seconda è invece definita soft power.
MERCOLEDÌ, 24 NOVEMBRE
Il ruolo francese nell’accerchiamento dell’Iran
Alessandro Iacobellis

L’Iran è ormai da tempo al centro di una fitta rete di tensioni geopolitiche e intrighi diplomatici.
Attualmente è Teheran il bersaglio grosso che fa gola a tutte le potenze globali, per portare la Repubblica Islamica stabilmente nel proprio campo (è il caso della Russia) o per piegarla ai propri diktat, come nel caso degli Stati Uniti.

MARTEDÌ, 23 NOVEMBRE
Iran: la Centrale di Bushehr e le imminenti trattative
Valentina Gentile
L’alimentazione della  centrale nucleare iraniana di Bushehr, e le seguenti reazioni della comunità internazionale, rappresentano solo uno degli ultimi sviluppi della lunga diatriba diplomatica riguardo il programma nucleare iraniano.

SABATO, 20 NOVEMBRE
NATO-Russia: una libera cooperazione forzata
Eleonora Ambrosi
La NATO vorrebbe che la Russia garantisca il transito attraverso il proprio territorio dei rifornimenti per le forze NATO in Afghanistan, combattendo insieme contro la droga, il terrorismo e l’immigrazione illegale.

E tanti altri articoli sono disponibili sul sito.
Le ricordiamo che è attualmente disponibile in libreria l'ultimo numero di "Eurasia" (2/2010) dedicato a l'Italia: 150 anni di una piccola grande potenza
Buona lettura!
la Redazione
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Il Wi-Fi che uccide gli alberi

Alcuni ricercatori provano gli effetti negativi degli apparecchi wireless sui vegetali. E riaccendono i dubbi sulle conseguenze per l'uomo.

[ZEUS News - www.zeusnews.com - 26-11-2010]
Il Wi-Fi uccide gli alberi Università di Wageninge
Foto via Fotolia
Uno studio olandese,non ancora pubblicato ma di cui sono noti i contenuti, sostiene le reti Wi-Fi e cellulari danneggiano gli alberi.
Secondo i dati raccolti da alcuni ricercatori dell'Università di Wageningen negli alberi delle zone urbane sono apparsi dei sintomi non ricollegabili a malattie note o infezioni virali o batteriche.
Più del 70% degli alberi mostra segni di un cattivo stato di salute, come fessure nella corteccia, perdite di linfa, decolorazioni e necrosi dei tessuti; cinque anni fa il fenomeno coinvolgeva solo il 10% degli alberi.
Di contro, nelle zone rurali tutto ciò non succede; secondo i ricercatori olandesi la colpa è dell'uso sempre più intenso dei dispositivi senza filo.
Alcuni esperimenti sembrano aver confermato questa teoria: posizionando in una stanza climatizzata per tre mesi diverse specie di piante a distanze diverse (da 50 cm a 3 m) da 6 sorgenti standard di segnali Wi-Fi sono stati rilevati sintomi di sofferenza da parte dei vegetali, tra cui la morte degli strati più esterni delle foglie.
Prima di arrivare a delle conclusioni definitive i ricercatori intendono compiere ulteriori studi, anche in vista di una conferenza su questo argomento che si terrà nel febbraio del 2011.
Da qui a chiedersi quali siano gli effetti sull'uomo - finora considerati nulli - il passo è davvero molto breve.

domenica 28 novembre 2010

Mishima, l'eterna giovinezza di un samurai


Mishima, l'eterna giovinezza di un samurai
di Marcello Veneziani - 24/11/2010
Fonte: il giornale [scheda fonte]

Quarant’anni fa moriva lo scrittore giapponese

mishima1
Le parole non bastano. Così parlò Yukio Mishima, e il 25 novembre del 1970 si uccise davanti alle telecamere col rito tradizionale del seppuku. Alle parole seguì il gesto e la scrittura debordò nella vita per compiersi nella morte. Il suicidio eroico di Mishima scosse la mia generazione, versante destro. Era il nostro Che Guevara, e sposava in capitulo mortis la letteratura e l’assoluto, l’esteta e l’eroe, il Superuomo e la Tradizione. Lasciò un brivido sui miei quindici anni. Poi diventò un mito a diciassette, quando uscì in Italia Sole e acciaio, il suo testamento spirituale. È uno di quei libri che trasforma chi lo legge; gustato riga per riga, non solo letto ma vissuto, come un libro d’istruzioni per montare la vita, pezzo per pezzo. Altro che Ikea, il pensare si riversava nell’agire. Le parole non bastano.
Andammo in palestra, dopo quel libro, tra i manubri e i pesi, sulla scia di Mishima e del suo acciaio per scolpire il corpo all’altezza dei pensieri e per dare una vita ardita a un’indole intellettuale. Correvamo a torso nudo d’inverno con alcuni pazzi amici per andare incontro al sole. Dopo una corsa di dieci chilometri c’era un ponte che era la nostra meta finale perché sembrava che corressimo verso il cielo. Arrivavamo sfiniti ma a testa alta, con uno scatto finale, e una benda rossa sulla fronte. Pazzi che eravamo, illusi di gloria. Ridicoli. Vedevamo il sole come obbiettivo, non guardavamo sotto, all’autostrada, che banalmente scorreva sotto il ponte. Eravamo nella via del Samurai, mica sull’asfalto. Inseguivamo il mito. Un mito impolitico, che ci portava lontano dall’impegno militante e ci avvicinava a quella comunità eroica che Mishima aveva fondato due anni prima di darsi la morte. Mishima diventò col tempo il nostro Pasolini, disperato cantore di un mondo antico contro il mondo moderno e le sue macerie spirituali, l’americanizzazione e i consumi. Oggi di Mishima non è più proibito parlare, tutte le sue trasgressioni restano vietate, eccetto una che però basta a glorificarlo agli occhi del nostro tempo: Mishima era omosessuale. Sposato, ma omosessuale. E così viene oggi celebrato dai media e riabilitato.
Su Radio3 è andato in onda qualche giorno fa un bel programma a lui dedicato di Antonella Ferrera. Ho scritto più volte di lui, accostandolo al Che, d’Annunzio e Pasolini. Fu grande gioia ripubblicare, con un mio saggio introduttivo, Sole e acciaio, dieci anni dopo la sua prima lettura. Avevo ventisette anni ma avevo un conto in sospeso con la mia giovinezza, e fui felice di onorarlo. Il peggior complimento che ricevetti fu da un professore che allora mi disse: è più bella la tua introduzione del testo. Mi piace ricevere elogi, non nego la vanità. Ma quell’elogio fu peggio di un insulto, disprezzava il breviario della nostra gioventù. Come poteva paragonare un saggetto giovanile e letterario a un testamento spirituale così denso e forte? L’ho riletto dopo svariati anni, quel piccolo libro; non era un libro sacro, d’accordo, ma lo trovai ancora bello e teso, spirituale e marziale.
Poi c’era Mishima romanziere, gran letterato, ma poco rispetto al testimone dell’Assoluto. Certo, Mishima soffriva di narcisismo eroico, c’era in lui una componente sadomaso e molto di quel che lui attribuiva allo spirito dell’antico Giappone imperiale proveniva in realtà dalla letteratura romantica d’occidente e dalle sue letture. Mishima era stato lo scrittore più occidentale del Giappone, era di casa in America, veniva in Italia, amava Baudelaire e d’Annunzio, Keats e Byron, perfino Oscar Wilde. Faceva il cinema, scriveva per il cinema e per il teatro moderno, amava i film di gangster, era amico di Moravia. E c’era in lui quell’intreccio di vitalismo e decadentismo comune agli esteti nostrani. La stessa voluttà del morire di d’Annunzio, lo stesso culto della bella morte degli arditi e poi di alcuni fascisti di Salò...
Ma il miracolo di Mishima fu proprio quello: ritrovare nella modernità occidentale il cuore antico del suo Giappone, il culto dell’imperatore, la via del samurai, il pazzo morire; il nostro pensiero e azione che diventano in Giappone il crisantemo e la spada. Ribelle per amor di Tradizione. Certo, dietro il suicidio non c’è solo il grido disperato e irriso verso lo spirito che muore; c’è anche il gusto del beau geste clamoroso e c’è soprattutto l’orrore della vecchiaia, del lento e indecoroso morire nei giorni, negli anni. Dietro il samurai c’era Dorian Gray. Ma colpisce la sua cerimonia d’addio, vestito di bianco come si addice al lutto in Giappone, e prima il suo congedo in scrittura. Saluto gli oggetti che vedo per l’ultima volta... Mi siedo a scrivere e so che è l’ultima volta... Poi il pranzo dai genitori alla vigilia, la ripetizione fedele delle abitudini, come se nulla dovesse accadere. E il giorno dopo conficcarsi una lama nel ventre e farsi decapitare, dopo aver gridato tra le risa dei soldati, l’occhio delle telecamere e il ronzio degli elicotteri, il suo discorso eroico caduto nel vuoto.
Quell’immagine ti resta conficcata dentro, come una spada, capisci che l’unica morale eroica è quella dell’insuccesso, pensi che il successo arrivi quando il talento di uno si mette al servizio della stupidità di molti; diffidi delle vittorie e accarezzi la nobiltà delle sconfitte. E leggi Morris e la Yourcenar che a Mishima dedicò uno splendido testo, per accompagnare con giuste letture il suo canto del cigno. Su quegli errori si fondò la vita di alcuni militanti dell’assoluto, alla ricerca di una gloria sovrumana che coincideva con la morte trionfale, la perdita di sé nel nome di una perfetta eternità... Perciò torno oggi in pellegrinaggio da Mishima e porto un fiore di loto ai suoi 45 anni spezzati, e ai nostri quindici anni spariti con lui.

