Vogliamo giustizia!

Vogliamo giustizia!
Giustizia per i morti di Bologna

Ultimissime del giorno da ADNKRONOS

giovedì 27 ottobre 2011

"Storia di quattro anni", versione italiana a cura di Franco G. Freda

 

http://www.edizionidiar.it/image/cavalloalato/halevy-storia-di-quattro-anni.jpg

“Le razze assoggettate riapparvero sulla scena. Senza avere nemmeno bisogno di vincere, esse divennero padrone. Da Shangai a Tangeri, i musulmani, che la legge islamica proteggeva dalle ebbrezze dell’Europa, diedero il segnale del risveglio, che fu simultaneo su quell’immenso orizzonte. Sottomessi fin dal sedicesimo secolo, dal progresso scientifico dell’Occidente, avevano atteso in silenzio, custodendo intatte le proprie forze. Gli africani ripresero l’Africa, gli asiatici l’Asia e dilagarono in Europa. All’interno della Russia, aristocrazie musulmane curde, persiane e mongole conquistarono l’egemonia, mentre i turchi ripresero la loro marcia nella vallata del Danubio.” Siamo nel 2001, ed è solo l’ultima fase del declino dell’Europa descritto da Daniel Halévy nei primi anni del Novecento in Storia di quattro anni. 1997-2001 uscito ora, con la traduzione di Franco G. Freda, presso il Cavallo alato-Edizioni di Ar (pp. 84, euro 9).

Halévy è uno scrittore e saggista francese che nasce nel 1872. Allievo di Stephane Mallarmé, frequenta a Parigi il Liceo Condorcet dove stringe amicizia con Marcel Proust e Léon Blum. Dal 1898 al 1914 collabora con la rivista di Charles Péguy, “Cahiers de la Quinzaine”, dove verrà pubblicato nel 1903 questo suo racconto. Nel 1911 vedrà la luce la prima traduzione italiana, ad opera di Piero Jahier, nei “Quaderni della Voce”, capitanata da Giuseppe Prezzolini. Peguy definirà Halévy “l’immortale autore della Storia di quattro anni”; Anatole France dichiarerà su “l’Humanité” che “Daniel Halévy scrive un ammirevole racconto profetico, per insegnarci che non basta disporre del cibo a buon mercato ma che occorre anche essere virtuosi”. Halévy pensa che se l’uomo dipende dalle condizioni storiche, non è comunque il prodotto del determinismo economico, sommesso a un fatalismo marxista che rende illusoria la volontà umana. E sarà proprio grazie alla volontà degli uomini, che alla fine si riuscirà a lasciarsi alle spalle il mondo degenerato, e si getteranno i semi di una rinascita.

Ma come si arriva all’invasione musulmana? All’inizio del ventesimo secolo, la scoperta di alimenti sintetici a base d’albumina permette di abbassare la durata della giornata di lavoro a due o tre ore. Presto le campagne e i villaggi si svuotano mentre nelle città si accalca una popolazione inattiva, avida di piaceri e distrazioni. I costumi cominciano a degradarsi sotto la spinta della pigrizia. Gli avvertimenti dei saggi sono vanificati dall’azione dei demagoghi, che sfruttano l’abbrutimento delle folle per esercitare il loro potere. I tentativi di diffusione della cultura falliscono dinanzi all’inerzia, all’indolenza e al gusto della facilità. “I sapienti opinionisti dicevano ‘Occorre lasciare a questo nuovo pubblico il tempo di sviluppare la propria educazione - ed esso affinerà i propri gusti…’ Né mancavano ottimisti i quali sostenevano: ‘Abbiamo raggiunto lo scopo. Il pauperismo è sconfitto. L’emancipazione reale è vicina”. Ma così non avviene. La massa si appassiona a spettacoli volgari, cade nell’alcoolismo, s’abbandona all’oppio e alla morfina e a un erotismo frenetico grazie alla scoperta di un farmaco. “Un fisiologo russo, Novgorod, inventò eccitanti che permettevano di morire tra spasimi di godimento dopo cinquanta ore di erotismo continuo. Novgorod era un uomo austero, che divulgò la propria scoperta perché uno scienziato - così pensava - ha il dovere di pubblicare qualsiasi scoperta”. In queste condizioni “il popolo non esisteva più. Tutti i punti estremi della vecchia umanità si erano fusi in un genere unico, molto simile al tipo dell’impiegato del diciannovesimo secolo, debole gaudente in abito borghese. Questa razza disprezzava l’ebbrezza del vino che fa cantare, bramava piuttosto le ebrietà silenziose e i vizi segreti”.

