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giovedì 15 aprile 2010

La Rivoluzione resa impossibile.



Correva l'anno 1977, in una Italia divisa dagli odi di partito, dai nostalgismi intimati dai leader politici di destra e sinistra, una Italia dilaniata dalla violenza giovanile, indotta colpevolmente e supportata dalla impotenza ad agire dei partiti di riferimento; correva l'anno 1977 quando all'interno del MSI Generoso Simeone volle provare a concretizzare quell'aria di Alternativa di cui si sentiva forte la necessità.
Così è nato l'Hobbit! l'Hobbit?
Marco Tarchi, lucida intelligenza del tempo lo ha considerato una rivoluzione impossibile, avendone con meticolosa ricerca storico-politica analizzato gli esiti dei suoi protagonisti del tempo, ma al tempo stesso lo ha ritenuto " la
nostra concezione del mondo che si svelava" e ancora " una risposta ad un atto di autorità espressivo della mentalità di chi, malgrado tutto, comandava".
Il libro che il 23 Aprile 2010 sarà presentato a Benevento, presso la sala Vergineo del Museo del Sannio, "La rivoluzione impossibile dai campi Hobbit alla Nuova destra", curato da Marco Tarchi, traccia il sentiero decadente e definitivo di una frangia politica infelice della nostra Italia, potrebbe sembrare azzardato scrivere definitivo, eppure oltre a Tarchi le voci che si sono da tempo accorte del tracollo di una fase politica, o per alcuni versi a-politica ed esclusivamente partitica, della nostra destra, sono varie.
Si rivaluta quindi ciò che è stato, taluni con quel sentimento nostalgico e rassegnato , che accompagna le cadute , altri con quella ironia cinica di chi si è salvato in tempo per maggior lungimiranza o semplicemente per fortuna, noi giovani , anagraficamente lontani da quel periodo storico, con la rabbia di chi si è sentito tradito dalle promesse ideali dei propri padri politici.
L'Hobbit come rivoluzione quindi, l'Hobbit come trasgressione.
L'Hobbit infine come momento aggregativo, di un mondo giovanile disilluso e confuso, considerato braccio e non mente dalla casta politica, impregnato di simbologie che non potevano più comprendere, non sentendole proprie, soprattutto estraneo ad una realtà che a causa del post '68, li aveva relegati in un fortino arroccato sulla quotidianità.
Il primo campo Hobbit si tenne a Montesarchio, paesino della provincia di Benevento, secondo Tarchi la scelta non stupì, perché geograficamente vicino al luogo natio di Simeone e perché lontano dalle convulsioni antifasciste che serpeggiavano nel resto d'Italia.
Inizialmente duramente criticato dai vertici del partito , come qualcosa di nuovo e quindi di pericoloso, fu infine preda delle ghiotte mire di chi comprese quale abile strumento di assorbimento giovanile poteva divenire, a prezzo della perdita del significato profondo per cui era nato. Il primo Campo Hobbit , fu probabilmente quello che sentimentalmente trasportò maggiormente i giovani presenti, li inorgoglì, li elesse a protagonisti, tra la musica, gli slogan europei, i dibattiti e le riviste alternative, le croci celtiche al vento, quei ragazzi tornarono a credere, a pensare, ad elaborare.
Generoso Simeone dalle pagine del secolo ribadisce la sua scelta di riferirsi alla saga Tolkeniana, non come fuga dalla realtà, bensì come evasione - " ed allora guardando al futuro evochiamo dalle favole di Tolkien quelle immagini che arricchiscono la nostra fantasia ed appagano la nostra sete di contenuti." - tra l'altro di grande attualità culturale essendo stata introdotta nel 1972 da De Turris in Italia per la prima volta. Non favole ed illusioni quindi ma tentativo eroico di modificare la realtà, dalla quale non si rifugge, pur nella consapevolezza di non volerla accettare né appoggiare, la quale si analizza e studia per modificarla.
Mancò al primo Hobbit un valido seguito, tanto che il secondo campo organizzato in Abruzzo nel 1978 dal FG , nonostante le lodi della comandata stampa di partito, riuscì soltanto a riscuotere critiche e tensioni, anche da parte di chi, partecipandovi, notò il distacco e l'apatia negli atteggiamenti degli organizzatori, primo fra tutti il pupillo di Almirante, Gianfranco Fini, il baronetto che da abile condottiero pensò di lasciare in tenda i suoi seguaci e di ritirarsi in albergo lontano dagli stramazzi della "sua" comunità. Fu un insuccesso campo "Gollum".
Un insuccesso annunciato.
Il terzo ed ultimo Campo Hobbit invece , logisticamente e probabilmente teoricamente, risultò il più riuscito, organizzato sempre in Abruzzo dalla Nuova Destra, si pose l'obiettivo nobile di sdoganare la cultura neofascista dai termini di violenza, ignoranza, provvisorietà, e di assimilare temi e stili metapolitici, lontano definitivamente dal nostalgismo , che pur ebbero a rappresentare alcuni militanti in loco. A Castel Camponeschi si ebbe la sensazione che qualcosa era cambiato e non solo per i giudizi interni, quanto per la considerazione esterna dei soliti osservatori ostili.
Ad un passo dalla meta tuttavia lo choc seguito alla bomba di Bologna, macerò tutto quello che si era costruito e a marciare su quelle macerie non fu l'uomo nuovo della nuova destra, bensì il politicante carrierista prescelto, capace in breve tempo di trasformare in impossibile una rivoluzione che tanti avevano contribuito a creare.
Tarchi non rinnega la sua partecipazione ai campi, non rinnega i suoi sogni "puri" dei vent'anni, non lo ha fatto nelle interviste e nei libri scritti dopo la conclusione della sua esperienza politica nella Nuova Destra, non lo fa nell'ultimo saggio; Tarchi sottolinea soltanto la delusione bruciante di colui che non arriva al traguardo per un attimo e di chi da quella delusione apprende le armi del cinismo e del distacco nel parlare e nel ripensare a quei momenti, di chi sceglie la metapolitica come unica via, ancora pura.
Un distacco che conserva perfettamente nelle pagine di attacco e critica ad una classe politica, certo non nata dall'esperienza degli Hobbit, come a qualcuno farebbe comodo credere, piuttosto da scelte altre , lontane dalle prime, per stile, per ideale, per consistenza politica, per progettualità, per creatività.
Così mentre una destra esausta ed esangue rispolvera temi e slogan che aveva da tempo accantonato, per "fare futuro" almeno nel nome, c'è chi non ha bisogno di mettere una pietra tombale delle convenienze sui sogni coltivati a vent'anni, chi può scrivere un libro riguardante la propria storia politica senza dover giustificare nulla di fronte agli altri né a se stessi, chi può ritenere impossibile una rivoluzione, perchè gli uomini, i tempi forse ,non erano quelli giusti.




Marina Simeone

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