Diffondere la cultura non conforme


" Per che cosa combattiamo?"
Editrice Thule Italia 2010
Pagine 232, 55 foto originali - prezzo 25,00 euro
Copertina: http://img593.imageshack.us/f/perchecosacombattiamo.jpg/
Prefazione di Maurizio Rossi
Dalla quarta di copertina:
“Pubblicato nel gennaio 1944, Wofür Kämpfen Wir? ebbe subito una rapida e capillare diffusione tra i ranghi della Wehrmacht, rivelandosi come un efficace ed interessante pubblicazione di discussione e di propaganda e ricevendo l’unanime apprezzamento da parte dei soldati impegnati al fronte. Wofür Kämpfen Wir? è un agile manuale di pedagogia politica e di analisi militante sulla natura delle forze coinvolte nel conflitto in corso. Un ricco compendio di esegesi dottrinaria nazionalsocialista rivolto ai combattenti della Wehrmacht affinché maturassero una superiore coscienza spirituale ed ideologica della loro funzione di soldati-politici della Weltanschauung nazionalsocialista. Il soldato della Wehrmacht, si legge nelle pagine del testo, combatteva per la difesa dell’integrità politica del Reich germanico, per salvaguardare la natura dell’ordinamento popolare nazionalsocialista, le conquiste del socialismo tedesco e il perpetuarsi del destino culturale e razziale della Stirpe. Combatteva per garantire un futuro di dignità e di progresso all’Europa trasformata in un campo di battaglia dalla guerra imposta dalla barbarie capitalista e comunista. A fronte delle pretese imperialistiche e guerrafondaie degli USA, dell’URSS e dell’Inghilterra, la Germania Nazionalsocialista si era orgogliosamente eretta come lo scudo difensivo dell’Europa.” Per ordini ed informazioni: thule@thule-italia.org oppure tel: 340 4948046 - http://www.thule-italia.org/
Per sostenere il lavoro della Galleria d'Arte Thule e l'Associazione Thule acquista le cartoline con le incisioni di:
Georg Sluyterman von Langeweyde (1903 - 1978) sito dedicato (D, I, F, GB) http://stromerhannes.thule-italia.org/
Biografia, incisioni, canti (possibilità di ascoltarli nel sito), disegni e dipinti di uno dei più grandi incisori tedeschi.
Disponibili cofanetti con collezione di 47 cartoline con le migliori incisioni dell'artista. Costo 20,00 euro.
Per ordini ed informazioni: thule@thule-italia.org oppure tel: 340 4948046 - http://www.thule-italia.org/
Per sostenere il lavoro della Galleria d'Arte Thule e l'Associazione Thule
acquista la ristampa anastatica artistica del portfolio
“Vom Lebensbaum deutscher Art. Bilder und Gedanken zur Rassenfrage - SS”
(Dall’albero della vita di tipo tedesco. Immagini e pensieri sulla questione razziale - SS)
contiene 12 ritratti di militi SS. Introduzione del Reichsführer SS.
Formato 43×30 cm. Costo 30,00 euro comprese spese di spedizione.
Immagine del portfolio: http://img607.imageshack.us/f/mappa2willrich.jpg/
Per ordini ed informazioni: thule@thule-italia.org  – oppure telefonare al: 340 4948046
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"Davanti al disastro, al disordine e alla disperazione che piega le ginocchia dell'occidente
ho voluto che i nostri pronipoti sappiano che qualche soldato rifiutò
di gettare le armi e di alzare le braccia."
Jean Cau "Le scuderie dell'occidente" Edizioni Volpe, 1973
Appello:
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sabato 27 novembre 2010

