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sabato 10 settembre 2011

L’albero e le radici

Questo volume raccoglie le domande del Pubblico Accusatore e le risposte di Franco G. Freda – incriminato per ‘eresia' razzista - al processo contro il Fronte Nazionale. La dialettica oppositiva delle circostanze rende ancor più nitide le formule con cui, citando Nietzsche e Platone, si spiegano la natura del razzismo “morfologico”, la necessità delle differenze (una variante sociologica del “pathos della distanza”), e i motivi dell'ostracismo democratico a tali teorie e istinti.
   

Presentazione
"P.M. Ricordo in particolare i punti 2, 3 e 4 [del programma del Fronte Nazionale - n.d.r.}, dove si dice: 'espulsione immediata degli stranieri extraeuropei immigrati illegalmente'.
FRED A. Mi scusi, signor pubblico ministero, ma sa che l'argomento è di attualità?.....
P.M. Certo che lo so.
FREDA. C'è un concerto totale delle forze politiche democratiche attuali.
P.M. Lo so benissimo, e questo è uno dei capisaldi dell' accusa.
FREDA. Quindi noi abbiamo dimostrato preveggenza!
P.M. L'attualità dell'argomento è uno dei capisaldi dell'accusa e dimostra la pericolosità del suo movimento.
FREDA. Dimostra la preveggenza, la capacità di lucidità e di previsione politica.
P.M. E la pericolosità politica [...] La preveggenza gliela riconosciamo. Infatti è un requisito della pericolosità".
La valutazione dell' assetto presentato da una Nazione non può prescindere dalla conoscenza dei suoi giudici e dei suoi tribunali. Il vigore di un regime politico è, in un certo senso, proporzionale alla sua 'pazienza': indipendentemente dai connotati che la sua dinamica assume nella storia, da sempre lo Stato come forma politica di vita si regge, più che sulla forza materiale e sulla repressione, sulla persuasione e sull'azione anagogica, elevativa, che sa esercitare sul popolo. I provvedimenti repressivi non dovrebbero riguardare gli oppositori di pensiero - lasciati liberi entro il loro spazio ideologico marginale - ma se mai i cattivi esecutori di regole e prescrizioni, gli autori di comportamenti devianti - delinquenziali e non ideologici.
Come qualsiasi complesso organico totale, lo Stato incorpora in sé un ordine di differenze - verticali e orizzontali - che dovrebbe riconoscere senza traumi e senza fastidi, accanto alla sua funzione egemonica, la presenza efficace di elementi ideologici antagonistici e l'influenza di 'essenze' culturali diverse da quella che esso espone: possedendo in ogni caso, lo Stato, quegli 'anticorpi' necessari alla perpetuazione della sua forma. Se non si verifica in una fase di transizione rivoluzionaria, l'intervento chirurgico, liberticida, è sintomo di debolezza, di insicurezza congenita nella figura-Stato.
Vero è che l'equilibrio nei rapporti di forza determina - sempre, ovunque - situazioni di dominazione e di subordinazione; ma il fatto è che all'interno di esse - sempre, ovunque! - deve sussistere un principio di lealtà a protezione dell'avversario, della sua identità e personalità - ciò, se vogliamo, a maggior gloria del potere, a dimostrazione della sua supremazia.
La lotta politica si conduce con argomenti politici: la via della liberazione - raccomanda il Socrate dell'Apologia - non sta nel chiudere la bocca agli altri, ma nel migliorare sé stessi.


Perché dunque processare le idee!
Perché affermare in astratto la libertà di espressione del pensiero (specchio frammentato dell'idea), per poi negarla in concreto?
Qui, non si pone tanto una questione di rispetto dei ed. diritti civili del singolo soggetto della società politica: è la tradizione complessiva di un popolo che, attraverso F incriminazione di alcuni suoi elementi (costitutivi sia di quella come di questo), subisce una parziale negazione - quindi una mutilazione. Ogni configurazione del mondo e della vita può essere combattuta, ma non abbattuta nella sua espressione o contraffatta sotto menzognere definizioni per renderla 'sostanza di rifiuto': da eliminare.

"Una manifestazione che ha tutta una serie di tratti inquietanti... Alla fine viene appiccato il fuoco a questo mucchio preparato di legna sormontato da questo simbolo e quindi al termine di questa cerimonia tutti rimangono sull'attenti di fronte a questo fuoco che brucia...
Teste Fainelli (ispettore sup. P.S.): "Intorno a mezzanotte hanno acceso questo falò. Hanno assunto attorno al falò la posizione di attenti. P.M.: Tutti quanti? T.: Tutti quanti.
P.M.: Quando lei dice 'posizione di attenti', è proprio quella militare?
T.: Se ben ricordo, è stato dato proprio il comando di attenti.
P.M.: In modo militaresco?
T.: Sì. Mentre quattro persone, partendo in rappresentanza dei quattro punti cardinali, con quattro torce hanno dato fuoco a questa pira, gli altri hanno assunto la posizione di attenti... [...]
P.M.: E anche qui [l'anno successivo all'episodio sopra citato -n.d.r.] fu dato l'ordine di attenti? Si misero sull'attenti come l'altra volta?
T.: Sì. Tutti assunsero la posizione di attenti... Diciamo che questa posizione di attenti è durata per decine e decine di minuti...".

