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sabato 10 novembre 2012

LA PERSISTENZA DELLA DISINTEGRAZIONE

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All’attenzione di Franco Giorgio Freda.

Caro Editore, questo scritto non vuole essere un divertissement manieristico con annessa richiesta di pubblicazione; né vorrebbe nascondere una qualche forma di captatio benevolentiae che, fatta al maestro del “cattiverio”, suonerebbe alquanto ridicola. Possa essere questo mio, piuttosto, un esercizio privo di finalismi, certo, ma ricco di volontà.

Parlare di una qualche attualità della Disintegrazione del Sistema suona inutile; può essere uno dei testi essenziali del pensiero inattuale considerato il suo contrario? Ossia, attuale? Inoltre risulterebbe irrispettoso e banale: fioccano, nell’editoria specializzata, i continui richiami all’attualità di quello o di questo pensiero, di quello o di quell’altro autore. Segno che le idee, oggi, siano considerate merce usa e getta, merce prêt-à-porter, merce di una moda stanca e morente sul proprio letto decorato con motivo vintage.

Persistenza, mi è parsa dunque la parola adeguata. Continuità nello stare, fermo, ritto, nelle proprie convinzioni. La prospettiva muta, offrendo un’immagine adatta al mio scopo. Oggi, per contro, si direbbe “star fermo sulle proprie convinzioni”, con ciò ad indicare l’utilitarismo moderno dei concetti. Si vive su di essi, sopra essi, calpestandoli, non per essi e per forma di essi. Tuttavia la persistenza non va riferita alla sola figura dell’Autore della Disintegrazione. La persistenza è anche la resistenza, rafforzata da se stessa, del Sistema borghese a quarant’anni di distanza dalla stesura del testo in questione.

Esso dunque persiste, o meglio, permane, trionfante, accumulando vittorie. Ed è un fatto incredibilmente paradossale, poiché il Sistema borghese che oggi globalizza il proprio dominio, la fa dopo aver gettato apertamente la maschera e aver confermato così tutte le intuizioni decadentiste presenti nel novecentesco “sentire” del Tramonto occidentale. Il nulla avanza non dovendosi nemmeno preoccupare di mascherare con una qualche balla funzionalista – sia essa la libertà, il diritto, la pace sociale – la propria devozione a Mammona.

Dunque, se persiste il Sistema, persiste anche l’idea della sua de-articolazione. Quest’ultima resta in Cielo, quale con-siderazione controdecadente, quale perfezione, quale idea di Vero Stato. Ma, se voluta, persiste fra noi quale pratica, non solo letteraria, di opposizione? Ecco il tarlo che picchietta.

Sulla volontà, perciò, occorre fare una riflessione. L’Autore della Disintegrazione aveva colto nel nichilismo l’ultima grande possibilità di accelerazione della crisi del moderno; il ’68 si presentava, forse, come l’ultima tappa di quell’affanno borghese che le rivoluzioni nazifasciste e socialiste avevano saputo cavalcare. La faglia era colmabile, ancora, con volontà e radicalismo. Destra e Sinistra, tuttavia, scelsero di collaborare con il capitale, per convenienza, attraverso il piano della dialettica liberale. Scuola di Francoforte da un lato e moderatismo occidentalista dall’altro uccisero così le ultime speranze di salvare un qualche dominio politico e pubblico dall’universalismo del denaro.

Fu la scelta dialettica a svendere alla modernità quella possibilità di nietzscheana trasvalutazione dei valori che Evola scelse quale nucleo portante di Cavalcare la Tigre e che Franco Giorgio Freda volle e seppe portare a prassi politica.

Tutto ciò in un cornice nella quale: fascismo ed antifascismo combattevano una guerra civile non sopita; il boom economico non lasciava dubbi sulla sorte progressiva dell’umanità; la democrazia occidentale pareva, nella suo ciclo biologico, appena nata. Tutto ciò fa ben comprendere il sovraumano sforzo dell’Autore della Disintegrazione e la sua straordinaria preveggenza.