Noi Europei, “liberati” nel 1945 e “polli tra le fauci dei rapaci” nel 2010



EUROPA INFORMAZIONI
antonino-amato800@alice.it
Noi Europei, “liberati” nel 1945 e “polli tra le fauci dei rapaci” nel 2010
Una premessa. Io, al mio paese, passo per essere “mezzo scemo” e “mezzo matto”. Pazienza. Prendo atto che Frau Merkel (Cancelliera tedesca), Elisabetta Seconda (Regina d’Inghilterra), Nicolas Sarkozy (Presidente francese) e Silvio Berlusconi (premier italiano) sono universalmente giudicati “intelligenti”, “acculturati” e “saggi”. Io concordo con l’opinione pubblica, ma poi mi tocca notare che io vedo cose che gli “uomini sommi” non vedono. E allora.......
E allora i conti non mi tornano. Ma partiamo dall’inizio. C’è in corso una diatriba tra USA e Cina che si articola sulla seguente proposizione:
gli USA dicono: voi siete partiti da una estrema povertà e siete diventati il motore industriale del pianeta. Bene, ma perché non rivalutate la vostra moneta? Non rivalutando lo Yuan, distorcete il commercio mondiale;
la Cina risponde: noi eravamo e siamo troppi poveri rispetto a voi. Rivaluteremo lo Yuan, ma gradualmente e lentamente;
gli USA, non potendo obbligare la Cina a rivalutare lo Yuan, ricorrono alla svalutazione dello US$. Stampano miliardi di US$ che la FED presta allo Stato e alle banche locali ad interessi irrisori. Con questa operazione gli USA rischiano la “inflazione” ma impediscono “speculazioni” sul loro debito pubblico.
Si può discutere se la politica degli USA e della FED sia giusta oppure sbagliata. Ma non si può non riconoscere che gli USA si comporti come uno “Stato sovrano” e che la FED ne segue le direttive.
***
Poi Obama viene in Europa, incontra a Lisbona gli “alleati europei” e chiede loro di non fare “svalutazioni competitive”. I politici europei, se fossero “alleati”, gli risponderebbero: “Scusa, con quale faccia di negretto ammaestrato vieni a proporci di non fare svalutazioni competitive se USA e FED stanno facendo delle svalutazioni competitive?”. Ma, poiché i politici europei sono dei “sudditi fedeli” di (non fatemi dire), acconsentono e s’impegnano a non fare svalutazioni competitive.
Ne viene che mentre Cina ed USA agiscono da Stati sovrani e manovrano lo Yuan e lo US$ come ariete per imporre i loro prodotti al mondo intero, i politici europei promettono di “rispettare le regole del mercato”. Un mercato che, nella realtà; non esiste. Distorto dalle politiche aggressive della Cina e degli USA. Ed ecco la “crisi dell’Europa”: l’industria europea non può competere con le industrie cinesi e statunitensi perché “l’Euro è forte”, “lo Yuan è mantenuto debole” e “lo US$ viene reso debole”. Conseguenza: l’economia europea non tiene, calano le entrate degli Stati europei e sballano i loro bilanci.
Crolla la Grecia, crolla l’Irlanda, rischia di crollare il Portogallo e la Spagna. Poi toccherà all’Italia. In giro politici e commentatori sostengono: è colpa della speculazione. Io, invece, sostengo che è colpa delle classi dirigenti europee: politici, banchieri e commentatori più o meno brillanti. Mi spiego. Gli USA hanno un debito pubblico enorme. Eppure, sul debito, pagano interessi irrisori perché la FED stampa US$ in tipografia e compra titoli del debito pubblico USA, calmierando il mercato. Gli Europei invece, poiché sono “virtuosi”, per finanziarsi ricorrono al “mercato. Mercato nel quale ci sono tanti speculatori che puntano a lucrare interessi altissimi. E allora, colpa degli speculatori oppure colpa di una classe politica (e non sono politica) senza attributi?
Ecco: io non sono una cima né per intelligenza né per cultura. Ma a me pare che Frau Merkel, Elisabetta Seconda, Nicolas Sarkozy e Silvio Berlusconi siano dei poveri mentecatti. Che vorrebbero combattere i carri armati con una pistola ad acqua. E difatti gli USA e la FED, per fare i loro interessi, ricorrono alla tipografia; noi, invece, ricorriamo al mercato, pagando salatissimi interessi.
Così facendo, progredirà la Cina, si salveranno gli USA e noi Europei affonderemo. Felici e beati del fatto che gli USA, nel 1945, ci hanno liberato. Più che giusto che, nel 2010, ci divorino. Siamo o non siamo alleati degli USA?
Antonino Amato

venerdì 26 novembre 2010

Irlanda, si raccoglie quel che si semina

Irlanda, si raccoglie quel che si semina
di Federico Zamboni - 24/11/2010
Fonte: il ribelle


IRELAND-ECONOMY-POLITICS-PROTESTLa chiamavano “la tigre celtica”. La celebravano come un magnifico esempio di dinamismo economico. E adesso fanno finta di non capire che erano quelle, le radici del disastro attuale


Tutti a parlare del temutissimo “effetto contagio”. Tutti col fiato sospeso ad aspettare di capire chi vincerà tra la speculazione, che prospera sulle sciagure altrui, e i governi che bene o male (più male che bene) devono garantire un minimo di stabilità alle popolazioni di cui sono a capo. E via con le meste riflessioni sul pericolo incombente. Via con gli aggiornamenti “in tempo reale” sulle reazioni dei mercati internazionali, tra indici di Borsa e quotazioni dell’euro. Via con le domande angosciate: basteranno i fondi straordinari messi a disposizione dalla Ue, a salvare l’Irlanda dal default? A chi toccherà, dopo? Al Portogallo? Alla Spagna? Persino all’Italia?
Come al solito, si discute delle conseguenze e si sorvola sulle cause. Ci si augura di arginare il disastro in corso – in attesa del successivo – ma non si fa nulla per arrivare alle questioni decisive, che non sono affatto specifiche ma di portata generale. Si riepilogano le caratteristiche della singola debacle, come in un’autopsia, ma si fa finta di non capire che il punto non è compilare una scheda riepilogativa da spedire in archivio, ma evitare che in futuro ci siano altre vittime per le stesse ragioni. O per ragioni sostanzialmente affini.
Così come nel caso dei subprime e dei derivati, il crollo irlandese non è un incidente di percorso. È la logica, inevitabile conseguenza di due fattori precisi: il primo è la crescita forsennata, e palesemente “drogata” da politiche fiscali avventate, che è cominciata negli anni Novanta e che per molto tempo è stata celebrata come l’ennesimo miracolo economico da guardare con ammirazione o addirittura da prendere a modello. Bisognerebbe andare a rileggerli uno per uno, i titoli ad effetto e gli articoli pseudo tecnici che magnificavano l’ascesa, inarrestabile, di quella che era stata definita “la tigre celtica”. Bisognerebbe domandare a tutti quelli che per anni e anni si sono aggiunti al coro dei peana per quale motivo non siano stati più cauti. Ci credevano davvero, alla favoletta della crescita illimitata e ad altissima velocità? Non avevano mai avuto, guardando al passato e alla tristissima fine di altre esperienze analoghe, il dubbio che tanta rapidità non facesse, e non potesse fare, rima con solidità?
Nel febbraio 2003, ad esempio, nella “Lettera finanziaria” di Giuseppe Turani su Repubblica, si leggeva testualmente «Secondo la Banca Centrale Irlandese per i prossimi cinque anni il tasso d'incremento del Pil annuo si attesterà intorno al 4-5%. Percentuali decisamente più contenute rispetto a quelle registrate nell'ultimo decennio. Ma che comunque il resto dei Paesi del Vecchio Continente possono solo sognare».
Quanto al secondo fattore, che ovviamente è la speculazione, il silenzio è ancora più colpevole. La tendenza generale è considerarla un dato di fatto. Uno “spiacevole” effetto collaterale di quella bella, utile, irrinunciabile libertà economica che tutto regge e tutto fa crescere. Nessuno, a livello governativo, che abbia la forza di dire che la prima e vera ragione dell’instabilità non è altro che la finanziarizzazione dell’economia, che sovrappone alla ricchezza reale – fatta di cose concrete – un’immane sovrastruttura di elementi virtuali, che con la stessa facilità possono gonfiarsi a dismisura o scoppiare da un momento all’altro con effetti spaventosi.
Ottusità? Malafede? Ce lo dicano loro. In un’intervista pubblicata proprio ieri su Repubblica.it (qui) l’ex rettore della Bocconi, Roberto Ruozi, fa sfoggio di ottimismo e prova a spiegarne i motivi. Se non che, in extremis, gli scappa la più inquietante delle ammissioni: «Sarà il buon senso che ci salverà. Intanto ci sono miglioramenti oggettivi: i sistemi bancari sono oggi in uno stato di salute migliore e non credo che ricadranno negli stessi errori. Sono state salvate una volta, con costi altissimi; sanno che non ci sarebbe una seconda volta. Quindi il problema del moral hazard dovrebbe essere risolto. E io credo che questo valga anche per i comportamenti di quel gruppo abbastanza ristretto di persone che governa la finanza mondiale. Saranno 100-150 persone, quelle che contano davvero».
Incredibile: «100-150 persone», e tutto il mondo ai loro piedi. A sperare che siano ragionevoli. A sperare che si accontentino di vampirizzare l’universo a piccoli sorsi, invece di cedere alla tentazione di trangugiarne il sangue tutto in una volta.