Dalle contrapposizioni viscerali e cruente degli anni '70, per una specie di meccanica degradazione delle energie che le muovevano, si è passati ai nostri giorni, in Italia, a confronti politici più 'morbidi' (insani e fradici?) e lascivamente dialettici...
'Gli altri' sono ormai avversari e competitori, non più nemici.
Qualcuno, tuttavia, deve pur rimanere tale, perché se ne ha disperatamente bisogno: il nemico contro cui non bastano le ordinarie regole del gioco politico, poiché - si dice- è fuorilegge, e deve essere posto al bando; non basta condannarlo nelle idee, sconfiggerlo 'democraticamente' coi consensi: ci vuole una dannazione criminale e l'espulsione carceraria.
Questo è il caso del Fronte Nazionale, perseguito e condannato in I° grado da una Corte d'Assise - quella che giudica di gravi comportamenti trasgressivi - per "ricostituzione del partito fascista".
Lo scenario di questo processo non è la Russia sovietica o la Cina di Mao, la Germania nazionalsocialista o una delle tante dittature, militari o di altro tipo. È una Nazione democratica a intentare "processo alle intenzioni", prendendo a pretesto la violazione di una legge che nessuno - tanto meno il Fronte Nazionale - ha inteso violare: una norma anacronistica, un'ipotesi di reato assurda - tanto quale sarebbe l'accusa di voler ripristinare il Sacro Romano Impero o la Respublica romana di Catone. La storia - espressione del divenire del mondo -passa, e l'ipotesi di ricostituzione del P.N.F. è davvero stonata: chi riesce a 'simularla', quell'ipotesi, dimostra di non avere proprio 'orecchio' per la musica della storia.
Menzognera invece, e non anacronistica e paradossale, è l'accusa di incitamento all'odio e alla discriminazione razziale, vero perno attorno a cui gira questa macchinazione giudiziaria: i verbali degli interrogatori veronesi, le risposte inequivocabili del reggente del Fronte Nazionale ci confermano quello che già sapevamo. Rimandiamo semplicemente alla lettura delle tesi e delle proposizioni affermate, confermate e pazientemente ripetute in questo libro-documento: da apprezzare liberamente, senza confusioni sentimentali di sorta.
Perché questo processo?