Fiaccati così nel fisico e nello spirito gli uomini non riescono a opporsi nel 1997 a un’epidemia che decimerà la popolazione occidentale. Questo male sconosciuto devasta le difese immunitarie dell’organismo, permettendo il riemergere di malattie che si credevano debellate. La dissoluzione dei costumi, l’esplodere della malattia, l’invasione musulmana non sono solo un segno di debolezza dei singoli, ma anche il sintomo del declino di una civiltà. D’altronde “una volta vinti tutti i nemici, una volta soppressi i pericoli che le tenevano in esercizio, in forma, le specie scompaiono… Ecco la ragione per cui, al culmine del loro trionfo, gli europei muoiono: ormai non hanno niente contro cui combattere e cadono… La forza, la perfezione fine a sé stesse potevano perseguirle e praticarle alcuni, solo alcuni: il loro era un sogno eroico”. Da questi uomini, da un atto di volontà di piccoli sodalizi, dediti allo studio, a una vita disciplinata e all’amicizia, fiorirà l’uscita dalla crisi. “Nella Bibbia - scrive Halévy - parecchie storie somigliano alla nostra di oggi: il Diluvio, Babele, Gomorra. Ricorda? Le genti muoiono a miriadi, ma poi c’è un giusto che salva tutto e tutti. Bene, i giusti ci sono anche oggi: sopravvivranno”.

Recensione di 'Storia di quattro anni', su Libero del 17 gennaio, a cura di Simone Paliaga

Dal sito delle Edizioni di Ar:

Autore: Daniel Halévy
Titolo: Storia di quattro anni. 1997-2001
Collana: Il Cavallo alato
Prezzo: 9,00€

1925: gli scienziati scoprono una sostanza capace di sfamare l’uomo evitandogli le fatiche del lavoro. Frotte di operai, impiegati, coatti di ogni sorta si vedono restituita la libertà di disporre del proprio tempo, mentre il loro stipendio rimane inalterato. L’eccitazione dilaga, ma presto diviene sovreccitazione, e poi follia. Gli ospedali si riempiono dei malati di libertà. Terribile, lì, un morbo insinuante, sconosciuto si incarica dell’esecuzione pubblica della più dolce tra le utopie, Liberté, falcidiando i dissoluti apologeti del vacuo, i liberati allo sbaraglio. Solo piccole sodalità di uomini retti, disciplinati, sobri resistono. Il morbo non li sfiora. Saranno loro ad averlo diffuso per disamore del popolo?… Questo romanzo vaticinante, perfetto, scritto nel 1903 da Daniel Halévy, è la versione narrativa delle migliori intuizioni di Friedrich Nietzsche. Quasi un esemplare unico nel corpus della letteratura, sempre cauta e a disagio di fronte alle possibili implicazioni pratiche della ‘psicologia’ nietzscheana. Potremmo anche dire che Halévy è il Proust della politica. Un’amicizia lo legava all’autore della Recherche, ma l’uno ha applicato il proprio inusitato, leggiadrissimo esprit de finesse ai meandri inesauribili di un cuore, l’altro ha dilatato e insieme semplificato i termini della cerca. L’uno si è dedicato all’uomo come individuo, l’altro all’uomo come genere. Eppure, si costringesse Proust, il descrittore impareggiabile delle fioriture primaverili, dell’azzurro della cintura di Ginevra, della bellezza più densa e più rara, lo si costringesse a commiserare l’uomo fino a volergli suggerire il modo di salvare sé stesso nel mondo, potrebbe mai, questo aristocrate dell’attenzione, additare qualcosa di diverso dalle caste? Quelle caste che sono, per Halévy, le colonne doriche dello Stato in ordine - l’unica, l’estrema possibilità di salute pubblica e di condivisione e apologia della bellezza, della magnanimità, della sapienza.
info@libreriaar.com - www.libreriaar.com

Nessun commento:

LinkWithin

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...