Le nazioni europee devono cedere maggiore sovranità

Il capo del FMI: le nazioni europee devono cedere maggiore sovranità
di Philip Aldrick - 23/11/2010
Fonte: truthresearch
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Il capo del FMI ha detto che le nazioni europee devono cedere maggiore sovranità e dare maggiori poteri al centro al fine di evitare future crisi.
All’interno di quelle che possono risultare delle proposte controverse, il direttore generale del FMI Dominique Strauss-Kahn, ha invitato l’Unione Europea a spostare la responsabilità della disciplina fiscale e della riforma strutturale verso un corpo centrale che sia libero dalle influenze degli stati membri. In un discorso a Francoforte che affrontava la crisi del debito sovrano che sta inghiottendo l’Europa ancora una volta, egli ha detto:”Le ruote della cooperazione si spostano troppo lentamente. Il centro deve prendere l’iniziativa in tutte le aree chiave per raggiungere l’obiettivo comune dell’unione, specialmente nella politica finanziaria, economica e sociale. I paesi devono essere disposti a cedere maggiore autorità al centro.”
L’Europa è afflitta dalla crisi anche perché gli Stati membri ripongono troppa fiducia nelle banche e lasciano che le loro finanze pubbliche vadano fuori controllo. La Grecia è già stata salvata e l’Irlanda prevede di concordare un salvataggio di 100 miliardi di euro entro pochi giorni. E’ a rischio anche il Portogallo. Strauss-Kahn non ha nominato nessun singolo membro della zona euro, ma ha avvertito:”la crisi sovrana non è finita.” La riforma è di vitale importanza, ma, ha detto:”Le istituzioni dell’area non erano semplicemente all’altezza nel compito di gestire una crisi – anche la creazione di una soluzione temporanea si è rivelata un processo prolungato.” “Una soluzione è quella di spostare lontano dal Consiglio la principale responsabilità per l’applicazione della disciplina di bilancio e per le riforme strutturali principali. Ciò dovrebbe ridurre al minimo il rischio che i ristretti interessi nazionali interferiscano con l’effettiva attuazione delle norme comuni.”La consegna di maggiori poteri al centro porterebbe ad una maggiore perdita di sovranità per ciascuno degli Stati membri della zona euro.
La politica monetaria è già sotto controllo della Banca Centrale Europea, con i governi nazionali che mantengono il ruolo di autorità fiscali. Nelle proposte che probabilmente verranno drammatizzate nelle mani degli euroscettici nel Regno Unito e altrove, il Sig. Strauss Kahn ha raccomandato una maggiore armonizzazione fiscale e un più grande budget centrale. Ribadendo un nuovo tema comune, ha aggiunto che l’area euro ha bisogno di riequilibrarsi – con la riduzione della dipendenza dalle esportazioni da parte della Germania e la contrazione del disavanzo corrente nelle altre nazioni.Per gestire e monitorare i cambiamenti, egli ha sostenuto un più ampio budget centrale – finanziato da “strumenti più trasparenti a livello UE – come l’IVA europea o la tassazione del carbonio e dei prezzi.” Accanto a severi controlli fiscali, ha affermato che devono essere centralizzate le riforme del mercato del lavoro.
“L’area euro non può raggiungere il suo vero potenziale con un mosaico sconcertante e frammentato di mercati del lavoro”, ha detto. “Queste barriere aggravano la situazione delle divergenti fortune economiche che minacciano ad oggi l’area euro. E’ il momento di creare condizioni di parità per i lavoratori europei, in particolare nel settore della fiscalità del lavoro, nei benefici sociali e di portabilità e nella legislazione di tutela dell’occupazione.” Ha aggiunto:”L’unica risposta è una maggiore cooperazione e una maggiore integrazione.”
Versione originale:
Fonte: www.telegraph.co.uk
Link: http://www.telegraph.co.uk/finance/financetopics/financialcrisis/8146842/IMF-chief-Dominique-Strauss-Kahn-urges-leaders-to-cede-more-sovereignty-to-EU.html

