Ti hanno sepolto nel Tricolore |
SCRITTO DA GABRIELE ADINOLFI |
MARTEDÌ 21 SETTEMBRE 2010 12:30 |
con il picchetto d'onore dei parà Tenente Romani, ti hanno sepolto nel Tricolore con il picchetto d'onore dei parà che ti ha salutato al grido Folgore! Esistenzialmente questo conta e non c'è altro da aggiungere. L'altro riguarda noi, tutti noi che pensiamo di essere civili, progrediti, saggi. L'altro riguarda noi, indistintamente: quelli che ti hanno fischiato, quelli che ti hanno applaudito e quelli che, fatto oramai il callo alle notizie delle vostre morti, hanno tirato diritto, hanno girato pagina perché non fate più notizia. Noi, noi che vorremmo “civilizzare” quell'Afghanistan e quell'Iraq dove si vive più o meno come nei quartieri spagnoli, ovvero non necessariamente peggio dell'olgiata in quanto a sentimento dell'esistenza, ma che siamo tutti buoni per il lettino dello psichiatra. Penso a quello che hanno detto di te, come dei tuoi commilitoni caduti o in servizio. Indistintamente quelli che vi fischiano e quelli che vi applaudono. Gli uni e gli altri vi attribuiscono ciò che essi individualmente pensano della vostra missione. Il significato politico, il significato economico, le ombre delle paure (o delle disperate speranze) del crollo dell'Occidente. Gli uni e gli altri, trasversalmente schierati e ben distribuiti tra “occidentalisti” e “antimperialisti”, stanno a farvi il processo, per esaltarvi o per condannarvi, dimentichi della più elementare delle verità: ovvero che i soldati sono soldati e fanno le guerre. Non le dichiarano, non le giustificano, non debbono neppure necessariamente capirle. Oddio: è arduo sostenere l'elementare visto che l'ipocrisia degli omuncoli saltellanti di questa civilizzazione moribonda è tale che le missioni oggi non si chiaman più di guerra, bensì di “pace”. Come far capire a questi malati psichici ancora clinicamente vivi che si aggirano nella tua Italia ciò che c'è di più elementare? Come ribattere loro la folle saggezza nicciana: “ Voi dite che la buona causa santifica perfino la guerra? Io vi dico: è la buona guerra che santifica ogni causa”. Non potrebbero capire, non hanno le cellule grigie allenate a ciò. Ma, soprattutto, non hanno più le palle. Non hanno di certo l'intelligenza e gli attributi per capire che il “come” si va in guerra, il “come” si fa la guerra è qualcosa che forma, seleziona, decide. Che la causa santificata, poi, non è quella collettiva che resta quella che è, ma è la causa esistenziale di chi si batte a prescindere dai perché. La tua, tenente Romani, come quella di qualunque coraggioso guerriero afghano. Poco importa la ragione politica, economica, censurabile e forse inconfessabile che vi ha schierati l'un contro l'altro: in realtà ognuno di voi a prova di se stesso. Non possono capirlo, tenente Romani. Ed eccoli allora a rimpicciolirti, poiché hanno paura di ogni grandezza. Ed ecco il senso della predica del prete che ti ha presentato come un bravo ragazzo, a metà tra l'assistente sociale e lo scout, ucciso dai cattivi mentre svolgeva una funzione pedagogica. Sembravi un personaggio uscito da Carabinieri 15 o Distetto di polizia 120. Tutti gli uomini in divisa sono oggi sullo schermo mezzo psicologi e mezzo infermieri, dediti ai recuperi sociali. Così ci detta la nostra piccola pancia che rigetta la forza e l'orrore, salvo poi spiarlo avidamente in diagonale con filmati youtube di eccidi, con interviste sciacalle a parenti e amici di vittime in cui si gode vigliaccamente per il dolore. Ed è quindi così che i civili ti hanno sepolto: chi maledicendoti perché al servizio dell'Occidente, chi benedicendoti perché ha paura del burqa, tutti comunque rimpicciolendoti. Nessuno ha posto l'accento sulla questione giusta che va al di là del bene e del male: il fatto che tu sia andato a morire scegliendo uno stile di vita coraggioso e rigoroso. Questa è una questione che non si pone più, tenente Romani, che anzi si aggira. I più ribattono che... con i soldi che prendete! Insomma per i più voi siete figli della disoccupazione o comunque gente che parte per la paga. Ingordi che rischiano sbagliando i calcoli. Ho sempre pensato che rinfacciare gli stipendi ai tennisti, ai calciatori, ai cantanti, agli attori avesse un senso ma che discutere quello dei corridori automobilistici e dei centauri, sempre a rischio della vita, fosse una cosa indecente. Figurarsi quanto lo sia parlare del soldo del soldato. Sappiamo bene, tenente, che da che mondo è mondo quello del soldo è tutt'al più un incentivo; ma dobbiamo dire che è anche una scusa, un velo di pudore calato tra voi ed il buon borghese cui non intendete far pesare l'aver scelto diversamente, di cui non volete far risaltare la vita codarda. Sicché anche voi, quando ve lo chiedono, andate raccontando che partite per il soldo benché sappiate benissimo che non è vero, che partite per il rischio, per il rigore, per la prova. Non c'è denaro che renda coraggiosi e non c'è coraggio che non si manifesti anche a spese proprie se necessario. Ma questo, tenente Romani, come spiegarlo ai bamboccioni e alle mammucole che stanno qui e che, se ti piangono, piangono in te quello che li avrebbe difesi dal “pericolo terrorista” e versano lacrime per il “povero ragazzo” caduto. Povero ragazzo? E sì: è così che ti offendono. Incapaci di riconoscere lo spartiacque della stirpe e del carattere, nel rimpicciolirti, quelli che non ti maledicono solitamente ti compiangono. Difficilissimo trovare qualcuno che colga il senso intimo, esistenziale, sovrannaturale, della tua scelta e della tua morte che ben poco hanno di sociale, di civico, di politico e moltissimo di virile. Zombies piagnucolanti che dovrebbero onorare un Caduto? La vedo dura. Tra il tuo feretro e la gente comune, oggi, c'è un vero baratro; ci vorrebbero decenni di ben altra cultura per riempirlo. Tenente Romani, ti hanno sepolto nel Tricolore con il picchetto d'onore dei parà che ti ha salutato al grido Folgore! Esistenzialmente questo conta e non c'è altro da aggiungere. |
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