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lunedì 28 marzo 2011

Se l’occidente si crede Dio

di Massimo Fini - 27/03/2011
Fonte: Massimo Fini [scheda fonte]
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Nei bei tempi andati le Potenze quando volevano una cosa mandavano le cannoniere e se la prendevano. Era un metodo brutale ma, almeno, intellettualmente onesto. Oggi noi ci vergogniamo di fare la guerra. Naturalmente le guerre si fanno lo stesso, perché sono parte della storia dell’uomo, ma con cattiva coscienza pensando di salvarsi l’anima chiamandole con altri nomi: operazioni di polizia internazionale, di “peace keeping”, missioni in difesa dei “diritti umani”.
Con i “diritti umani” nell’Occidente liberale, democratico, illuminista, non si scherza. In nome loro siamo disposti a fare delle vere carneficine. Siamo i nuovi Robin Hood, cavalieri senza macchia e senza paura che difendono i Deboli contro i Forti, il Bene contro il Male che per noi è sempre Assoluto e non può avere dalla sua ragione alcuna. L’Occidente si è sostituito a Dio e amministra la Giustizia Universale, attraverso una sua polizia internazionale chiamata Nato alla cui testa c’è un Paese dalla morale specchiatissima, il vero faro della “cultura superiore”, l’unico ad aver sganciato l’Atomica, il solo ad avere praticato, in tempi moderni, la schiavitù, scomparsa dall’epoca romana, che ha avuto fino a mezzo secolo fa l’apartheid, che nel dopoguerra si è reso protagonista, secondo un conteggio di Gore Vidal, di 166 attacchi ad altri Stati non motivati da aggressioni nei suoi confronti, che ha 66 basi militari in 19 Paesi del mondo (senza contare quelle dell’Alleanza Atlantica, che son poi ancora basi Usa) e la cui storia è cominciata con un genocidio, anche a base di “armi chimiche” (whisky) su un popolo praticamente inerme (Winchester contro frecce).
In Serbia, in nome dei “diritti umani”, si fecero 5500 vittime civili, di cui 500 erano albanesi cioè quelli che si intendeva difendere, si è perpetrata (dopo quella del presidente croato Tudjman, nostro alleato: 800 mila serbi cacciati in un solo giorno dalle krajne) la più grande “pulizia etnica” dei Balcani: dei 360 mila serbi che vivevano in Kosovo ne sono rimasti solo 60 mila. In compenso c’è la più grande base americana del mondo. Ma questo era solo l’esordio dei “diritti umani”. In Iraq l’intervento americano ha provocato 170 mila morti, infinitamente di più di quanti ne avesse fatti Saddam Hussein in decenni di satrapia (il calcolo è stato fatto, molto semplicemente, da una rivista medica inglese confrontando i decessi dell’era Saddam con gli anni dell’intervento americano). Ma non è finita perché, acquisito l’Iraq come neoprotettorato Usa, si è innescata una feroce guerra civile fra sciiti e sunniti con decine e a volte centinaia di morti quasi ogni giorno, divenuti cosa così abituale che la stampa occidentale non ne dà più notizia, a meno che non venga accoppato qualche cristiano e allora ci sono le geremiadi del Papa che non ha mai speso una parola, dicansi una, per le vittime civili, adulti maschi, vecchi, donne, bambini, provocate dai bombardamenti Nato in Afghanistan.
Recita un rapporto Onu del 2009: «La maggioranza delle vittime civili (circa 60 mila, ndr) è causata dai bombardamenti della Nato». Perché i difensori dei “diritti umani”, i cavalieri senza macchia e senza paura, non hanno nemmeno più il coraggio di combattere. «Se potessi» ha detto Barack Obama «manderei in Afghanistan solo i robot, per risparmiare la vita dei nostri soldati». E gli afgani? E i Talebani? Non sono uomini propriamente detti, non appartengono alla “cultura superiore”. Ma il combattente che non combatte, approfittando della sua enorme superiorità tecnologica, perde ogni legittimità. In Afghanistan come in Libia.

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