giovedì 25 novembre 2010

Trasparenza, Agcom "misura" velocità Internet

Trasparenza, Agcom "misura" velocità Internet
di Lorenzo Gennari
mercoledì 24 novembre 2010
Il software per testare l'effettiva velocità delle connessioni ad Internet casalinghe è pronto per il download, ma le verifiche possono essere fatte solo in condizioni di inutilizzo del pc
Si chiama "Ne.Me.Sys" ed è il solo software di misurazione della velocità della connessione ad Internet in Italia ad avere valore legale, certificato e riconosciuto dagli operatori di accesso ad Internet. I risultati, infatti, possono essere utilizzati per la proposizione di un reclamo al proprio operatore in merito alle prestazioni della propria connessione o per recedere dal contratto secondo le regole e le tempistiche indicate.
Il test vale solo per la connessione fissa di casa, cablata (non wireless). Quindi niente verifica per le chiavette, niente verifica per le connessioni senza fili domestiche, ma nemmeno per quelle che utilizzano apparati di rete interposti tra il router e il computer che effettua la misura (basta uno switch per far rilevare al software la presenza di un host di rete indesiderato).
Purtroppo lo scenario in cui il software consente di operare (altrimenti interrompe la sua attività) è molto vicino all'inattività totale della singola postazione: vanno disattivati i programmi antivirus, i firewall e tutte quelle applicazioni che potrebbero rubare banda o risorse a Ne.Me.Sys (skype, messenger, programmi di posta o browser). Anche eventuali telefoni VoIP, sistemi tipo "powerline" (rete su linea elettrica) o Set Top Box per servizi di IpTv, devono essere disattivati o comunque non collegati al modem ADSL.
Qualora si riesca ad ottenere una misurazione, per far si che il software generi un pdf che abbia valore come elemento probatorio nei casi in cui l'utente volesse effettuare un reclamo nei confronti dell’operatore o esercitare il diritto di recesso, il test va ripetuto durante un arco temporale di 24 ore, facendo una misurazione ogni ora. Certo, Ne.Me.Sys procede automaticamente con tale cadenza, ma questo equivale a non poter utilizzare il computer per un giorno intero.
La procedura per il download, possibile solo previa registrazione, e quella per lo svolgimento della misurazione, sono ben dettagliate all'interno del sito MisuraInternet.it tramite un tutorial video e istruzioni scritte.

Dopo la casa, la fuoriserie!



articolo di giovedì 25 novembre 2010 Il Giornale indaga, Fini restituisce la Bmw
di Redazione
Dopo la casa, la fuoriserie: invece dell’auto di Stato Fini usa una berlina da 100mila euro comprata a marzo dalla già disciolta An. Gianfranco fiuta il nuovo scandalo e manda avanti Lamorte, che però fa autogol: "Da oggi la vettura torna in uso al partito". Pontone sfugge alle domande: "Non parlo..."
Gian Marco Chiocci - Massimo Malpica
Centomila euro e non passa la paura (di un nuovo scandalo). Tanto è costata l’ammiraglia iperaccessoriata acquistata nel marzo scorso, non si sa bene a quali Fini e su mandato di chi, dall’ormai disciolta An.
A quale esigenza doveva rispondere il di-partito Alleanza nazionale comprando quella Bmw 750 nera, tremila di cilindrata, a una cifra sbalorditiva, un terzo di quanto incassato dalla (s)vendita di Montecarlo, soprattutto considerata la fame di soldi di altri «eredi» del patrimonio, come per esempio il Secolo d’Italia in perenne carenza di danari?
Più indizi, come per l’affaire del Principato, tiravano in ballo direttamente il bisogno di mobilità di Gianfranco Fini. Strano «bisogno», visto che il presidente della Camera ha già in uso auto di Stato e autista. Eppure a confermare il tutto, ossia che la terza carica dello Stato andava in giro su un’auto comprata ad hoc da An (partito in liquidazione, ripetiamo, nel quale Fini ovviamente non ricopre più alcuna carica), ieri pomeriggio, è arrivato il coming out del finiano Donato Lamorte. Che poche ore dopo le telefonate del Giornale per chieder lumi sulla vicenda all’ex tesoriere Francesco Pontone (che declinava l’invito a ricordare quell’acquisto) e alla di lui segretaria Anna Molino (irreperibile in via della Scrofa), dettava alle agenzie un precipitoso tentativo di salvataggio in corner.
Preventivo e, soprattutto, non richiesto. «I solerti segugi del Giornale, di proprietà della famiglia Berlusconi, non ce ne vogliano se roviniamo il presunto scoop scandalistico cui si stanno da qualche tempo dedicando. L’autovettura di servizio utilizzata dal presidente Gianfranco Fini non è di proprietà della Camera dei deputati bensì di Alleanza nazionale, e al riguardo il Comitato di gestione dei beni del partito non ha avuto fino a oggi alcunché da obiettare». Insomma, una clamorosa ammissione, diluita cercando di accostare l’onerosissimo acquisto alle «numerose proprietà immobiliari di An utilizzate dal Pdl senza versare alcun canone di affitto». Strana obiezione: l’auto è stata comprata nuova lo scorso 11 marzo, le proprietà di An erano già nel patrimonio del disciolto partito. Sembra la solita, infelice e arronzata strategia mediatica già adottata dai finiani per arrampicarsi sugli specchi durante l’affaire immobiliare monegasco. Il bello è che, appunto, il Giornale non aveva ancora scritto una riga e già Lamorte corre a darci soddisfazione, spiegando che «poiché è doverosa la massima trasparenza, l’autovettura torna oggi stesso (per espressa volontà dell’onorevole Fini) nella disponibilità esclusiva del Comitato di gestione». Ma la trasparenza non era già doverosa a marzo scorso, quando il tesoretto di An è stato alleggerito per comprare l’inutile automobile? Se invece serviva, ed era tutto trasparente, come mai tanta fretta nel restituirla al comitato di gestione?
Proprio dal comitato di gestione, nei giorni scorsi, erano nate le prime domande su quella strana voce iscritta nei libri contabili lasciati dall’ex presidente Pontone al suo successore Franco Mugnai. A fine settembre, il nuovo comitato, procedendo allo screening dei beni mobili e immobili della futura «fondazione An», spulciando il «consuntivo» di Pontone scopre che per la modica cifra di 97.740,00 euro qualcuno poteva andarsene in giro a bordo d’una fiammante Bmw 750 benzina, «tremila di cilindrata, 240Kw di potenza, immatricolata l’11 marzo 2010, intestata ad Alleanza nazionale, via della Scrofa 39, Roma, codice fiscale 80204110581».
A che pro questa spesa, si sono chiesti i senatori Pdl ex An? Chi ha ordinato l’acquisto? Chi ha in uso quell’auto da otto mesi? Un parlamentare? Familiari, parenti o amici di un parlamentare? E come mai, come per la casa di Montercarlo dove vive il giovin Tulliani, nessuno in An sapeva nulla di questo affare a quattro ruote? Ma soprattutto, se An è sostanzialmente in liquidazione, e se il tesoro è diviso tra le due anime degli ex militanti, che senso ha comprare un’auto di rappresentanza per un partito che non rappresenta più nessuno? Inizia così la caccia alla Bmw. Per capire dove diavolo sia finita la macchina si seguono chiacchiere, soffiate, pettegolezzi. Il Giornale intercetta l’indiscrezione e si imbatte subito in Gianfranco Fini come probabile «utilizzatore finale» della bella berlina tedesca. Scopriamo infatti che l’auto, la cui targa comincia per EB54, è in effetti intestata ad An da marzo di quest’anno, e che Fini, da presidente della Camera, l’ha certamente utilizzata, pur non avendone alcun titolo.
Proprio per capirne di più abbiamo provato a parlare con la segretaria di Pontone, Anna Molino, nelle cui mani sarebbero improvvisamente tornate le chiavi, consegnate da due autisti dipendenti da An e ora appiedati. Ma la Molino è «fuori ufficio», spiegano in via della Scrofa. Pontone invece risponde al telefono, ma si trincera dietro a una serie di «non risposte» e spiega di non «poter» parlare (come leggete nell’intervista qui sotto). Parla invece «spontaneamente», come abbiamo visto, Donato Lamorte. Che conferma quanto scoperto dal Giornale. Ma non chiarisce un altro dettaglio: chi guidava quell’ammiraglia comprata con i soldi di Alleanza nazionale? Forse i due autisti - P. e L. - anche loro stipendiati dall’ex partito?
Un bell’aggravio inutile per il tesoretto della fu An: nel garage della Camera per mesi ha riposato l’ammiraglia destinata al primo inquilino di Montecitorio, e il servizio era comprensivo di chauffeur. Chissà se l’imbarazzata ironia di Lamorte è condivisa da un’altra finiana, Flavia Perina, che ha accusato il Pdl di voler chiudere i rubinetti al «suo» Secolo d’Italia. Magari quei centomila e passa euro le avrebbero fatto comodo.

