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mercoledì 27 giugno 2012

Tempo di montagna, tempo di letture, tempo di offerte

 

Nicolaj K. Roerich. IN EXCELSIS. I VALICHI DEL CIELO
Edizione in 250 esemplari; 237 illustrazioni a colori su carta patinata lucida gr. 115; copertina cartonata con rivestimento in tela e impressioni in oro sul piatto anteriore e sul dorso; sovracopertina a colori su carta patinata plastificata di gr. 170, formato: 25x17; Edizioni di Ar, 2011. Euro 60,00

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I valichi del cielo nei dipinti del grande Nicolaj Roerich.
Questo testo raccoglie le meravigliose vedute himalayane del celebre artista russo Nicolaj Roerich, molto ammirato da un maestro dell’alpinismo come Domenico Rudatis. Roerich fece della montagna il suo ‘centro’. Chi sfogli questo volume si accorgerà che il tema è sempre quello – il miracolo, il prodigio, l’altezza sovrana – dalla prima all’ultima pagina. Ora si aggiunge una nuvola violacea, ora le cime lampeggiano del bianco dell’alba, ora si sta preparando un turbine di neve, ora si schiude, incantato tra i ghiacci, un lago alpino. E il Roerich pittore è lì, assorto. Non ha altra mira che catturare l’anima delle vette – del miracolo, del prodigio –, e sa che per fare questo occorre abbandonare vezzi e opinioni e diventare solo lo specchio che riflette, il pennello che ripete quella nuvola violacea, quel turbine di neve, quel lago dolente che rivelano per contrasto la sovrana immutabilità delle vette.
“Quella di Nicolaj Roerich è un’arte delle altezze nevose e rarefatte, là dove la sensibilità e l’aria stessa si smaterializzano e danno ad ogni momento il senso della trasparenza e del silenzio montano. Quasi in modo costante, nei suoi paesaggi vediamo intromettersi il mito e il simbolo; figure di asceti in contemplazione, e fuochi di magia, e forme di idoli ed apparizioni elementari, trasformazioni di ombre, e riverberi strani di luci – immateriali, ‘interne’ – scaturiscono nei suoi quadri sullo sfondo di mari costituiti da valli e alpi, alpi su alpi, come onde successive, senza sosta, senza termine.”
Nikolaj K. Roerich (1874-1947) passò la vita a sedurre le Muse. Una dopo l’altra gli si concessero: fu scrittore, anzi, poeta, pittore meraviglioso, scenografo per Stravinsky, archeologo. Dalla Russia ellenica e bizantina, in rosso blu e oro, mosse verso l’America e poi, infine, ascese al Tibet, cercando “i sacri segni”. La sua erranza non fu mai una vagabondare ma un assiduo e tenace puntare “i sacri segni”. Le ceneri del grande artista sono sparse là, sull’Himalaya, tra i valichi del cielo.
In omaggio, ordinando il testo di Nicolaj K. Roerich:

"Il regno perduto. Appunti sul simbolismo tradizionale della Montagna". Edizioni di Ar. Euro 12,00
Diverse voci si confrontano a proposito del simbolismo della montagna. Dipinta come madre dei segreti che conducono all’alto, al trascendente, la vetta è la matrice di ogni considerazione di ordine gerarchico (verticale, appunto) e dell’innato bisogno dell’uomo ‘in ordine’ di portare il proprio cammino esistenziale a perfezione.

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Gilles e Drieu non sono due personaggi distinti, uno di fantasia e l’altro di carne, ma un unico uomo che a tentoni, cadendo, rialzandosi, vuole sfuggire a una civiltà sfatta e priva di vigore, cerca una via personale di salvezza e alla fine crede di trovarla in una morte tragica e cosciente. (Cattabiani)

Drieu La Rochelle
GILLES
Brossura 13 x 20,5 cm. Pp. 638.
Edizioni di Ar - Adel, 2010. Euro 39,00

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Dall'amore alla morte
Pierre Drieu La Rochelle. « Un bel morir tutta una vita onora» e Drieu – artista di buon gusto, come questo Gilles che gli permette di raccontarsi con discrezione – non mancò l’appuntamento. Da romanziere aveva scoperto l’inganno della letteratura: parlare quasi sempre e quasi solo di ciò che è di mediocri dimensioni e tacere con ostinazione la vera grandezza, fosse dolcissima oppure terribile (« intorno a loro grava un silenzio, una paura, come di fronte a un grande sacrilegio» ). Da uomo aveva subìto e patito i mille condizionamenti di una navigazione pascaliana in mari inospitali. Da ribelle aveva ritenuto di eludere e l’uno e l’altro scacco, pretendendo di cantare e descrivere ciò che è eroico, forte, sano; imponendo come condizione al proprio vivere l’accesso all’epopea. La guerra e l’eresia fascista lo accontentarono. Per una stagione poté inspirare lo spettacolo della forza e del valore. Fuori dalla torre d’avorio, finalmente. Tra pari, finalmente. Comunismo castrense, finalmente. Certo che, conosciuta l’aria di vetta, non si può più tornare a vivere immersi nelle deprimenti convenzioni borghesi, riempiendo schede elettorali invece di esplodere granate, scrivendo corsivi sui quotidiani invece che procedendo alla selezione e alla distinzione con il pugnale tra i denti. Sciroppandosi il tran tran ordinario e fingendo di trovare interessanti gli argomenti vacui dei vili. Mimando l’amore per convenienza. Arrendendosi alla tirannide dei luoghi comuni per non patire l’isolamento. Svanendo nella falsità del mondo, mai così immondo come quando vi si ritorna dopo un sogno di gloria. Prima di prendere congedo dall’ipocrisia del suo dopoguerra, Drieu ne trasse fiera e feroce vendetta con questo romanzo, che è tutto vero

In omaggio, ordinando il testo di Drieu, Gilles:

Pierre Drieu La Rochelle, L’agente doppio, Edizioni di Ar

Un’edizione italiana dello scritto di Drieu era già uscita vent’anni fa. Quest’ultima ci sembra ben più organizzata sotto l’aspetto editoriale, avvalendosi anche del testo francese a fronte. È il Drieu ideologicamente irrequieto. Non a caso il racconto è ambientato nella Russia zarista e della guerra civile, con il protagonista, una spia di professione, che deve barcamenarsi fra i rossi e i bianchi. Fino a rifiutare ambedue gli schieramenti. Insomma, il Drieu ribelle e anarcoide, quello del socialismo fascista, che tanto ha affascinato la Destra del Novecento”.
Recensione di Francesco Germinario, L’Indice, n° 9, settembre 2002

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