Convergono nell'ipotesi accusatoria, a nostro avviso, due 'grandezze' di diverso peso e tenore: una sinistra - e residuale - ossessione antifascista, e il proposito di lanciare un avvertimento (mediante una lezione incisiva) a quanti ancora chiudessero la propria anima al paesaggio omnipervasivo del 'mercato unico mondiale', disegnato da quella che, con termine desueto e fuori moda - e perciò veritiero... -, si potrebbe chiamare plutocrazia internazionale.
Per quanto riguarda il primo aspetto, riportiamo le parole di Romolo Gobbi, militante dei gruppi di "Quaderni Rossi" e "Classe Operaia": "Il sistema politico nato dalla Resistenza dimostra oggi tutta la sua debolezza congenita: l'unità antifascista, che si è voluta mantenere a tutti i costi, ha impedito il formarsi in Italia di una vera dialettica tra governo e opposizione [...] Non solo, ma l'antifascismo a oltranza ha ulteriormente confuso le idee [...] ha fatto uscire il fascismo dal suo alveo storico e l'ha inflazionato".
Implicitamente o esplicitamente fascisti sembrano essere - per l'accusa nel processo al Fronte Nazionale - i più svariati comportamenti.
Lo stare eretti in posizione di "attenti" è già una liturgia sospetta. Musiche e tanti sono, fino a prova contraria, nazisti. Non lo si dice apertamente, ma risulta chiaro: il servizio d'ordine (composto da mezza dozzina di persone) tradisce l'esistenza di una struttura militare. I manifesti, poi, dicono in filigrana sempre qualcosa di più e di diverso da quanto c'è scritto. E, come ispiratori di tutto, gli 'spiriti' del fascismo!
"L'umanità esiste sotto forma di differenza razziale [...] Fino a quando esisteranno differenze razziali -[...] spero esisteranno sempre poiché la loro scomparsa impoverirebbe l'umanità - ci saranno pure tensioni tra le razze e problemi di coesistenza cronici o acuti" .
Ben più rilevante, sotto il profilo dell'attualità politica, è l'attacco ai "portatori di odio e di discriminazione razziale".
La questione, per noi, si pone in un'ottica esattamente rovesciata. Ingiusta discriminazione e odio sono fomentati da chi benedice o altrimenti favorisce lo sradicamento delle etnie - delle razze, dei popoli -dai loro propri spazi territoriali: da chi vuole cancellare, attraverso un ipocrita e contraddittorio umanitarismo, le differenze (che sono altra cosa da contingenti e fragili e moralistiche "superiorità" o "inferiorità"), non rispettando la propria e l'altrui forma razziale; da chi ha riservato per sé l'orribile sfruttamento consumistico delle risorse della Terra, inducendo milioni di disperati a decidere tra fame o "assunzione" ai margini delle megalopoli occidentali - carne da macello buona per tutte le sottoutilizzazioni.
"[...] Il tiranno della Torre oscura di Mordor, il cui potere si sta di nuovo diffondendo nel mondo. Noi siamo all'interno di una fortezza. Fuori si sta facendo buio".
La fortezza in cui ci raccogliamo è quella delle nostre anime e del nostro spirito di milizia.
Minuscolo sodalizio dal peso specifico vicino allo zero sotto il profilo operativo e "mobilitante", il Fronte Nazionale non coltivava pretese di originalità né ambizioni di potere.
Il suo compito etico-politico (quello che il Fronte rifletteva e perseguiva) denotava tuttavia un preciso significato: di custodire e rafforzare all'interno della comunità nazionale italiana idee, condizioni dell'anima, precetti concordi con un senso 'normale'-tradizionale del mondo; di denunciare il terrificante pericolo di uno sfiguramento irreversibile delle fisionomie nazionali, suscitato dalla deportazione di milioni di individui umani negli Stati-Nazioni euro-occidentali.
La "società multirazziale", sì, è quella che vogliamo noi, di contro a coloro che perfidamente - od ottusamente - la 'cantano', mirando in realtà a un universo forzatamente unirazziale.
Rispettare le etnie - i colori del mondo, le voci dei popoli - significa ripristinare l'egemonia dell'armonia, restaurare l'ordine di vere corrispondenze e assonanze piuttosto che tramare la confusione di impossibili, inumane eguaglianze.
Intonate su questa tradizione, le parole del reggente del Fronte Nazionale ne costituiscono segni distintivi: insegne dei fattori normativi che la conservano e la riproducono.
Per il fatto di non aver ispirato ai loro destinatari occasionali - ossia a coloro che avevano l'onore di giudicare "Freda Franco+49" - la decisione assolutoria, esse appaiono, in quanto 'parole', argomenti di una dialettica soccombente, o meglio strumenti dialettici di una mediazione "malriuscita".
Ma, in quanto forme naturali del linguaggio della nostra comunità di Destino, esse sono giusti segni che comunicano la volontà di opporsi a una decadenza che estenua la potenza di vita di questa stirpe: semi che rivelano la presenza simbolica dell'Albero - il ricordo e la misura dell'apparire, propri di un operare politico che si dà come manifestazione percepibile di realtà esemplari metapolitiche — e la funzione delle radici, dai percorsi molteplici e diramati, concepite dalle profondità e generate dalle sommità della metastoria.
Aldo Braccio

P.M. Quindi, sul discorso della superiorità abbiamo chiarito tutto, in sostanza.
FREDA. Abbiamo chiarito che non c'è 'superiorità'.
P.M. Come non c'è??
FREDA. Per esempio, io sono ammiratore degli estremo-orientali: profondo ammiratore.
P.M. Lei ha detto che è ammiratore dei Giapponesi.
FREDA. Sì. Per esempio, oltre vent'anni fa ho pubblicato il testo Bushido, che è un testo canonico sull'etica dei samurai giapponesi.
P.M. È puramente casuale quest'ammirazione per i Giapponesi?
FREDA. Io ho un'ammirazione anche per lo sciamano, per l'uomo-medicina negro, o per gli Indiani d'America: un'ammirazione profonda. Non mi chieda quale sia il loro posto: io non sono sostenitore di un razzismo gerarchico. Di fronte a tante razze si deve dare solo una valutazione di diversità: che ognuno rispetti la propria diversità! Bisognerebbe avere dei parametri comuni, per dare un giudizio su chi sia migliore e chi peggiore, chi sia superiore e chi inferiore.
P.M. Andiamo avanti. So che questo è un argomento che non le fa molto piacere, però io devo parlare dell'intervista. Mi dica: questa televisione innanzitutto era inglese o americana?
FREDA. Con la sua sensibilità culturale di europeo, lei ha senz 'altro compreso, dal modo triviale di articolare le domande, che si tratta di una giornalista USA.
P.M. Questo testo che io ho trovato era la traduzione. Anche le domande saranno state poste in inglese? Lei conosce la lingua inglese?
FREDA. No.
P.M. Quindi, la signora intervistava in italiano?
FREDA. No, c 'era una sua interprete che traduceva.
P.M. Quindi il testo come lo avete ricavato?
FREDA. Deve essere intervenuta una registrazione della conversazione, con successiva traduzione scritta curata dall'equipe dell'intervistatrice. Questa traduzione appare molto sconnessa in certi punti. Non so quali punti le interessino...
Autore: Franco G. Freda
Titolo: L’albero e le radici
Edizioni di Ar
Prezzo: 17,00€

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