mercoledì 24 novembre 2010

martedì 23 novembre 2010

Specchio delle mie brame, chi è la vajascia del reame?





EUROPA INFORMAZIONI
antonino-amato800@alice.it
Specchio delle mie brame, chi è la vajascia del reame?
Tutti i commentatori rispondono: “Mara Carfagna e/o Alessandra Mussolini”. E sbagliano. A mio parere ci si dovrebbe chiedere se la qualifica di vajascia vada attribuita a Frau Merkel (la finta massaiona tedesca) oppure ad Elisabetta Seconda (la fine ed altera Regina d’Inghilterra). E ve ne spiego il perché.
Innanzitutto una precisazione: la parola vajascia non tragga in inganno. E difatti.... E difatti Paolo Guzzanti accusò il PdL di essere una “mignottacrazia”, ma chiarì che la sua protesta era dettata dal fatto che la di lui figliola non era stata ammessa nel sodalizio. Chiedendo amareggiato: “Forse che mia figlia non merita?”. Io sorvolo sui “meriti” della Guzzanti figlia, non ammessa, e delle tante ammesse al sodalizio. Io sostengo che i politici europei, dopo la liberazione del 1945, sono tutti vajasci. E, se qualcuno si ribella, viene inesorabilmente eliminato. Uccidendolo, diffamandolo, eliminandolo dal “circuito di quelli che contano”.
Ve ne spiego i motivi attingendo alle cronache:
1. Ieri è stata salvata la Grecia. E’ per salvarla gli Stati della “Eurozona” hanno fatto ricorso al “mercato”;
2. Ieri si è deciso di salvare l’Irlanda, attingendo al “mercato”;
3. Nel bel mezzo di questi due “ieri” è circolata la notizia che la FED sta stampando miliardi di USD per sostenere il debito degli USA.
Orbene io non mi meraviglio del torpore dei popoli. Perché i popoli vengono sapientemente ingannati. E difatti oggi, 22 novembre 2010, leggo molti articoli sul “salvataggio dell’Irlanda”. Articoli nei quali si sostiene tutto e il contrario di tutto. Tranne la notizia essenziale.
***
Solo che la “notizia essenziale” non la si trova negli articoli che trattano del salvataggio dell’Irlanda ma...... nell’articolo che tratta del “Vertice NATO a Lisbona” (1). Ve la trascrivo: “Non è che nelle dichiarazioni congiunte, come quelle approvate sabato a Lisbona, non ci sia alcunché di rilevante. E’ importante, ad esempio, l’impegno a evitare politiche di svalutazioni competitive e di tassi di cambio, che non rispecchino i fondamentali dell’economia” (1).
Ecco: a Lisbona c’era Frau Merkel e c’era il Premier di Sua Maestà Britannica. Che a vedersi presentare quella proposta non hanno sputato in un occhio ad Obama, ma..... hanno convenuto. Potete voi tutti dire e sostenere che Frau Merkel e il Premier di Sua Maestà Britannica sono tanto stupidi da non capire che, mentre gli USA svalutano il loro Dollaro, chiedono agli altri di non fare “svalutazioni competitive”? Io non penso che siano stupidi, io penso che facciano i vajasci.
Viviamo dunque un momento che, mentre gli USA fanno le svalutazioni competitive, mentre gli USA si finanziano attingendo alla tipografia, gli Europei s’impegnano a non fare svalutazioni competitive e ad attingere al “mercato” pagando salatissimi interessi. Grazie ai politici per nulla interessati ai popoli europei, ma unicamente preoccupati delle loro poltrone.
***
Potreste obiettarmi: “Al vertice di Lisbona c’era anche Berlusconi e La Russa”. Vi risponderei: “Vero, anche Berlusconi e La Russa sono dei vajasci”. Ma sono vajasci anche Casini e Fini, Bersani e Di Pietro che criticano sempre “Berlusconi e il suo malgoverno”, ma si guardano bene dal contestarlo sulle cose essenziali.
E, mentre noi stiamo a chiederci “chi è la vajascia del reame”, non ci rendiamo conto che sono tutti vajasci.
Antonino Amato
(1) “Obama e la UE, che cosa resta di un patto” in “Corriere della Sera” del 22 novembre 2010, pagina 13.

