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lunedì 7 febbraio 2011

Il perche’ di una copertina

disintegrazione - Copia1[1]


Scrivo questi appunti esplicativi, sollecitato da Francesco Ingravalle, curatore della recente edizione de La disintegrazione del sistema, sulla cui copertina compare la mia composizione denominata “Omaggio a Scrjabin”.
Scrjabin dis-integra la composizione musicale ereditata dalla tradizione russa di fine ‘800. In lui agiscono pure le suggestioni, suscitate anche dalle relative formulazioni filosofico-estetiche e teorico-musicali, dell’ultima grande musica germanica (di Wagner, Brahms, Liszt).
La dis-integrazioni viene perseguita dal Russo con coerenza tenace e totale. Armonia, tonalità, contrappunto, forme classiche come sonata e preludio, vengono frantumate in vista di un ‘fine’ lucidamente presentito dall’Autore: la ricomposizione e reintegrazione di tali elementi entro un’opera musicale destinata, più che a risultare espressione meramente psicologica e sentimentale, a scandire fasi liturgiche, a disegnare un rito ‘pontificale’ verso il trascendente – una platonica configurazione, insomma, “entro forme dell’ordine divino, del Tutto”. Seguendo un itinerario in parte presente nello stesso Wagner (con differente intensità e, forse, in Wagner con minore profondità), nel compiere questo tentativo davvero ‘prometeico’ Scrjabin integra nella propria musica anche le altre arti: poesia, pittura, architettura (non ultime le arti dei colori e dei profumi). Egli tende a cogliere attraverso di essa l’originario in una effettiva rinascita, senza lasciarsi sedurre, come molti suoi contemporanei, da proposizioni di una estetica decadente che debbono, necessariamente, sfociare nell’informe e nel Caos. Non si dimentichi, infatti, che Scrjabin, oltre che cultore di esoterismo e di teosofia, fu attentissimo lettor di Schopenhauer e di Nietzsche, in particolare dell’ultimo Nietzsche.
Agli apostoli della modernità, ossia della momentaneità, oltre che ai cultori del romanticismo musicale, la disintegrazione musicale di Scrjabin (si ascolti, a esempio, la sua Sonata per pianoforte n. 9) può apparire esito pauroso, terribile regressione nel Caos – e bizzarro innesto di nuove suggestioni, quali la luce colorata e i profumi. In realtà, essa è coraggioso (eroico, forse) inizio, ascensione e re-integrazione nel grande Ordine: si ascoltino, per percepirne la volontà, la Sonata per pianoforte n. 10, o il Poema divino (Terza sinfonia), oppure il Prometeo.
Al termine di queste succinte notazioni, appare quindi chiara la mia intenzione di costituire, mediante le linee e i colori di ‘Omaggio a Scrjabin’ che campeggiano sulla copertina de La disintegrazione del sistema, una coerente introduzione illustrativa a quest’opera di Freda del 1969. (1)
Curzio Vivarelli
(1)Non sarà inutile ricordare come, in Italia, grande ammiratore di Scrjabin fu Gabriele D’Annunzio, il quale nel Notturno dedica magnifiche righe al compositore russo; e come lo stesso Julius Evola, in Cavalcare la tigre, riproponga l’opera di Scrjabin al lettore “non spezzato”.

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