Vogliamo giustizia!

Vogliamo giustizia!
Giustizia per i morti di Bologna

Ultimissime del giorno da ADNKRONOS

sabato 26 ottobre 2013

Lanciando sempre il cuore oltre le stelle

ADV16dicembre

Gli Amici del vento sono una delle prime band che, negli anni ’70, hanno dato vita al fenomeno della musica alternativa. Nel corso della loro lunga carriera, tra cassette, vhs, cd e dvd, sono stati senz’altro uno dei gruppi più prolifici e noti del mondo musicale identitario. Alla loro storia, e alla memoria di Carlo Venturino (nel trentennale della sua scomparsa), è dedicato il concerto che si terrà a Milano il 16 dicembre. Ne abbiamo parlato con Marco Venturino, che ha ripercorso insieme a noi una storia che non è solo musicale, ma anche e soprattutto umana ed ideale.

La prima esibizione di Carlo risale al Febbraio del 1976, a Torino. Da lì l’idea di dar vita agli “Amici del Vento”. Cosa vi ha spinto a formare uno dei sodalizi musicali più rappresentativi del nostro panorama? Come nasce il nome del gruppo?

Negli anni settanta i “giovani di destra” o comunque li si voglia chiamare rappresentavano un gruppo umano un po’ speciale. Infatti eravamo quelli, di estrazione e pensiero a volte anche assai difforme, che si opponevano al “pensiero unico giovanile” di stampo social comunista, che allora andava per la maggiore. Soprattutto al nord Italia eravamo ghettizzati e confinati in una specie di sottobosco sub culturale pieno di stereotipi e inesattezze. La musica, quale espressione artistica, era la possibilità di uscire dal pensiero esclusivamente e grettamente politico e di comunicare i sentimenti, le passioni, le speranze e gli slanci ideali che ci appartenevano e di cercare di far sentire la nostra voce. Il nome del gruppo nacque da un’idea di mia madre: ci piacque e diventò nostro.

Come nasceva un vostro brano? Quale era il tuo ruolo all’interno del gruppo nei primi anni?

Dipende dalle canzoni. Essenzialmente però ogni canzone era un tentativo di rispondere con l’anima a una situazione esterna. Un modo di veicolare il pensiero e lo stato d’animo a seguito dei vari eventi di quegli anni. All’inizio io suonavo solo la chitarra, poi ho cominciato a provare a comporre qualche brano intero e qualche altro in società con Carlo.In tutta Italia e per tutte le generazioni a seguire Carlo è stato ed è inevitabilmente indentificato nella voce di canzoni intramontabili quali “Trama Nera”, “Incontro” o “Noi”. 

Ma chi era realmente Carlo nella vita di tutti i giorni?

Per me era un fratello e un amico e più di tutto questo messo insieme. Potrei parlarti di lui per delle ore, ma è un argomento molto privato. Diciamo che l’essenza l’ho espressa nella canzone che ho scritto per lui.

Come era il vostro rapporto con gli altri giovani cantautori e musicisti alternativi? Forse non tutti sanno che tu hai partecipato alla cassetta “Gioventù e Libertà” degli ZPM in qualità di batterista.

Eravamo amici ma anche in sanissima competizione. Ognuno voleva essere il più bravo, mi sembra normale, ma era divertente suonare insieme e condividere tutte le occasioni possibili.

Un ruolo fondamentale per diffondere la musica alternativa lo giocano le radio libere. Che ricordi hai di quelle iniziative?

Le radio libere furono un’avventura molto stimolante. Purtroppo non riuscimmo mai ad uscire dal dilettantismo, dal volontarismo e mai a diventare una voce culturale al di fuori delle logiche di partito.

L’11 e 12 giugno del 1977 siete a Montesarchio per il Primo Campo Hobbit. Nel libro “Il nostro canto libero” (Edizioni Castelvecchi) lo hai definito “assolutamente epico”: ci puoi descrivere l’atmosfera di quei giorni, in particolare del vostro concerto?