Fa spettacolo e basta lo sciopero dello spettacolo

In tempo di vacche magre la categoria degli artisti chiede i medesimi finanziamenti e regalie del periodo pre-crisi.
[ZEUS News - www.zeusnews.com - 22-11-2010]
Sciopero Artisti
Con l'odierno "sciopero dello spettacolo" sembra tornato in auge il concetto espresso più di cento anni fa dal poeta bolognese Olindo Guerrini con quell'"armiamoci e partite" teso, oggi come allora, a far sopravvivere privilegi di casta, questa volta opportunamente aggiornati e travestiti da insopprimibili istanze culturali.
Sarebbe finalmente ora di distinguere tra gli artisti propriamente detti - quelli cioè riconosciuti per propri meriti acquisiti sul campo - dai 250.000 peones che oggi rivendicano ma vivono bene con poca fatica, anche perché solitamente gli spettacoli dal vivo si tengono di sera o tutt'al più nel tardo pomeriggio e quindi avanza tutta una seria di mezze giornate da dedicare ai fatti propri o, volendo, a un'altra attività.
Non può inoltre essere condivisa l'identificazione tra Cultura e Artisti, sia pure con la maiuscola, perché l'espressione artistica, anche di altissimo livello nel proprio genere, troppo spesso ben poco o nulla ha a che fare con l'Arte.
Altrimenti bisognerebbe ammettere tra gli spettacoli "artistici" anche i giochi gladiatori dell'antica Roma, oggi del resto ben sostituiti dai gladiatori del pallone o del guanto d'oro.
Ben consci di ciò, gli stessi sindacati del settore (SLC-CGIL, FISTEL-CISL, UILCOM, UNDA, FAI, FIDA e via di seguito) non coinvolgono tanto l'aspetto artistico e culturale quanto il mero aspetto monetario: così invocano aumenti, protezione, finanziamento pubblico e stabilizzazione del settore.
Gli stessi si guardano bene dal proporre che rimangano liberi professionisti gli artisti veri e propri, invocando invece l'assunzione di tutti gli altri in un apposito ente pubblico da costituire, il quale finalmente potrebbe gestire senza sprechi l'intero settore.
Evidentemente il dare a Cesare quel ch'è di Cesare suonerebbe troppo male a orecchie avvezze ad ascoltare ben altre sirene e soprattutto il tintinnìo della moneta distribuita a pioggia, indipendentemente dal valore personale e dalla validità della produzione.
Ecco allora che trova ancora buono spazio il sindacalese proprio degli anni '70, con frasi del tipo "concordare la possibilità di accedere alla attivazione di tutti gli strumenti di protezione sociale.... e politiche di riemersione per i settori della produzione culturale e dello spettacolo".
Ancora, s'invoca la creazione di un tavolo interministeriale "che coinvolga i ministeri dei Beni e attività culturali, dell'Economia, del Lavoro, del Turismo, delle Infrastrutture e delle Attività produttive, nonché l'Anci e la Conferenza Stato-Regioni, finalizzato a concretizzare quelle necessarie sinergie e semplificazioni amministrative fondamentali per la riorganizzazione del 'sistema'.
Tutti questi sono semmai temi, finalità e mezzi che dovrebbero servire a svolgere il difficile compito di traghettare la gran parte della nostra economia di sopravvivenza produttiva verso la specializzazione nel prodotto finale di qualità e verso il terziario avanzato, come avviene ormai da decenni nel resto dell'Europa.
In sostanza si assiste all'ennesimo tentativo di trasferire la ricerca di una soluzione praticabile, tenendo conto dei tempi che corrono, alla solita melina inconcludente dei "tavoli" dai quali alla fine gli invitati si possono alzare con una pesante "doggy bag" piena di bocconcini succulenti sotto il pastrano ma tuttavia lamentandosi di essere stati lasciati, loro e i loro rappresentati, a bocca asciutta.
E si potrà magari organizzare l'ennesimo sciopero generale all'insegna del "boia chi molla", senza neppure chiedersi il come e il perché l'entità del risparmio pare sia sempre in ascesa nonostante le rimesse degli immigrati e le centinaia di migliaia di posti di lavoro che continuano a restare scoperti, stando agli Uffici provinciali del lavoro.
Sarà forse perché si tratta di lavori faticosi o privi delle usuali regali e da parte dello Stato e degli Enti un tempo costituiti a tale scopo esclusivo.

lunedì 22 novembre 2010

Obama: «Mia cara, mia carissima Europa»

di Federico Zamboni - 19/11/2010
Fonte: il ribelle


obama11Prima il summit della Nato, poi i colloqui coi vertici Ue. Il presidente Usa magnifica i rapporti reciproci, ma dietro le questioni militari si stagliano i problemi dell’economia



Gli Stati Uniti annaspano e Obama anche, specialmente dopo la sconfitta più che mai annunciata alle elezioni di Midterm e l’esito a dir poco interlocutorio del G20 di Seul. Come in tutte le situazioni di debolezza, quindi, le sue attestazioni di stima e le sue profferte di (imperitura) amicizia vanno accolte con tutte le cautele del caso. Stando bene attenti a chiedersi quanto siano condizionate dalle circostanze e quanto, perciò, possano perpetuarsi nell’avvenire.
Grazie alla natura degli incontri – che si incentrano sul summit della Nato di Lisbona ma che prevedono anche un incontro tra il Presidente Usa e i vertici della Ue, il presidente del Consiglio Herman Van Rompuy e quello della Commissione José Manuel Barroso – nelle dichiarazioni della vigilia Obama mischia accortamente le questioni della difesa e quelle dell’economia. L’intento è chiaro: avvalorare l’idea che i due piani siano inscindibilmente legati, per cui alla collaborazione degli eserciti e dei servizi di intelligence si debba accompagnare una strategia comune anche in ambito produttivo e, soprattutto, finanziario.
Sul primo versante il gioco è facile. Basta agitare lo spauracchio della minaccia terroristica, sottolineando che «Al Qaeda ha ancora la capacità e l'obiettivo di attaccare l'Occidente» e aggiungendo, anche per rilanciare il progetto di scudo antimissile, che l’allarme deve essere tanto maggiore in quanto oggi esistono ordigni «più flessibili, mobili, affidabili e accurati, la cui portata è in aumento, e mette in pericolo popolazioni e territori dell’arco transatlantico».
Sul secondo, invece, l’operazione è di gran lunga più complessa. Obama mira a far credere che il rafforzamento degli Stati Uniti e quello della Ue marcino di pari passo, e lo dice apertamente: «La politica economica che stiamo applicando a Washington ha un solo obiettivo: rilanciare la crescita americana, e questo aiuterà anche voi europei». Ma essendo la cosa una palese sciocchezza, a cominciare dal deprezzamento del dollaro rispetto all’euro, non gli resta che puntellarsi con argomentazioni di altro tipo, nella più classica (e spudorata) delle “captatio benevolentiae”: «Con nessun’altra regione del mondo gli Stati Uniti hanno una tale stretta identità di valori, interessi, capacità e obiettivi. Il più importante rapporto economico del mondo, il commercio trans-atlantico, sostiene milioni di posti di lavoro negli Stati Uniti e in Europa e costituisce la base dei nostri sforzi per sostenere la ripresa economica globale».
Tolti i servi sciocchi, disseminati nei governi e nei media, non si capisce proprio chi gli possa dar retta. E infatti Federico Rampini, che lo intervista in esclusiva per Repubblica non manca di fargli la più logica delle domande: «Alcuni Paesi europei, con la Germania in testa, hanno criticato duramente la politica di creazione di liquidità adottata dalla Federal Reserve. Un euro forte rispetto al dollaro rende le nostre esportazioni meno competitive. Gli europei temono anche il ritorno a una politica del “credito facile” da parte degli Stati Uniti, la stessa politica lassista che fu tra le cause dell'ultima crisi. Lei come risponde alle nostre preoccupazioni?».
La replica merita di essere riportata per intero: «Noi lavoriamo a stretto contatto con l’Europa e i membri del G20 per assicurare una ripresa forte, equilibrata e durevole, che eviti di ricadere negli eccessi del passato. Come ho detto nella mia conferenza stampa a Seul, il “quantitative easing” (l’acquisto di titoli pubblici da parte della banca centrale, ndr) è un’azione di politica monetaria svolta dalla Federal Reserve. La banca centrale è indipendente e io non commento le sue azioni. Noi siamo concentrati su tutti gli interventi che possono promuovere la ripresa e rafforzare l'economia americana. Questo include la Federal Reserve. Un’economia americana forte è il contributo più importante che gli Stati Uniti possono dare alla ripresa globale».
In realtà è l’esatto contrario: in mancanza di una ripresa globale, peraltro assai dubbia e irta di incognite, gli Stati Uniti non hanno alcuna possibilità di risollevarsi dal disastro al quale si sono condannati da soli, a forza di bolle speculative e di consumi parossistici. Se l’Europa fosse libera, dai condizionamenti di Washington e da quelli della finanza internazionale, lo avrebbe capito da un pezzo e si regolerebbe di conseguenza.

