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martedì 16 aprile 2013

Rogo di Primavalle:40 anni d’ingiustizia

fratelli_mattei

Il fatto
Nella notte del 16 aprile 1973 alcuni aderenti all'organizzazione extraparlamentare di estrema sinistra Potere Operaio versarono benzina sotto la porta dell'appartamento abitato dalla famiglia composta da Mario Mattei, dalla moglie Annamaria e i figli, al terzo piano delle case popolari di via Bernardo da Bibbiena.
Mattei era allora il Segretario della Sezione Giarabub del Movimento Sociale Italiano, in via Svampa a Primavalle.
Divampò un incendio che distrusse rapidamente l'intero appartamento. La madre Annamaria e i due figli più piccoli, Antonella di 9 anni e Giampaolo di soli 3 anni, riuscirono a fuggire dalla porta principale. Altre due figlie si salvarono: Lucia, di 15 anni, aiutata dal padre Mario si calò nel balconcino del secondo piano e da lì si buttò, presa al volo ancora dal padre. Silvia, 19 anni, si gettò dalla veranda della cucina e riportò incredibilmente solo qualche frattura. Due dei figli, Virgilio di 22 anni, militante missino nel corpo paramilitare dei Volontari Nazionali, e il fratellino Stefano di 10 anni morirono carbonizzati, non riuscendo a gettarsi dalla finestra. Il dramma avvenne davanti ad una folla che si era accumulata nei pressi dell'abitazione, e assistette alla progressiva morte di Virgilio, rimasto appoggiato al davanzale, e di Stefano, scivolato all'indietro dopo che il fratello maggiore che lo teneva con sé perse le forze.
« Il 16 aprile 1973 arrivai con una troupe poco dopo l'allarme, dato alle quattro del mattino. Vidi il corpo carbonizzato del figlio maggiore di Mattei, Virgilio, ricurvo sul davanzale della finestra come un'orrenda coperta nera. Alle sue spalle c'era il cadavere del fratellino Stefano, dieci anni, bruciato anche lui. Il resto della famiglia s'era salvato, a prezzo di ferite gravi, gettandosi dal terzo piano »
(Bruno Vespa nel suo libro "Rai, la grande guerra" rievoca l'orrendo spettacolo del Rogo di Primavalle)