Per noi di Milano, che eravamo quattro gatti sempre costretti a camminare rasente i muri, arrivare in una cittadina piena di bandiere con la celtica, dove i nostri giovani potevano andare in giro tranquilli, dove il numero dei partecipanti era una cosa mai vista fu una specie di shock. Pensavamo di trovarci in un sogno: tre giorni per poter vivere le nostre emozioni indisturbati. Altro che epico, un vero sogno, appunto. E il nostro concerto fu il riassunto di tutte queste emozioni. Per la prima volta esistevamo davvero e non dovevamo chiedere scusa. 

Tutti hanno sempre lamentato il ruolo di una classe dirigente politica (dal Msi fino ad AN) miope e priva d’interesse per le energie dei mondo giovanile. E’ stato così sempre?

Il problema non è tanto non riconoscere le energie del mondo giovanile, che non perché è giovane vuol dire che ne abbia. Il problema è la miopia nel non capire l’importanza di coltivare un parco artistico e culturale il quale, a volte, può, o meglio deve, non essere ortodosso. I giochi della politica, oltre tutto una pessima politica come abbiamo visto negli anni successivi, hanno le gambe corte e si consumano in piccoli centri di potere che non lasciano nulla e si dissolvono in niente. Cosa che puntualmente è avvenuta.

Dopo il tragico incidente di Carlo, come hai trovato la forza di tornare a cantare e a scrivere nuove canzoni?

L’espressione artistica è una delle poche difese che l’uomo ha contro il dolore. Non lo elimina ma lo può elaborare rendendolo sopportabile. Per cui non sono io che ho trovato la forza, ma è la musica che l’ha data a me.

Osservando tutta la discografia del gruppo, qual è la canzone di Carlo che ti piace di più e quale preferisci tra quelle scritte da te?

Ritorno di Carlo e NAR e Gatto nero le mie.

La tua produzione musicale è stata numericamente superiore a quella di Carlo e il tuo impegno in concerti è durato quasi vent'anni dopo la sua scomparsa. Che senso dai a questa testimonianza?

Qualsiasi produzione artistica è frutto in parte di vanità. E’ bello essere letti, ascoltati, eccetera.  Ora scrivo romanzi invece che canzoni e, a parte la vanità, il bisogno è sempre quello di esprimere i propri sentimenti, dar voce alle emozioni e ai moti del cuore, comunicare quello di sé che, forse presuntuosamente, si ritiene abbia senso e valore comunicare.

Il mese scorso ci sono state assurde polemiche sul concerto per ricordare i 30 della morte di Carlo, sollevate da una “velina” di un sedicente Osservatorio democratico. Come giudici il polverone mediatico sollevatosi e il comportamento del teatro Manzoni?

Quel poveretto di Saverio Ferrari di Osservatorio Democratico è appunto un poveretto. Rimasto imprigionato dalle sue valenze delinquenziali e incapace di vedere al di là del suo naso. In fondo non riesco nemmeno a fargliene una colpa perché senza quell’ipotetica violenza fascista che lui cerca e combatte come un alienato di Tobino, la sua vita non avrebbe senso.Il polverone mediatico, operato credo per tentare ancora di dare contro a Berlusconi, è ancora peggio perché frutto di un arrivismo becero e incapace. Peggio di tutti il comportamento del teatro Manzoni che ovviamente si è comportato secondo i dettami Fininvest: femm i daneè e, perdonami la volgarità, va a da’ via il cu. Ignavia classica di quel capitalismo d’assalto che tanto male ha fatto al nostro Paese.

Il prossimo 16 Dicembre altri 13 gruppi, in rappresentanza di tutto il movimento musicale alternativo, si esibiranno con te e gli AdV. Un evento paragonabile o, forse, superiore a Campo Hobbit. Cosa ti aspetti da quella serata?

Ho 56 anni e aspettative molto poche. Vedremo, intanto facciamo la serata, poi, se vuoi, ne riparliamo. In bocca al lupo a tutti!

Cristina Di Giorgi e Alessandro Mignogna

 

Sentirsi come un cane, di tuo una divisa, due gladi ed il tuo onore, il cuore e una ferita.

Nessun commento:

LinkWithin

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...