Web, Google mette l' ABC online

Web, Google mette l'ABC online
di Lorenzo Gennari
venerdì 19 novembre 2010
Google ha pubblicato una guida al web, da sfogliare online, nel tentativo di rendere edotta tutta la popolazione che utilizza quotidianamente Internet circa il funzionamento della rete
Internet è ormai talmente entrato a far parte della nostra quotidianità che non possiamo più permetterci di ignorare tutte quelle nozioni che, in passato, sono state il linguaggio criptico degli addetti ai lavori. Per questo motivo Google ha pensato bene di pubblicare un libro dedicato a tutti, che parli del web non più come materia per informatici.
Le pagine di quello che sembra più un libro di favole per bambini, con tanto di illustrazioni colorate del celebre autore tedesco di storie per l'infanzia, Christoph Niemann, sono disponibili all'indirizzo 20thingsilearned.com. Il titolo della pubblicazione è "Le 20 cose che ho imparato sui browser e sul web" anche se in realtà, per ora è solo in lingua inglese. Il volume digitale è stato realizzato dal team di Chrome, il programma di Google per navigare nel web e fa uso dell'innovativo linguaggio Html5.
I temi trattati nel libro elettronico vanno dalla storia del protocollo su cui si basano le trasmissione dei dati (TCP/IP) su Internet alla spiegazione di cos'è un browser, un plugin o un cookie, fino ad arrivare ai concetti di indirizzo IP, DNS, malware e cloud computing.
Tutto è spiegato in un linguaggio chiaro, semplice e privo di tecnicismi. È possibile stampare e condividere il libro su Facebook, Twitter e Buzz. I capitoli sono accessibili tramite un indice sempre presente ai margini della pagina, ma è anche possibile utilizzare il motore di ricerca interno per specifici argomenti.
Se sfogliato con il browser di Google, Chrome, è possibile leggere il libro in modalità "offline". Il servizio di traduzione dei siti, offerto da Google stessa, ha però difficoltà ad interpretare l'animazione che fa da contorno ai testi, pertanto non porta a nessun risultato se non a quello di traduzioni parziali, limitate agli indici e alla prima didascalia. Di sicuro, lo staff di Google rimedierà con versioni adattate ai diversi paesi dell'opera.

domenica 21 novembre 2010

Segnidalcielo organizza uno skywatch per il 24 novembre 2010

Notizia troppo "ghiotta", impossibile non pubblicarla! 

SEGNIDALCIELO ORGANIZZA UNO SKYWATCH PER IL 24 NOVEMBRE 2010

altGentilissimi amici, gentilissimi lettori, l'Associazione culturale Segnidalcielo organizza uno Skywatch serale nella data del 24 Novembre 2010. Proprio questa data alcuni ricercatori la interpretano come evento per la nascita della nuova coscienza, per mezzo dell'intervento alieno.
Appunto per questo, molti della nostra comunità hanno avanzato l'ipotesi di osservare il cielo (tempo permettendo) nell'arco della serata del 24 Novembre, tra le ore 21 e le 24 per cercare di seguire e segnalare eventuali anomalie o avvistamenti UFO.

Quindi preghiamo tutti coloro che desiderano partecipare, di equipaggiarsi di macchina fotografica digitale, oppure semplice videocamera, in modo da riprendere e documentare il fenomeno che sarà segnalato in modo istantaneo nella chat di questo portale (o attraverso il forum). Quindi la sera del 24 Novembre prossimo, l'appuntamento è in chat alle ore 21, per poi iniziare ad effettuare lo Skywatch nazionale. Rammentiamo che la Redazione di Segnidalcielo è dotata di n° 2 Videocamere HD e due videocamere ad Infrarosso per le riprese notturne. Eventuali riprese di oggetti volanti non identificati, verranno pubblicate sul portale Segnidalcielo.it in un articolo dedicato allo Skywatch del 24/11/2010. Un cordiale saluto e arrivederci al 24/11/2010. Massimo Fratini

Eurasia rivista di studi geopolitici

eurasia

Di seguito gli aggiornamenti al sito di "Eurasia" di questa settimana (13-19 Novembre 2010):
VENERDÌ, 19 NOVEMBRE
La "special relationship" come ostacolo alla pace nel Vicino Oriente
Diego Del Priore

La lampante asimmetria delle forze in gioco nel conflitto israelo-palestinese, ed in ciò gli Stati Uniti giocano un ruolo determinante, in questo senso, e non solo a livello militare, vizia alla radice qualsiasi tentativo di pace.

GIOVEDÌ, 18 NOVEMBRE
Curili e Senkaku: Russia e Cina unite per ridimensionare le ambizioni giapponesi?
Diego Del Priore
Cina e Russia starebbero esercitando in questo frangente forti pressioni sul Giappone per ridimensionare fortemente la sua influenza nel Pacifico. Gli Stati Uniti, dal canto loro, hanno recentemente dichiarato, attraverso il segretario di stato Hillary Clinton, di riconoscere le isole Senkaku come parte integrante del territorio giapponese.
MARTEDÌ, 16 NOVEMBRE
Ahmadinejad in Libano e i legami tra Iran e Hezbollah
Roberta Mulas

Il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad ha di recente condotto una visita di Stato in Libano, la prima da quando è stato eletto nel 2005. Il 13 ottobre scorso, al suo arrivo a Beirut, Ahmadinejad è stato accolto da uno stuolo di sostenitori di Hezbollah che urlavano Kosh Amadid, “benvenuto” in persiano.
LUNEDÌ, 15 NOVEMBRE
Turchi ed europei: incompatibilità o possibile convivenza?
Alessandro Daniele
Ma è veramente “asiatica” la Turchia? Ed è davvero impossibile prospettare una stabile e proficua convivenza tra europei e turchi? Nel presente articolo si cerca di dimostrare come, in realtà, approfondendo l’argomento, non solo la geografia giochi a favore dell’ingresso della Turchia nell’Unione Europea.

Conseguenze politiche della morte di Kirchner
Alberto Buela
Non c’è da aspettarsi nulla di nuovo nella politica argentina dei prossimi anni, non c’è nulla di nuovo sull’orizzonte, ma eadem semper (più dello stesso). Se trionfano gli uni o gli altri già sappiamo a cosa attenerci e cosa aspettare.

E tanti altri articoli sono disponibili sul sito.
Le ricordiamo che è attualmente disponibile in libreria l'ultimo numero di "Eurasia" (2/2010) dedicato a l'Italia: 150 anni di una piccola grande potenza
Buona lettura!
la Redazioneinvinv
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