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sabato 3 luglio 2010

Hanno fatto più le vuvuzelas di de Gobineau



Il Ghana se n'è andato alla roulette dei rigori; dove contano i nervi saldi e il sangue freddo.
Che se ne andasse lo si era capito già un attimo prima quando, a tempo scaduto, aveva usufruito del penalty vincente per un salvataggio con la mano sulla linea dell'attaccante uruguagio Suarez ma l'aveva sprecato perché l'ansia aveva prevalso e si era impadronita del cecchino mancato.
Non ci sono dunque africane nell'élite del calcio mondiale; il trionfo annunciato nella prima del Continente Nero non ha avuto luogo. Ma c'è di più: la perla nera della contrapartheid, la Francia politicizzata e rigorosamente africana del mondialismo banlieusard, è stata spazzata via dalle sue stesse contraddizioni e, come risultati, sulle trentadue in gara ha fatto meglio del solo Camerun.
Questo mondiale all'insegna dei Costanzo di tutto il globo doveva lanciare l'immagine africana e soprattutto quella cosmopolita dei globetrotters, quella cui Fini vorrebbe destinare la maglia azzurra.
Tutto era a punto per questo scopo, ma  ha avuto invece un esito ben differente.
La retorica ostentata e il tentativo costante di presentare un'immagine festosa e piacevole della folla sudafricana, oltretutto stonato con l'effettivo sentimento popolare locale che si leggeva immancabilmente negli occhi e sulle labbra dei poor desesperate blacks, ha avuto un effetto boomerang.
Peggio han fatto le vuvuzelas che hanno servito la causa del più primario dei razzismi biologici di quanto abbiano mai fatto nel tempo le teorie di de Gobineau.
Non so se avete ascoltato in questi giorni la gente nei bar, nei pub, nei treni; io di affermazioni razziste così chiare e incondizionate non ne avevo sentite  mai.
Poi ci si è messo il pallone, che non a caso è tondo, e quindi in armonia con impulsi celestiali.
Il mondiale che avrebbe dovuto essere quello del progressismo multirazzista – detto multirazziale – quello del riscatto anti-colonialista e terzomondista, ha visto procedere, spesso sorprendentemente, le nazionali di quei Paesi che, quando l'apartheid era in vigore, avevano sostenuto e accolto gli sconfitti, quelli del Mito della Razza (che non è propriamente ciò che oggi definiamo razzismo), comunque marchiati come criminali di guerra. Dalla loro Patria, la Germania, a quelle di accoglienza: Argentina, Brasile, Uruguay, Paraguay e Spagna. L'unica nazionale di un Paese ostile rimasta in lizza , l'Olanda, è quella dei Boeri, degli Afrikaners: insomma quella dei bianchi contro cui si era celebrato il rito della Fifa blatteriana che per consegnare la Coppa ai padroni di casa aveva irregolarmente fatto ricorso a Vieira con una chiara e conclamata logica discriminante di colore di pelle.
L'Olanda che batte ed elimina il Brasile è impensabile se non si ipotizza l'intervento del Genius Loci che riconosce i suoi figli.
La palla è rotonda ma alla fine va dove deve andare.
Se fosse stato costruito un immaginario diverso, forse  non si sarebbe ribellata con  tale selettiva, geometrica, regolarità. Ma così non è stato. A chi punta il dito contro la segregazione, però fornendo come soluzione un inferno addirittura peggiore, definito integrazione; a chi anziché trovare alternative praticabili, fondate sul buon senso e sulla difesa di ogni cultura, di ogni etnia, di ogni storia, propone fallimenti contronatura e li sostiene con sensi di colpa e inviti al masochismo, il pallone non poteva che ribellarsi.
Si possono avvelenare e dominare le menti umane ma non ciò che è naturale.
Impareranno la lezione gli uomini?  La smetteranno di complottare e di apparecchiare merende di filtri e pozioni gli apprendisti stregoni? 
Speriamolo: perché se è vero che l'Europa è al di sopra, molto molto al di sopra, degli stereotipi cui la vorrebbe inchiodare la patologia delle oligarchie avvizzite e perfide, è anche vero che l'Africa non meritava il trattamento che le è stato riservato né di subire gli effetti reattivi di questo spettacolo riuscito malissimo. 
Africa Addio, intanto: e come aveva capito tutto, fin d'allora, Gualtiero Jacopetti!


da http://www.noreporter.org/

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