Oggi che fascismo ed antifascismo sono scomparsi, che l’oligarchia usurocratica mostra il proprio potere e che la democrazia mostra il suo vero volto oclocratico, la Disintegrazione del Sistema appare cosa diversa dal semplice “pensiero frediano”, da inquadrare si, da recensire si, da ricordare si, ma senza alcun atto di responsabilità, ossia di accettazione; al contrario, oggi la Disintegrazione del Sistema si conferma scelta obbligata per chiunque non si sia fatto travolgere dalla passività del nulla. E’, forse questa, Editore, la risposta al tarlo di cui sopra?

Esso suggerisce di stuzzicare questa gioventù affamata e insultata, ma libera, che sorte!, dai legacci razionali di mamma dialettica e dal cappio morale di papà Stato, tuttavia assuefatta alla tanto odiata alienazione mercatista e spaurita da parole come, eccoci qui, volontà; viene voglia di punzecchiare, per svegliarla, soprattutto quella parte di gioventù non ancora deceduta, di certo in coma, intelligente  si, ma tutta timidina nella sua apolitia passiva (ah, forse non intendeva questo il Maestro Evola!), tutta tronfia nel nostalgismo dell’estremismo dialettico e della certezza del Diritto. Perché, in fondo, ai bamboccioni, non interessa altro che trovar belle parole per essere sgridati e sgridati ancora dal gene borghese in essi montante.

Che bello, invece, arrivare alla soglia dei trent’anni ed esser più radicale del sé diciassettenne: non avere scadenze a termine. Cercare coerenza nell’innocenza del divenire. Desiderare e volere la Proprietà pubblica, la Banca di Stato, la Programmazione dei Consumi, l’Educazione, la Milizia e la Giustizia popolare, la Denuncia della Nato. Non come un gioco dialettico per nuove e antiche destre. Ma appunto come un de-siderio. Qualcosa che viene dal Cielo.

Sta qui la differenza fra estremismo e radicalismo: nella comprensione che il nichilismo è la tappa obbligata per la sua sconfitta. Una comprensione scomoda quanto la verità del Sileno, ma che oggi, per la sola legge oggettiva dell’uomo, la decadenza, appare anche l’unica afferrabile. “Nulla esiste, tutto è permesso”.

L’auspicio è che sempre più giovani, annoiati dallo spirito cascaticcio della noia, leggano e rileggano la Disintegrazione: che abbandonino ogni estremismo e moderatismo dialettico, per creare qualcosa di radicale, di vitale, di adatto ai tempi. Sono ‘anni della decisione’, Editore, o almeno vien voglia che lo diventino. Che, appunto, giungano a noia la propaganda, il proselitismo, le identità, l’Europa delle patrie, il Terzo mondo, l’Occidente, la conta e la questua. Che la Disintegrazione sia ancora, mi permetto, il nostro rinnovato manifesto.

Sursum Corda Editore,  

Giacomo Petrella

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Franco G. Freda. La disintegrazione del sistema. A cura di Francesco Ingravalle. V edizione, 2010. Pp. 182 + una illustrazione di Curzio Vivarelli: Omaggio a Franco Giorgio Freda. Indice: La disintegrazione del sistema (contiene anche gli scritti, non presenti nella precedente edizione: ‘Intorno al terrorismo dei minimi termini’ e ‘Appunto intorno all’idea del mondo di Moeller van den Bruck’); alienazioni e prospettive; per un radicalismo di Destra: ‘Cavalcare la tigre’; “Le fascisme, notre mal du siècle”; Gruppo tradizionalista di Ar; manifesto dell’Argo; l’Ordine di Sparta; il vero Stato secondo Platone; due lettere controcorrente; risguardo; Ordine dei Ranghi; il cattiverio e le beatitudini; lettera a un commilitone; la rievocazione di un Autore. Corollario: Spinozismo di destra, spinozismo di sinistra (Piero di Vona); un comunismo ‘dorico’ (Francesco Ingravalle); un libro ‘imperdonabile’ (Anna K. Valerio). Appendice: Su ‘La disintegrazione del sistema’ (Roberto Melchionda). Indice dei nomi. Exergo (Dudù). Edizionid di Ar. Euro 15,00

Per ordinazioni: info@libreriaar.com

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