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domenica 28 luglio 2013

L’isola che non c’è. Il dramma istriano raccontato dall’ex campione Nino Benvenuti

ninobenvenuti

Nino Benvenuti torna simbolicamente sul ring per “incrociare” i guantoni con la sua biografia personale, a partire dall’infanzia nella sua città natale Isola d’Istria, oggi in territorio sloveno. Il grande campione di boxe domani presenterà a Roma, dal palco della festa dell’Estate romana, All’ombra del Colosseo, il suo libro L’isola che non c’è. Il mio esodo dall’Istria, scritto a due mani con Mauro Grimaldi. È il dramma degli esuli istriani nel racconto di chi lo ha vissuto sulla sua pelle, prima di diventare uno degli atleti più popolari e amati del mondo. Nato il 25 aprile 1938, Nino è stato campione olimpico nel 1960 e campione mondiale dei Pesi medi tra il 1967 e il 1979. La sua è una storia arcitialiana che parla di passione e sacrifici. La carriera pugilistica di Nino comincia a tredici anni in una piccola palestra di Isola d’Istria che frequenterà per quattordici anni, spinto dalla passione di suo padre per la boxe. Il talento straordinario e la tenacia non tardano a manifestarsi vincendo piccolissimo tornei regionali e interregionali fino ad arrivare in Nazionale, imbattuto, nel 1995. Fra il ’61 e il ’63 combatte ben 29 volte uscendo sempre vittorioso dal ring. La sua è anche una vita segnata dalla lealtà, come dimostra la fortissima amicizia che lo ha legato a due grandi ex rivali come Griffith (al quale è rimasto vicino anche dopo l’outing sulla sua omosessualità) e Monzon. Si è dichiarato più volte un “uomo di destra” e ha partecipato attivamente alla vita politica italiana nel 1964 sotto le insegne del Movimento sociale.  Nell’isola che non c’è l’ex pugile, ora settantacinquenne, ha voluto raccontare la sua storia più nascosta, i primi vent’anni di vita, segnati dalla guerra, da tirannie di segno opposto e dal triste destino della sua cittadina natale da cui fuggì insieme alla famiglia, incalzato dalle truppe di Tito. «Molti sapevano – dice oggi Benvenuti – e non hanno fatto niente. Se non indignarsi quando ormai non serviva più». Il racconto si ferma al giorno glorioso della conquista dell’Oro olimpico, nel 1960 a Roma. Le pagine sono la testimonianza dal forte impatto emotivo di un grande campione che rivendica con orgoglio le proprie origini istriane e racconta senza le gabbie del “politicamente corretto” la storia ancora scomoda di chi ha abbandonato la propria terra per rimanere italiano.

di Romana Fabiani

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