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venerdì 6 agosto 2010

Siore e siori: Spadofini!

Siore e siori: Spadofini!
SCRITTO DA GABRIELE ADINOLFI   
MERCOLEDÌ 04 AGOSTO 2010 08:57
alt  Mosse in vista del putsch bianco
Fini e i suoi si smarcano dalla maggioranza.


Provano a farlo all'italiana, alla chetichella,
secondo la lezione per cui c'è sempre prima un 
25 luglio e solo poi un 8 settembre.
Le decisioni secche non si confanno all'italiota.
L'idea è quella di fare intanto balenare la 
costituzione di un terzo polo, centrista, dove 
i Fel-lones si ritrovano con i peones di Casini,
i voltagabbana di Rutelli e i capataz dell'Mpa e 
coraggiosamente, tutti insieme, si astengono dal 
voto su Caliendo. Il che significa di fatto non 
sfiduciare la maggioranza pur allontanandovisi.
L'unica mossa politicamente intelligente dei 
congiurati, se si volevano avviati a rappresentare 
un'alternativa interna alla maggioranza che puntasse
a ribaltarne la leadership, sarebbe stata  di votare 
comunque, per ora, a favore del Pdl. Così invece 
aprono le ostilità avventuristicamente.

Di che ostilità si tratta? A meno che il Waiter 
de noantri non sia al corrente di qualche dirompente 
manovra sotterranea coordinata da un soviet di giudici 
ed editori per scompaginare l'équipe di governo 
e promuovere un governissimo putschista, o non abbia 
avuto sentore di omicidi programmati del premier 
(il che non ci stupirebbe), la scelta è peregrina.
Nel mezzo non c'è spazio reale. Perché in prospettiva,
un grande centro, correndo da solo, può anche superare 
la barra del 10% ma il Pdl e la Lega, ferme restando 
così le cose, continuerebbero a prevalere comunque 
sulla sinistra; ma anche nel caso opposto il grande 
centro sarebbe fuori gioco; sicché i centristi, con la
legge attuale, non avrebbero un ruolo né altro futuro 
che la ruota di scorta esclusa da ogni governo possibile.
Se invece si stesse intessendo una trama di alternativa
moderata, con un candidato premier stile Montezemolo e 
la partecipazione delle sinistre alla  coalizione, i 
“centristi” tutti insieme, con tutto il loro voto 
clientelare, correndo  con Pd e soci, non 
raggranellerebbero neppure un quattro per cento, 
mentre le astensioni di sinistra crescerebbero e il 
centrodestra vincerebbe ancora, e Fini, se sconfitto in 
questo schieramento, non avrebbe davvero più arte né parte.

Poiché il leader dei  neocentristi della Scrofa non è un 
imbecille, e soprattutto visto che i suoi fratelli sanno 
sicuramente consigliarlo, la spiegazione è per forza da 
cercarsi in una logica extra-parlamentare.
Fini conta sul putsch bianco e, intanto, non perde occasione 
per mostrarsi per quello che vuol essere: il continuatore 
dell'azionismo, l'erede di Spadolini e colui che possa 
ricoprire lo spazio lasciato vuoto dai radicali. Sono questi 
i suoi modelli, le sue vocazioni che, anche simbolicamente, 
lessicalmente e ideologicamente (laicismo sì, ma di evidente 
taglio massonico) rappresentano proprio  quegli spazi 
cerniera di potere delegato e servile cui l'ex presidente di 
An ambisce sfacciatamente.
Non perde quindi occasione non per cercare soluzioni 
strategiche ma per dare segnali della sua totale 
disponibilità a ricoprire il ruolo di ras africano, 
di rappresentante doc degli interessi dei poteri forti 
anti-italiani. Massima disponibilità, pur suicida, a far 
saltare le riforme populiste e a stringere i bulloni 
stranieri e clientelari sui polsi italici e le italiche 
caviglie. Ciò non ha una vera e propria prospettiva politica, 
in quanto la scelta fatta non contiene né dinamica, 
né spazio né luoghi concreti di sponda, ma i  signori che 
osservano Fini sapranno comunque ricompensarlo del sacrificio.

Per ora la partita se la sta giocando così e per quel che lo 
riguarda fa anche bene, ma i suoi soldatini, mossi e 
sacrificati come pedoni, offrono un'immagine alquanto 
imbarazzante e fanno anche un po' pena. 
Anche se qualcuno, tipo Barbareschi, sembra saperla lunga e 
avere le entrature giuste, forse per eredità paterna.
Comunque sia, una dozzina dei Fel-lones è  avviata a far 
carriera come lift del Palazzo.
Degli altri Fini dirà “chi se ne frega”. Del fascismo che 
incontrò casualmente un dì e su cui si è costruito una 
carriera lunga una vita, gli sarà rimasto impresso almeno il 
motto, anche se evidentemente lo ha inteso alla rovescia. 
D'altronde i segni inversi e le inversioni valoriali sembrano 
calzare come guanti al personaggio.

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