Le indagini di Potere Operaio
Il vertice di Potere Operaio ebbe subito l'intuizione sullo svolgimento dei fatti. Valerio Morucci in un suo libro ha descritto come il vertice del movimento ebbe conoscenza precisa del fatto.
Furono interrogati i presumibili autori che negarono in maniera non convincente. Fu incaricato Valerio Morucci di accertare l'effettivo svolgimento.
In "Ritratto di un terrorista da giovane" 1999 di Morucci (che in seguito entrerà nelle Brigate Rosse) lo stesso parla di un "interrogatorio" che tenne all'epoca pistola alla mano onde "esortare" uno dei supposti colpevoli a farsi avanti ed ottenendo un'ammissione di responsabilità da parte di Marino Clavo.
Le indagini della magistratura
Le indagini seguirono piste collegate all'extraparlamentarismo di sinistra, in particolare vennero indagati esponenti di movimenti collegati a Potere Operaio che ribatté pubblicamente parlando di "montatura poliziesca".
Il 18 aprile 1973 fu arrestato Achille Lollo come presunto responsabile; avrebbe scontato 2 anni di carcere preventivo.
Furono poi rinviati a giudizio, per strage: Achille Lollo, Marino Clavo, Manlio Grillo.
L'ipotesi della faida interna e gli scontri durante le udienze
Fu redatto un opuscolo denominato "Controinchiesta", in cui la colpa fu attribuita a una faida interna tra esponenti di destra. Nel libro : "Collettivo Potere Operaio. Primavalle: Incendio a porte chiuse. Giulio Savelli, 1974", nella nota dell'editore nella prima pagina ed al secondo paragrafo, si scrive:
« La montatura sull'incendio di Primavalle non si presenta come il risultato di un meccanismo di provocazione premeditato a lungo e ad alto livello, tipo «strage di stato», «Primavalle» è piuttosto una trama costruita affannosamente, a «caldo» da polizia e magistratura, un modo di sfruttare un'occasione per trasformare un "banale incidente" o un oscuro episodio - "nato e sviluppatosi nel vermiciaio della sezione fascista del quartiere" - in un'occasione di rilancio degli opposti estremismi in un momento in cui la strage del giovedì nero con l'uccisione dell'agente Marino - avvenuta a Milano 3 giorni prima - ne aveva vanificato la credibilità. »
Molti gli intellettuali ed i giornali che si schierarono per difendere gli imputati. Tra i più autorevoli quotidiani a prendere queste posizioni ci fu Il Messaggero, il più diffuso quotidiano di Roma, il cui editore Alessandro Perrone era il padre di Diana Perrone, lei stessa militante di Potere Operaio e successivamente coinvolta nelle indagini.
Franca Rame, allora esponente dell'Organizzazione Soccorso Rosso Militante, in una lettera datata 28 aprile 1973 scrive al Lollo:”Ti ho inserito nel Soccorso rosso militante. Riceverai denaro dai compagni, e lettere, così ti sentirai meno solo.”
Al di fuori del Tribunale di Roma, durante le udienze ci furono manifestazioni della sinistra che chiedevano il proscioglimento dei tre militanti di Potere Operaio.
Alla campagna innocentista in favore dei tre indagati contribuirono anche alcuni autorevoli personaggi della sinistra quali il senatore comunista Umberto Terracini (già presidente dell'Assemblea Costituente e uno dei tre firmatari della Costituzione italiana), il deputato socialista Riccardo Lombardi (già membro anch'egli Assemblea Costituente e capo storico della corrente "autonomista" del suo partito) e lo scrittore Alberto Moravia.
Il 28 febbraio 1975, alla fine della quarta udienza del processo, vi furono scontri tra simpatizzanti di destra e di sinistra, lo studente greco Mikis Mantakas, simpatizzante del FUAN-Caravella, venne ucciso a colpi di pistola da estremisti di sinistra in via Ottaviano, vicino al Palazzo di Giustizia.


I processi
Furono rinviati a giudizio Achille Lollo, Marino Clavo, Manlio Grillo.
Processo di primo grado
Il processo di primo grado iniziò il 24 febbraio 1975, a quasi due anni dal rogo. In stato di detenzione Achille Lollo, Manlio Grillo e Marino Clavo latitanti.
Durò più di tre mesi, tra violente manifestazioni della sinistra extraparlamentare che, al grido di "Lollo libero", sostenne i tre.
Inizialmente l'accusa ipotizzata fu di strage e la pubblica accusa richiese la pena dell'ergastolo.
Si concluse con l'assoluzione per insufficienza di prove degli imputati dalle accuse di incendio doloso e omicidio colposo.
Processo di secondo grado
In secondo grado, Achille Lollo, Marino Clavo, Manlio Grillo, furono condannati a 18 anni di carcere per omicidio preterintenzionale.
Lollo, rilasciato in attesa di processo d'appello, riparò in un paese del Sud-America con il quale riteneva l'Italia non avesse trattati di estradizione, che invece vi erano, ma in realtà poté restarvi poiché per la legge brasiliana il reato era prescritto a causa del lungo tempo ormai trascorso al momento della domanda di estradizione. Manlio Grillo si rifugiò invece in Nicaragua grazie alla complicità, di cui aveva goduto anche il Lollo, di Oreste Scalzone. Marino Clavo tuttora non risulta rintracciabile.


La prescrizione
La pena è stata dichiarata estinta dalla Corte d'appello di Roma per intervenuta prescrizione, su istanza dell’avvocato Francesco Romeo, difensore di Marino Clavo.
Ciò è stato possibile per il tipo di condanna applicata in secondo grado, come lamentato da Ignazio La Russa. Anche Walter Veltroni, sindaco pro tempore di Roma al momento della notizia della prescrizione, emise una dichiarazione assai critica.
Tutti gli organizzatori, esecutori e comprimari della strage finora identificati sono a piede libero e taluni svolgono compiti di rilievo nell'informazione pubblica e della pubblicistica (Pace, Morucci, Piperno, Scalzone, Grillo); altri sono tuttora latitanti all'estero (Lollo); altri non sono rintracciabili (Clavo).

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